- L’attuale commissario ai migranti, Valerio Valenti, nominato dal governo di Giorgia Meloni, è stato capo segreteria del sottosegretario all’Interno, Antontino D’Alì, tra il 2001 e il 2006.
- D'Alì è stato condannato successivamente per concorso esterno in associazione mafiosa, era a disposizione della famiglia Messina Denaro.
- Valenti è stato intercettato perché indagato per corruzione, inchiesta che poi non ha avuto un prosieguo con l’archiviazione della posizione dell’allora viceprefetto. Ma cosa emergeva da quelle carte?
Il prefetto Valerio Valenti, nominato dal governo di Giorgia Meloni nuovo commissario all’emergenza migranti, è stato capo della segreteria del sottosegretario all’Interno, Antonino D’Alì, tra il 2001 e il 2006. D’Alì è stato condannato successivamente per concorso esterno in associazione mafiosa, perché considerato a disposizione della famiglia Messina Denaro. C’è un’informativa, agli atti della proposta di misura di prevenzione a carico di D’Alì, firmata dal tribunale di Trapani nel 2018, che chiama in causa pesantemente Valenti. Non c’è niente di penalmente rilevante a suo carico, ma visto il ruolo ricoperto le carte raccontano vicende che fanno pensare se sia stata, per il governo, la scelta migliore.
Valenti era stato intercettato perché indagato per corruzione, in un’inchiesta che poi non ha avuto un prosieguo e con l’archiviazione della posizione dell’attuale commissario. Ma cosa emergeva da quelle carte? Certamente un chiaro conflitto d’interessi perché si scopre che Valenti utilizzava una Bmw cabriolet datagli in prestito dalla società Cm Consit spa, un gruppo imprenditoriale allora interessato alle opere relative al programma operativo nazionale della città e del porto di Trapani. La disponibilità dell’auto si incrociava con relazioni instaurate tra il gruppo imprenditoriale e Valenti «il quale, profittando della propria qualifica istituzionale e delle mansioni svolte, riusciva a consultare direttamente gli atti, la documentazione e, soprattutto i funzionari preposti ai competenti uffici governativi (...) accreditandoli (i predetti imprenditori, ndr) nelle sede amministrative opportune, quali il ministero dell’Interno ed il comune di Trapani», si legge nell’informativa.
Domani ha già raccontato il «bastardi» con il quale Valenti chiamava gli inquirenti che, in quelle zone, indagavano sui colletti bianchi arrestati per corruzione, ma il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, non ha per ora mosso un dito per rimuoverlo dall’incarico che gli ha affidato. I fatti documentati nell’informativa si riferiscono al periodo 2001-2006 quando Valenti, all’esordio del governo Berlusconi, diventava viceprefetto e poi capo di gabinetto della prefettura di Firenze.
In giro con la cabriolet
In un periodo di quel lustro, nella provincia trapanese, Valenti girava a bordo di una Bmw cabriolet, una macchina di lusso concessagli generosamente da chi era impegnato in gare e appalti pubblici. «La Bmw cabriolet, immatricolata, in data 14 aprile 2003, a nome e per conto della stessa Cm, che si accertava esser stata concessa costantemente in uso al Valenti, almeno dal mese di ottobre del 2004 e fino al 27-2-2006, per usi personali nella città di Trapani e zone limitrofe», si legge nell’informativa della polizia giudiziaria di Trapani.
La situazione dell’auto preoccupava il viceprefetto aggiunto, visto che la macchina avrebbe potuto collegarlo a un’azienda privata impegnata in gare con enti pubblici. «Ti prego se puoi... quella vicenda della macchina...», diceva Valenti e otteneva rassicurazioni dall’interlocutore, consigliere della società. L’idea era quella di far riscattare l’auto a Valenti per evitare che emergesse il collegamento con l’azienda.
«Riscattiamo quella macchina.. ma tu non devi essere ostaggio di nessuno.. se mi posso permettere...», diceva il consigliere che faceva da tramite con i vertici societari, Valenti che lo rassicurava rispondendo: «Non hanno.. niente da.. da “ostaggiare”.. guarda».
Dossier su De Gennaro
Un’altra vicenda che emerge dagli atti riguarda una società di servizi, Jft srl, nella quale Valenti figurava come socio, fino al 2007, poi la società è stata chiusa, con Emanuele Carena, poliziotto e amico di vecchia data, per il quale Valenti si spendeva per farlo approdare nei servizi segreti come nei fatti accadrà.
Di questa vicenda Domani si è già occupato, ma nelle intercettazioni c’è un riferimento all’allora capo della polizia, Gianni De Gennaro. Per gli inquirenti la conversazione appare degna di menzione «giacchè evidenzia come il funzionario prefettizio e collaboratore del senatore D’Alì, Valerio Valenti, abbia costituito una raccolta di documenti riservati da custodire in un apposito “dossier”». Il riferimento è a un passaggio di un’intercettazione nella quale Valenti dice: «(...) Ma oggi (il sottosegretario D’Alì, ndr) mi ha passato un altro pizzino.. ci ha messo scritto.. nel dos sier De Gennaro.. dossier De Gennaro». Il prefetto commissario Valenti, contattato via email da Domani, non ha risposto alle nostre domande.
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