Lo hanno sottoscritto le aziende del settore con un piccolo sindacato vicino alla Lega e alle aziende: collettivi e sindacati minacciano scioperi e azioni legali
- Il primo contratto collettivo dei rider è stato firmato da un piccolo sindacato vicino alle aziende
- Il contratto certifica i rider come lavoratori autonomi e ne limita diritti e rivendicazioni
- Esperti e sindacati dicono che si tratta di un'azione ai limiti del comportamento anti sindacale
Oggi, Assodelivery, l’associazione che rappresenta le aziende di consegne a domicilio, come Deliveroo e Glovo, e l’Unione generale del lavoro, il sindacato di destra vicino alla Lega di Matteo Salvini, hanno annunciato di aver raggiunto un accordo sul primo contratto collettivo nazionale per i rider. Per Paolo Capone, segretario dell’Ugl, si tratta di un «cambiamento epocale perché per la prima volta un’organizzazione datoriale riconosce i diritti sindacali ai lavoratori autonomi».
È effettivamente la prima volta nella storia che un contratto nazionale viene applicato a dei lavoratori autonomi. Ma le rappresentanze dei rider erano da tempo in trattativa per ottenere l'opposto: il riconoscimento di essere lavoratori dipendenti a tutti gli effetti. Il nuovo contratto nazionale stabilisce invece che sono autonomi e quindi li priva possibilità di ricevere compensi fissi, di aver ferie pagate e giorni malattia e degli altri diritti di cui godono i lavoratori subordinati. Per esperti, sindacati, collettivi di rider e amministratori locali, inoltre, le modalità con cui l’accordo è stato raggiunto, dopo una trattativa segreta svolta tra l’associazione dei datori di lavoro e un piccolo sindacato non rappresentativo, è un’azione che arriva ad un passo dal comportamento anti sindacale vietato dallo Statuto dei Lavoratori.
Deliverance Milano, uno dei principali collettivi di rider in Italia, lo ha definito un «accordo separato pirata». Secondo Riccardo Mancuso, portavoce di Riders union Bologna: «Si tratta di un tentativo di spezzare le gambe ai lavoratori che hanno alzato la testa in questi anni». Secondo l’assessore al Lavoro del comune di Bologna, Marco Lombardo, che nel maggio 2019 aveva raggiunto un accordo con alcune delle associazione di settore per aumentare le tutele e i diritti dei rider: «Quello che viene definito un momento storico dell'economia digitale si chiama un salto indietro nella storia del Novecento». Cgil, Cisl e Uil hanno annunciato che intraprenderanno «tutte le azioni possibili, dallo sciopero, alle vertenze legali per contrastare l'applicazione di questo contratto».
L'accordo è arrivato poco prima della scadenza fissata dal decreto rider del settembre 2019, che imponeva alle associazioni che impiegano i rider di trovare un accordo con i lavoratori entro il novembre 2020, altrimenti avrebbero dovuto riconoscere ai rider tutte le tutele per i cosiddetti lavoratori etero organizzati, una forma di lavoro subordinato che avrebbe garantito loro ferie, malattia, salari da contratto nazionale, tredicesima e quattordicesima.
«Nell’accordo, invece, viene mantenuto il pagamento a cottimo che era stato esplicitamente escluso, introducendo un minimo orario di 7 euro lordi temporaneamente soltanto nelle città di nuova apertura», dice Marco Marrone, ricercatore nel dipartimento di sociologia del lavoro dell’Università di Bologna, che da anni studia il settore dei rider. «L'obiettivo esplicito del nuovo contratto sembra dunque quello di svuotare la figura del rider come collaboratore etero organizzato, spogliandolo delle tutele che i lavoratori erano riusciti a conquistare», dice Marrone.
Anche Valerio De Stefano, professore di diritto del lavoro all’Università di Lovanio, in Belgio, è della stessa opinione. «Il fine principale dell’accordo è disattivare due disposizioni di legge che pendono sulle piattaforme in Italia. La prima, introdotta dal Jobs Act prevede che ai rider il cui lavoro sia organizzato dalle piattaforme vengano riconosciute tutte le tutele dei lavoratori subordinati a meno che un contratto collettivo non disponga altrimenti. La seconda norma, introdotta nel 2019, prevede che, anche nei casi in cui i rider siano del tutto autonomi i contratti collettivi debbano comune fissare tutele minime sui pagamenti, escludendo il cottimo come criterio principale del compenso».
Fino ad oggi le principali associazioni del settore, come Glovo e Deliveroo, si sono sempre rifiutate di riconoscere le controparti sindacali, nonostante la minaccia incombente del decreto rider. Concessioni, anche quelle elementari sulle misure di sicurezza, sono state ottenuto soltanto con l'intervento dei tribunali. Francesco Chiesa, della Nidal Cgil di Bergamo, dice che durante il picco della pandemia in città le aziende «non hanno fornito nulla ai rider», né mascherine né disinfettante. Chiesa si è dovuto accordare con il comune per organizzare una distribuzione di mascherine e permettere ai rider di lavorare in sicurezza. Soltanto dopo le sentenze dei tribunali di Firenze, Bologna e Roma le aziende si sono adeguate. Chiesa dice di non aver mai incontrato membri dell'Ugl durante le sue distribuzioni di mascherine in città e di non aver mai incontrato un rider che fosse iscritto al sindacato.
Il 23 settembre avrebbe dovuto tenersi un nuovo incontro al ministero del Lavoro tra aziende e rappresentanze sindacali. Poi, all'improvviso, Assodelivery ha riconosciuto l'Ugl come controparte rappresentativa dei rider e ha firmato con loro il nuovo contratto collettivo nazionale. Non è chiaro se i rider iscritti al sindacato siano stati consultati per giungere all'accordo o se lo saranno in futuro.
Il sindacato che ha firmato l'accordo, Ugl rider, non è considerato rappresentativo dagli altri sindacati e dai collettivi dei rider. La sua storia inizia un anno fa, quando un gruppo di circa 500 rider ha inviato una lettera al governo contro il decreto rider, quello che imponeva di trovare un accordo con i lavoratori. Come ha scoperto L’espresso, la lettera è stata scritta negli uffici di Glovo, con l'aiuto dei manager della società. Dai firmatari della lettere è nato un sindacato autonomo, l’Anar, presieduto da Nicolò Montesi, un rider romano di 23 anni.
Montesi, uno dei firmatari della lettera, rivendica la volontà sua e dei suoi colleghi di non diventare lavoratori subordinati e di restare autonomi con maggiore libertà. «Tra tutti i sindacati solo l'Ugl ha aperto alle nostre istanze», dice. Dallo scorso luglio, Anar si è appoggiata all'Ugl per portare avanti le sue rivendicazioni. Oggi, Montesi ricopre il ruolo di responsabile comunicazione e organizzazione dell'Ugl rider, un incarico che svolge a titolo gratuito.
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