Quel dress code rispettatelo voi. Karla Borger e Julia Sude, coppia numero 1 del beach volley femminile tedesco e numero 16 del ranking mondiale, hanno anteposto la dignità personale e di genere alla chance sportiva. E per questo hanno deciso di non partecipare alla tappa del Beach Volleyball World Tour, la Katara Beach Volleyball Cup che si terrà a Doha (Qatar) dal 8 al 12 marzo. Lo hanno comunicato immediatamente alla federazione nazionale, ricevendo il massimo appoggio.

Quindi hanno esternato con un'intervista concessa al settimanale Der Spiegel per rendere noto che ritengono inaccettabile la richiesta degli organizzatori qatarioti, supinamente accettata dalla federazione mondiale del volley (FIVB). Che così deve far fronte a una situazione estremamente imbarazzante. Condizione condivisa con gli strateghi della politica di sportwashing dettata dai massimi livelli politici dell'emirato.

Le regole sul dress code per le donne partecipanti al torneo

Da quasi un ventennio il governo di Doha prova a legittimare la propria immagine internazionale attraverso l'uso politico dello sport. Ciò che fra l'altro comporta un forte posizionamento nel segmento Sport & Entertainment dell'economia globale, uno fra i principali durante questo scorcio di Ventunesimo Secolo. E l'apertura al beach volley femminile, che per la prima volta verrà ospitato dall'emirato, avrebbe dovuto essere ulteriore passo avanti. E invece si sta rivelando un boomerang, come già accaduto in tempi anche recenti e con riferimento a altre discipline sportive.

No al bikini 

La polemica nasce dalla pubblicazione dei regolamenti per la celebrazione della manifestazione. Un draft con tutte le indicazioni, relative anche ai rigidi protocolli anti-covid, è stato pubblicato il 3 febbraio e è tuttora reperibile e scaricabile via web. Il paragrafo 10, collocato a pagina 12 del documento, è specificamente dedicato all'equipaggiamento da gara femminile. Il testo recita: «Riguardo alle uniformi delle atlete, con lo scopo di rispettare la cultura e le tradizioni locali, (…), ci si aspetta che tutte le squadre femminili partecipanti usino delle maglie a mezze maniche, da mettere sotto il top ufficiale del torneo fornito da Asics, e indossino pantaloncini la cui lunghezza minima arrivi al ginocchio, per tutte le circostanze dell'evento compresi gare e allenamenti».

Quindi è stata allegata un'illustrazione esemplificativa delle misure richieste per maglia e calzoncini, e a seguire l'ulteriore passaggio: “Apprezziamo la vostra comprensione riguardo a tale questione e vi ringraziamo per la considerazione e il consenso che esprimerete attraverso il rispetto della tradizione e della cultura locali”.

Attraverso quelle righe si coglie il disagio per un compromesso nettamente al ribasso, che sa di svendita alle imposizioni del ricco padrone di casa. Ma l'appello alla comprensione non è bastato e la coppia Borger-Sude potrebbe avere aperto una falla. Nell'intervista concessa allo Spiegel le due atlete (32 anni Borger, 33 anni Sude) hanno affermato che quel tipo di abbigliamento, oltreché inaccettabile per una questione di dignità di genere, è anche disfunzionale in termini agonistici. “Forse non sapete quanto sia faticoso il beach volley.

Di sicuro c'è che giocare così tanto coperte sarebbe cosa pesante e ci farebbe sudare copiosamente”. Questo in sintesi il pensiero della coppia affidato a Anne Armbrecht di Der Spiegel. Per la FIVB, le premesse di una figuraccia internazionale. Quanto al Qatar, siamo alla recidiva.

Le arbitre stiano lontane dallo sceicco 

Risale a appena una settimana fa la polemica su un altro caso di discriminazione di genere avvenuto in Qatar a margine di una manifestazione sportiva internazionale: il Mondiale per club della Fifa. In occasione delle premiazioni, col presidente della Fifa su un lato del palco a consegnare i riconoscimenti mentre al centro lo sceicco Joaan bin Haman al Thani scambiava coi premiati il tocco di nocche sostituivo della stretta di mano in tempo di pandemia, le giudici di gara brasiliane Edina Alves Batista e Neuza Back sono state al centro di un siparietto spiacevole. Dopo essere state catechizzate per qualche secondo dal presidente della Fifa, Gianni Infantino, hanno sfilato a distanza senza nemmeno guardare lo sceicco. Una scena umiliante che ha fatto correre l'indignazione sui social.

E adesso questo nuovo episodio conferma la tendenza: chi governa lo sport mondiale non si fa scrupoli a sacrificare i diritti (si tratti di parità e dignità di genere o sicurezza sul lavoro) pur di accogliere il denaro delle autocrazie o dei governi post-democratici, i soli soggetti statali che in questa fase sembrano avere abbastanza forza economica per organizzare manifestazioni sportive internazionali di ogni taglia. Quanto al Qatar nello specifico, come raccontato da Domani in un articolo datato 8 dicembre 2020 e dedicato a tutti i lati oscuri del prossimo mondiale di calcio 2022, lo sforzo di legittimare l'immagine internazionale attraverso lo sport continua a dare risultati opposti a quelli auspicati.

Per concludere, ultima annotazione: la tappa qatariota del World Beach Volleyball Tour si apre in data 8 marzo. Giornata internazionale della Donna. Gli organizzatori devono avere un pessimo senso dell'umorismo.

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