Dopo la rinuncia alla concessione da parte del gruppo Toto il tratto fra Roma, L’Aquila e Pescara è diventato terra di nessuno. Una condizione che allontana gli interventi necessari per rimettere in sicurezza i 135 ponti ridotti in pessime condizioni
- La rinuncia del gruppo Toto alla concessione per le autostrada A24 e A25 da Roma all’Aquila e Pescara ha aperto un vuoto. Lo stato sembra incapace di affrontare la novità mentre si allontano i tempi per rimettere in sicurezza il tracciato.
- Su quei circa 300 chilometri insistono 135 viadotti e non è un mistero per nessuno che le loro condizioni sono in molti casi cattive e in alcuni altri addirittura pessime.
- Impraticabile l’ipotesi di passare la gestione all’Anas 2: la società pubblica per la conduzione delle autostrade a pagamento esiste solo sulla carta, la sua costituzione concreta non ha fatto un passo avanti.
Le due autostrade che avrebbero più bisogno di interventi massicci e urgenti perché ridotte in uno stato pietoso sono anche quelle che paradossalmente vengono lasciate a sé stesse.
Le due autostrade sono la A24 e A25 da Roma all’Aquila e Pescara, gestite per un ventennio da Strada dei parchi del gruppo abruzzese Toto e ora finite in una specie di terra di nessuno.
Per quei due tratti ci vorrebbero decisioni certe, tanti investimenti e tanti lavori per rimettere in sicurezza i circa 300 chilometri che corrono per la maggior parte in una zona fortemente sismica e di montagna, con 135 viadotti che, come è noto ormai da tempo, si trovano in condizioni tra il cattivo e il pessimo.
Dopo mesi di dubbi e scaramucce continue con i ministeri e il governo, alcuni giorni fa il concessionario Toto ha gettato la spugna con una lettera in cui dice in sostanza di considerarsi vittima di una sorta di accanimento statale che non consente al gruppo di svolgere la sua funzione con un minimo di serenità.
Con una decisione che non ha precedenti nella storia autostradale italiana, Toto ha rinunciato unilateralmente alla concessione la cui scadenza normale sarebbe dovuta avvenire nel 2030.
Da quel momento la A24 e la A25 sono diventate figlie di nessuno. Il concessionario dice che la sua è una scelta irrevocabile anche perché così intende forse ripararsi dalle possibili e tremende responsabilità che potrebbero ricadere sulle sue spalle in caso di crolli e tragedie che, purtroppo, su quei percorsi non sono affatto una evenienza remota.
Lo stato si sta dimostrando incapace di gestire la novità, come spiazzato dalla mossa del concessionario.
Convivenza impossibile
I rapporti tra il gruppo Toto da una parte e dall’altra il ministero delle Infrastrutture e palazzo Chigi, dove la faccenda è seguita dal professor Francesco Giavazzi, consigliere economico del capo del governo, sono così deteriorati che appare molto difficile possa essere trovato un compromesso in extremis che riporti tutto a come era prima.
Anche perché ripristinare l’incerto equilibrio precedente che per un decennio ha poggiato su una specie di guerriglia autostradale continua con la conseguente paralisi forzata degli interventi di manutenzione e di messa in sicurezza, non sarebbe una soluzione per nessuno, né per il gruppo Toto, né per lo stato né tanto meno per gli automobilisti.
Il gruppo Toto rivendica una buonuscita di 2 miliardi e 400 milioni di euro, risultato del lucro cessante causato dalla rinuncia alla concessione più i mancati aumenti delle tariffe più l’importo non riscosso per i ristori Covid e altre voci.
Il ministero dell’Economia, guidato da Daniele Franco, non ha però alcuna intenzione di sborsare una somma del genere e per evitare il bagno di sangue i ministeri competenti potrebbero decidere una contromossa imponendo loro la revoca della concessione al gruppo Toto.
Ma per farlo dovrebbero dimostrare la grave inadempienza del concessionario adottando con il gruppo abruzzese un metro diverso da quello usato con i Benetton, nei confronti dei quali nemmeno dopo il crollo del ponte di Genova è stata mossa l’accusa di inadempienza.
Il ministero delle Infrastrutture ha fatto circolare l’ipotesi che a Toto potrebbe essere riconosciuto al massimo 1 miliardo e 200 milioni di euro, cioè la metà di quanto chiede, che sarebbero le somme investite in questi anni dal concessionario per la gestione e la manutenzione e non ancora ammortizzate.
Da questa cifra andrebbero dedotti i circa 700 milioni di euro che secondo il ministero i Toto dovrebbero all’Anas come corrispettivo dei canoni di concessione e che i Toto non hanno pagato, limitandosi ad accantonare le somme su un conto bancario dedicato.
Ipotesi Anas 2
In mancanza di un’intesa che al momento appare assai improbabile, il governo potrebbe pensare di passare la concessione della A24 e A25 all’Anas 2, cioè la società ad hoc creata di recente proprio per la gestione delle autostrade statali a pagamento.
Ma a distanza di tanti mesi dall’approvazione della norma l’Anas 2 è ancora completamente da inventare da un punto di vista concreto. Neanche la riconsegna dopo un ventennio della A24 e A25 all’Anas tradizionale è possibile se non a condizione di trasformare quelle autostrade in due superstrade non a pagamento, senza caselli.
Così come incerta è l’ipotesi di infilare le autostrade abruzzesi nel gruppo Aspi-Autostrade per l’Italia di recente passate dal controllo dei Benetton a quello di Cassa depositi e prestiti.
Dal giorno in cui il gruppo Toto ha abbandonato la concessione lo stato ha tre mesi di tempo per fornire risposte, passati i quali la vicenda finisce in tribunale.
Mentre i viadotti abbandonati non possono che continuare a peggiorare, al momento è proprio questo l’esito più probabile e peggiore: infilate a forza in uno di quei contenziosi legali che si preannunciano infiniti, la A24 e A25 rischiano di diventare il simbolo della nuova inconcludenza autostradale, come la Salerno-Reggio Calabria, ma nel terzo millennio.
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