«400 milioni di minori vivono in zone di guerra», dice Fatarella di Save The Children. Oltre alle bombe, anche il clima che cambia è un nemico dei diritti dei più piccoli. I dati nella giornata dedicata all’infanzia
La giornata mondiale dell’infanzia si celebra ogni anno il 20 Novembre ed è stata istituita nel 1954 con l’obiettivo di commemorare la Dichiarazione dei diritti del fanciullo. «L’umanità ha il dovere di dare al fanciullo il meglio di sé stessa» inizia cosi, la Dichiarazione dei diritti del fanciullo, redatta per la prima volta nel 1923 da Eglantyne Jebb fondatrice di Save the Children. Un documento, ideato per proteggere e salvaguardare ogni bambino nel mondo, ha gettato le basi per la tutela legislativa dei diritti dei minori. Nonostante i cento anni trascorsi dalla Dichiarazione, la realtà è ancora segnata dalla violazione dei diritti dei minori in ogni parte del mondo.
Il 2023 è stato un anno complesso: l’invasione russa in Ucraina, la guerra in Palestina, con bombardamenti e migliaia di vittime tra i bambini e le bambine. «Ogni guerra è una guerra contro i bambini», diceva Eglantyne Jebb. A questo si aggiungono le disuguaglianze tra i bambini nel mondo per il rischio rappresentato dai cambiamenti climatici.
I bambini e la guerra
«Sono ben 400 milioni i minori che ad oggi vivono in una zona di guerra», spiega a Domani la Direttrice generale di Save the Children, Daniela Fatarella, «più del doppio rispetto a quello che accadeva nella metà degli anni ’90». La maggior parte delle guerre si concentra nei luoghi dove c’è un indice più alto di popolazione e quindi di minori. Sono stati 4.600 i bambini deceduti nella striscia di Gaza, e a questi se ne aggiungono altri 47 in Cisgiordania e 30 in Israele. «Senza contare il numero di minori dispersi che sono 1.700», aggiunge Fatarella. A Gaza è stato infatti coniato un nuovo termine: «Minori senza un adulto di riferimento». L’appellativo nasce per identificare tutti i bambini che si recano in ospedale non accompagnati, perché hanno perso entrambi i genitori durante la guerra. «Il numero di bambini uccisi a Gaza, ha superato il numero di quelli che ogni anno hanno perso la vita nelle zone di conflitto nel mondo dopo il 2019», dice Fatarella.
Le migrazioni e infanzia
«La stragrande maggioranza delle migrazioni», spiega Fatarella, «avviene all’interno dello stesso paese o continente di partenza». Il fenomeno è in costante aumento anche a causa dei cambiamenti climatici e delle emergenze umanitarie. In Italia i minori stranieri non accompagnati sono circa 15.500: un numero in forte crescita rispetto alle stime dell’anno scorso. Questi giovani fuggono da guerre, dalla povertà, partono in cerca di un futuro migliore. La categoria più fragile di migranti sono i bambini che «durante il viaggio o nei campi profughi, sono spesso vittime di violenze e di abusi», precisa la direttrice di Save The Children. Per questo dovrebbero essere i primi a essere tutelati.
Vittime del cambiamento climatico
Con il pianeta in fiamme, ostaggio del cambiamento climatico, a fare le spese sono ancora una volta loro: i bambini e le bambine. Prime vittime delle disuguaglianze, nei luoghi più colpiti aumenta la povertà e la malnutrizione. L’obiettivo numero 13 dell’Agenda 2030 stilata dall’Organizzazione delle nazioni unite mirava all’adozione di misure concrete per contrastare il cambiamento climatico: oggi nel 2023, appare impossibile da perseguire. A farne le spese sono proprio i più piccoli. Secondo Save the Children entro il 2030 saranno 194 milioni i bambini che avranno un rallentamento della loro crescita a causa della mancanza di cibo. E potrebbero essere 4 bambini su 5 quelli che vivranno almeno un evento climatico estremo entro sei anni.
Quale sarà il futuro dei bambini?
Le conseguenze delle guerra impatteranno fortemente sull’educazione dei minori. «Per questo usiamo la definizione di generazioni perdute» spiega Fatarella. Ma quanti sono i bambini che non potranno decidere del proprio futuro? Secondo le stime di Save the Children i cambiamenti climatici, il post covid e le guerre stanno compromettendo l’educazione scolastica di 222 milioni di bambini nel mondo. La maggior parte dei minori che non ha la possibilità di frequentare le scuole infatti, subisce matrimoni forzati o è vittima dello sfruttamento lavorativo. Il primo passo per arginare il problema spetta alla politica che deve mettere al centro i bambini, che rappresentano il capitale più prezioso: «Investire sui bambini», afferma Fatarella, «significa investire in democrazia, giustizia sociale e sviluppo economico, se questo non viene fatto fallisce il mondo». Dovrebbero essere un faro le parole ancora una volta di Eglantyne Jebb, fondatrice di Save the Children e infermiera volontaria durante la prima guerra mondiale: «In una guerra nessun bambino, può essere considerato un nemico».
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