- Ikram Nazih è ancora in carcere e una cappa di silenzio continua ad avvolgere la sua vicenda processuale. Condannata lo scorso 28 giugno in primo grado a 3 anni di reclusione e al pagamento di una multa per blasfemia, la studentessa italo-marocchina è rinchiusa da allora in un penitenziario di Marrakesh, in Marocco.
- Il silenzio delle persone appartenenti sia alla comunità musulmana sia a quella marocchina in Italia dimostrano quanto il tema dell’oltraggio all’Islam resti altamente sensibile.
- Firma la petizione su Change.org per la liberazione di Ikram Nazih.
Ikram Nazih è ancora in carcere e una cappa di silenzio continua ad avvolgere la sua vicenda processuale. Condannata lo scorso 28 giugno in primo grado a 3 anni di reclusione e al pagamento di una multa per blasfemia, la studentessa italo-marocchina è rinchiusa da allora in un penitenziario di Marrakesh, in Marocco.
In molti, vista la particolarità della sua situazione, speravano che venisse liberata tramite grazia presidenziale, una consuetudine che si è rinnovata il 21 luglio in occasione della Festa del sacrificio (la ricorrenza musulmana dell’Eid al-Adha). Ma la ragazza non è tra i 761 detenuti graziati da re Mohamed VI con un comunicato di rito: «In occasione dell’Eid al-Adha di quest’anno, sua maestà il Re Mohammed VI ha gentilmente concesso la sua grazia a un gruppo di persone condannate da diversi tribunali del regno».
Nonostante le speranze di famiglia e legali di Ikram, e nonostante fra i beneficiari del provvedimento ci fossero anche 14 ergastolani la cui condanna è stata commutata in una pena a termine, era nell’aria che la grazia per Ikram avrebbe rappresentato comunque un’eccezione. I nomi presenti nella lista, infatti, sono stati condannati in tutti e tre i gradi di giudizio mentre Ikram è solo al primo.
Stallo diplomatico
La diplomazia italiana, intanto, continua a seguire il caso. La studentessa, nata a Vimercate e poi trasferitasi a Marsiglia dove frequenta l’università, riceve ogni settimana la visita di un rappresentante del nostro consolato. Questo particolare, tra chi ha familiarità con le autorità marocchine, è considerato un segnale di apertura evidente. Ikram, infatti, ha due passaporti ma, secondo le norme del diritto internazionale, nei casi di doppia cittadinanza come il suo non è possibile per uno dei paesi coinvolti attivare la protezione diplomatica contro l’altro.
«È una vicenda complessa e molto delicata», ripetono come un mantra, e a taccuini rigorosamente chiusi, le autorità italiane alle prese con il dossier. Lo dimostrano le accuse, basate su un post condiviso da Ikram nel 2019 su Facebook, che con un gioco di parole trasformava la sura dell’abbondanza in sura del whisky. Quel semplice clic, a insaputa della ragazza, aveva provocato una denuncia da parte di un’associazione religiosa. Denuncia presa evidentemente molto sul serio dall’autorità giudiziaria, poiché l’Islam in Marocco è uno dei tre pilastri su cui si basa la legittimità dello stato.
Basso profilo
A ormai quasi un mese dalla sentenza di condanna, nessuno ha ancora troppa voglia di azzardare dichiarazioni sul caso. Il padre di Ikram, che è volato in Marocco a seguire la vicenda, non vuole parlare con la stampa, così come il rappresentante legale della ragazza. Secondo alcune fonti marocchine, la famiglia avrebbe nominato un nuovo avvocato. Il difensore d’ufficio che aveva seguito la vicenda dopo il suo primo interrogatorio del 20 giugno aveva rassicurato la giovane che la situazione si sarebbe risolta in tempi rapidi. Appena otto giorni dopo, invece, è arrivata la condanna. La ragazza era stata bloccata al suo arrivo in Marocco, dove stava andando a visitare i suoi parenti. Dopo l’interrogatorio, il processo si è svolto a Marrakesh perché è la città dove due anni fa l’associazione religiosa aveva depositato la denuncia per blasfemia nei suoi confronti.
Anche la comunità musulmana italiana mantiene un basso profilo nonostante l’appello di Davide Picardo, tra i fondatori dei Giovani Musulmani d’Italia, che dopo essere stato uno dei primi a occuparsi del caso sul giornale online La Luce, aveva chiesto la grazia reale alle autorità marocchine. L’opinione maggioritaria nella comunità, anche in assenza di dichiarazioni ufficiali, è che la pena inflitta a Ikram sia eccessiva e che una multa o un periodo di lavori socialmente utili sarebbe stato sufficiente. Soprattutto per una ragazza nata in Italia che non ha mai avuto un profilo da attivista e probabilmente non immaginava conseguenze penali così pesanti per la semplice condivisione di un post.
In attesa dell’appello
Il silenzio delle persone appartenenti sia alla comunità musulmana sia a quella marocchina in Italia dimostrano quanto il tema dell’oltraggio all’Islam resti altamente sensibile. Prendere posizione sul caso significa, anche a queste latitudini, correre comunque un rischio ed esporsi davanti alle autorità di Rabat. D’altronde, la maggioranza dei cittadini marocchini che vive in Italia ha ancora dei parenti nel paese, proprio come Ikram. E c’è chi, a differenza della giovane, non ha nemmeno ancora la cittadinanza italiana. Intanto, il governo italiano continua a muoversi con discrezione per ottenere la sua liberazione. Come rivelato proprio sulle pagine di questo giornale, la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha parlato del caso a porte chiuse nel viaggio ufficiale in Marocco dello scorso 16 luglio.
Giovedì prossimo, in commissione esteri verrà discussa l’interrogazione parlamentare presentata dal deputato della Lega Nord, Massimiliano Capitanio. Ma per sapere quale sarà il destino di Ikram è necessario attendere sino alla fine del mese. A breve sarà calendarizzata l’udienza di appello, mentre il 30 luglio è il giorno della Festa del trono, che celebra il ventiduesimo anniversario dell’incoronazione di re Mohammed VI. Anche in quell’occasione il sovrano marocchino concederà delle grazie reali. E nonostante l’iter processuale di Ikram non sia terminato, c’è chi spera, anche tra le autorità italiane, che stavolta il suo nome possa comparire nella lista dei graziati.
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