-
Nell’inchiesta della procura di Verona, che coinvolge 22 agenti del nucleo volanti della questura scaligera, spuntano i video, filmati che incastrano i cinque poliziotti coinvolti attivamente nelle violenze, finiti ai domiciliari nei giorni scorsi.
-
Si tratta di materiale probatorio di primaria importanza, insieme alle intercettazioni, per ricostruire quanto accaduto nella stanza dei fermati e nei corridoi della questura.
-
In particolare le violenze e umiliazioni, come quella che è stata inflitta a un cittadino straniero, il cui corpo è stato impiegato «come uno straccio per pulire il pavimento», sporco d’urina.
Nell’inchiesta della procura di Verona, che coinvolge 22 agenti del nucleo volanti della questura scaligera, spuntano i video, filmati che incastrano i cinque poliziotti coinvolti attivamente nelle violenze, finiti ai domiciliari nei giorni scorsi.
Si tratta di materiale probatorio di primaria importanza, insieme alle intercettazioni, per ricostruire quanto accaduto nella stanza dei fermati e nei corridoi della questura. In particolare le violenze e le umiliazioni, come quella che è stata inflitta a un cittadino straniero, il cui corpo è stato impiegato «come uno straccio per pulire il pavimento», sporco d’urina.
La vittima si chiama Nicolae Daju, fermato solo perché aveva bevuto troppo, e si è rivisto nei video quando è stato ascoltato, lo scorso ottobre, dai magistrati che indagano sui pestaggi. Il suo racconto è ritenuto totalmente credibile e collima con le intercettazioni a carico di Alessandro Migliore, uno degli agenti ai domiciliari: al telefono con la compagna parlava delle violenze, compiacendosi e chiamando il fermato «rumeno di merda».
Gli inquirenti hanno mostrato alla vittima il video che ritrae i momenti nei quali «Migliore, crudelmente, senza alcuna necessità, gli spruzza - come raccontato al telefono - lo spray urticante Oleoresin Capsicum». Daju si è riconosciuto nel video, era proprio lui il malcapitato che nella stanza destinata ai fermati, dopo le botte, lo spray, ha subito una indicibile umiliazione.
Nel video si vede la vittima colpire più volte il plexiglas, la ragione è chiara, Daju aveva necessità di usare i servizi igienici, ma per tutta risposta gli è stato detto di urinare in quella stessa stanza. «Si deve ricordare come le telecamere presenti all’interno della stanza fermati abbiano ripreso chiaramente l’assistente Loris Colpini (altro poliziotto ai domiciliari) mentre aggredisce la persona offesa, con le brutali e ciniche modalità che si sono descritte poc’anzi», scrive la giudice Livia Magri.
La stessa vittima racconta di aver protestato perché doveva andare in bagno e che, dopo la sua ennesima richiesta, «mi ha spruzzato di nuovo lo stesso spray sul viso, dopo due o tre minuti l’operante è tornato di nuovo e mi ha sbattuto in terra, poi è uscito dalla camera».
Dai filmati vengono estratti fotogrammi utili alle indagini: «Nella sequenza di immagini successiva si vede l’ass. Colpini (...) fa ingresso nella saletta (…) prima spruzzandogli dello spray al peperoncino in dotazione (fotogramma 15) e poi aggredendolo ed utilizzando la persona del fermato per pulire le tracce di urina lasciate sul pavimento».
Le violenze sono diverse e avvengono tra il corridoio, non raggiunto dalle inquadrature, e la stanza destinata ai fermati, detta acquario. Per questi fatti sono indagati sia Migliore sia Colpini, ma emerge la presenza anche di altri poliziotti. «Si deve ritenere accertato che Migliore – alla presenza di agenti non identificati – abbia estratto Nicolae Daju dalla stanza fermati (come visibile dalle immagini e ricordato da Daju), lo abbia percosso con ripetuti pugni con tanta violenza sino a farlo svenire (...)», si legge nelle carte dell’inchiesta.
La banda di picchiatori in divisa aveva timore delle telecamere, infatti, tra le contestazioni c’è quella di falso. Quattro agenti avrebbero falsificato il registro del corpo di guardia attestando che un turno si sarebbe concluso regolarmente mentre, invece, era stato colpito un fermato e danneggiato l’impianto citofonino della questura. Tutto questo per occultare le videoregistrazioni esterne che avevano ripreso la scena.
Quattro agenti avrebbero falsificato il registro del corpo di guardia attestando che un turno si sarebbe concluso regolarmente mentre, invece, era stato colpito un fermato e danneggiato l’impianto citofonino della questura. Tutto questo per occultare le videoregistrazioni esterne che avevano ripreso la scena.
L’indagine prende in considerazione le intercettazioni ambientali, audio e video, realizzate nella stanza redazione atti della sezione volanti, ma anche in quella poliziotti di quartiere, realizzate dagli agenti della squadra mobile per oltre 30 giorni. Video che raccontano altri abusi e angherie.
A completare il quadro probatorio si aggiunge la visione quotidiana dei filmati scaricati dall’impianto di videosorveglianza della questura, un monitoraggio durato oltre un mese. In un altro video, invece, appare un arrestato in preda a continui spasmi, senza che sia soccorso dagli operatori.
Un altro filmato mostra la vittima togliersi la canottiera e buttarla a terra prima di sbattere la testa al muro. Si capirà, nel corso delle indagini, che quella canottiera era intrisa dell’urina di uno degli agenti che gli aveva urinato addosso. Questa vittima ha pianto quando si è rivisto nel filmato, «il che consente di toccare con mano quanta sofferenza l’arrestato sia stato costretto a subire», scrive la giudice.
© Riproduzione riservata