Sono state depositate le motivazioni del Tribunale del Riesame che hanno confermato la validità della misura inflitta dal gip di Milano, sottolineando non solo la possibilità che il reato di peculato sia reiterato, ma anche che si inquinino le prove
- I commercialisti Manzoni e Di Rubba hanno avuto un'estrema familiarità nel nascondere la reale finalità della compravendita del campanone di Cormano che sarebbe stato adibito a nuova sede della Lombardia film commission, ovvero l’arricchimento personale.
- E’ stata ritenuta molto elevata la loro capacità di inquinare le prove a loro carico, soprattutto per come hanno gestito il ruolo del direttore della filiale della banca usata per i giri di denaro.
- Qualche giorno fa il Nucleo economico finanziario della Guardia di Finanza, che sta conducendo le indagini su delega della procura di Milano, ha sequestrato due villette sul lago di Garda riferibili
Non solo il pericolo che possano commettere altri reati – presunti allo stato –, ma che abbiano anche la comprovata capacità di inquinare le indagini e quindi cancellare le prove a loro carico. Con queste motivazioni, lapidarie, il Tribunale del Riesame di Milano ha respinto la richiesta di scarcerazione dei commercialisti della Lega Alberto di Rubba e Andrea Manzoni. Attualmente sono ai domiciliari su ordine del gip con l'accusa di peculato per la compravendita di un capannone a Cormano (Mi) da adibire a nuova sede della fondazione Lombardia film commission, pagato con 800 mila euro di denaro della Regione che sarebbe poi finito anche nelle tasche dei due.
Il terzo commercialista implicato in questa vicenda – Michele Scillieri -, considerato il “maestro” di Manzoni dai giudici del Riesame, non ha invece mai presentato richiesta di scarcerazione e resta quindi ai domiciliari.
Le motivazioni
Perché possono reiterare i reati i due commercialisti? Lo spiega senza tanti giri di parole il collegio del Riesame presieduto dalla giudice Maria Cristina Mannocci, secondo la quale i due “uomini di partito” (la Lega), come vengono chiamati dal tribunale, hanno avuto un'estrema familiarità nel nascondere la reale finalità della compravendita attraverso «contratti, fatture e pareri che possano mascherare i passaggi di denaro unicamente finalizzati all'arricchimento proprio».
Non solo: l'utilizzo che fanno di prestanome che celino la reale identità dei due è “disinvolto”, e questi sono tutti elementi che alzano il sospetto che l'operazione Cormano possa non essere “occasionale” ma che possa essere ripetuta, così come sospettano i pm che stanno continuando a indagare in altri ambiti nei quali i due «hanno prestato la propria professionalità».
L’inquinamento delle prove
Per ciò che riguarda l'inquinamento probatorio, ovvero la capacità di distogliere gli inquirenti dalla verità dei fatti contestati, il Riesame ha evidenziato le “reazioni” dei due indagati non appena la vicenda che li riguarda è divenuta in qualche modo pubblica.
In particolare i giudici fanno proprio il racconto dei pm Eugenio Fusco e Stefano Civardi che hanno sottolineato l'importanza di un incontro avvenuto a Roma il 26 e 27 maggio scorsi per «studiare anche le strategie di difesa del direttore della filiale di Seriate (Bg) di Banca Ubi che era stato raggiunto da gravissime contestazioni disciplinari per aver 'coperto' i due indagati e le loro società nelle movimentazioni di denaro che continuamente facevano scattare gli alert dell'applicativo Gianos su operazioni anomale secondo i canoni dell'antiriciclaggio, non avendo mai il funzionario inoltrato segnalazioni di operazioni sospette».
Va ricordato che qualche giorno fa il Nucleo economico finanziario della Guardia di Finanza, che sta conducendo le indagini su delega della procura di Milano, ha sequestrato due villette sul lago di Garda riferibili, secondo l'accusa, ai due commercialisti. Villette che sarebbero state acquistate proprio con i proventi del peculato di questa compravendita.
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