L’Eco di Bergamo ha pubblicato, per la prima volta, i documenti che dimostrano come, lo scorso 3 marzo, il Comitato tecnico scientifico consigliava al governo l’apertura di una nuova zona rossa nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro. Il governo ha atteso quattro giorni prima di decidere,
- L’Eco di Bergamo ha pubblicato oggi per la prima volta i documenti integrali che dimostrano come, lo scorso 3 marzo, il Comitato tecnico scientifico consigliava al governo l’apertura di una nuova zona rossa nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro.
- In quei giorni in provincia di Bergamo era stato individuato il più grave focolaio di coronavirus nel paese, iniziato nell’ospedale di Alzano Lombardo e, fino a quel momento, ignorato dalle autorità regionali e nazionali.
- Il governo ha atteso quattro giorni prima di decidere, e il 7 marzo ha scelto di creare una “zona arancione” in tutta la Lombardia e altre 14 provincie. Alla fine di marzo, Bergamo era l’area più colpita al mondo dal virus, con un incremento del 568 per cento della mortalità.
Oggi il giornalista dell’Eco di Bergamo Isaia Invernizzi ha pubblicato i verbali in cui lo scorso 3 marzo, all’inizio della pandemia, il Comitato tecnico scientifico consigliava esplicitamente al governo di creare una zona rossa intorno ad Alzano Lombardo e Nembro, i comuni vicino a Bergamo dove proprio in quei giorni era stato individuato il più grave focolaio di coronavirus in Italia.
Nonostante le raccomandazioni del comitato, il governo ha rimandato la decisione per quattro giorni fino a che, il 7 marzo, la situazione non si è aggravata al punto che l’intera Lombardia e altre 14 provincie sono state sottoposte a misure di quarantena.
Nel corso quattro settimane successive il sistema sanitario di Bergamo è stato portato al collasso dall’enorme numero di casi di Covid-19. Gli ospedali si sono riempiti di malati, mentre migliaia di persone sono morte nelle loro abitazioni o nelle case di cura, spesso senza nemmeno ricevere un tampone. Complessivamente, nel mese di marzo sono morte a Bergamo poco più di seimila persone, un aumento del 568 per cento rispetto ad un anno normale. Si tratta della peggiore epidemia ad aver colpito una città dal 1918.
Quelli ottenuti da Invernizzi sono i primi documenti a provare che, all’inizio di marzo, i tecnici e dirigenti sanitari hanno chiesto al governo di adottare misure di quarantena per il focolaio Bergamasco. “Il Comitato propone di adottare le opportune misure restrittive già adottate nei comuni della zona rossa anche in questi due comuni”, cioè Alzano Lombardo e Nembro.
Negli ultimi mesi diverse inchieste giornalistiche hanno ricostruito la dinamica di quei giorni e rivelato che i tecnici sanitari avevano consigliato al governo di creare una zona rossa intorno ad Alzano e Nembro. Anche la magistratura bergamasca sta indagando. Ma oggi, per la prima volta, sono stati pubblicati in versione integrale i documenti che provano che i tecnici hanno consigliato al governo la chiusura già il 3 marzo e che l’esecutivo ha atteso quattro giorni per prendere nuove misure.
Il focolaio di Alzano Lombardo era stato individuato il 23 febbraio, quando i tamponi eseguiti la sera prima su due pazienti sono risultati positivi. Ma a differenza di Codogno, dove due giorni prima la scoperta del primo caso di Covid-19 trasmesso in Italia aveva portato alla chiusura dell’ospedale e all’isolamento di tutta l’area, l’ospedale di Alzano Lombardo è stato chiuso per poche ore e poi subito riaperto per ordine delle autorità regionali.
Non è stata istituita alcuna zona rossa e, anzi, il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, quello di Alzano, Camillo Bertocchi, la locale Confindustria e i tre sindacati confederali hanno invitato i cittadini e le imprese a proseguire nelle loro normali attività, mentre il presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana, e l'assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera, escludevano la possibilità di creare una nuova zona rossa.
Le cose sono cambiate i primi giorni di marzo, quando il numero di casi nella bergamasca è iniziato ad aumentare in modo esponenziale. Il 3 marzo, Bergamo era la provincia in cui il numero di casi aumentava più rapidamente. Dopo aver visto i dati e aver parlato con le autorità regionali, il Comitato scientifico ha scritto la nota in cui raccomandava l’istituzione di una nuova zona rossa.
Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, aveva già parlato di questo episodio in passato. Pur senza nominare esplicitamente i documenti del Comitato tecnico scientifico, ha detto che in quei giorni il Consiglio dei ministri aveva discusso l’ipotesi di creare una nuova zona rossa. Alla fine, ha spiegato Conte, le ragioni del rifiuto hanno prevalso per via della difficoltà di sigillare Alzano Lombardo e Nembro, che non sono isolate come Codogno, ma fanno parte di fatto dell’abitato della città di Bergamo, e per via delle dimensioni che in quei giorni aveva oramai raggiunto il focolaio il 3 marzo.
Il 7 marzo, come rivelato dai verbali ottenuti dalla Fondazione Einaudi e pubblicati ieri, il Cts aveva abbandonato la richiesta di una zona rossa e, vista l’estensione del contagio, raccomandava di istituire una zona di quarantena su tutta la Lombardia e in altre 14 provincie. Questa volta il governo ha messo in atto la raccomandazione quella sera stessa.
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