- Il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin deve ancora completare i decreti attuativi per liberare le risorse previste dal governo Draghi. Senza la sua firma è tutto fermo.
- Restano bloccati i 600 milioni di euro già a disposizione fino al 2024: tra questi i 260 milioni di euro per la decarbonizzazione e la riconversione verde delle raffinerie.
- Spicca anche la mancata assegnazione del fondo per assicurare l’efficace attuazione del programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico: la dotazione per l’intero decennio è di 2,5 miliardi di euro.
Un budget miliardario, messo a disposizione già dal governo Draghi per i prossimi anni con il nobile obiettivo di diminuire l’inquinamento, anche attraverso una riconversione industriale di alcun settori. Soldi che al ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, sembrano non interessare: deve completare ancora l’iter e pubblicare i decreti attuativi, che sono andati oltre la scadenza.
E dire che l’aria inquinata che respiriamo non è una questione ideologica, degli ambientalisti invisi alla destra, ma impatta direttamente sulla salute: solo nel 2022, ha provocato 90mila decessi prematuri, come segnalato dalla Società italiana di medicina ambientale (Sima). Sono numeri che mettono nero su bianco la piaga strutturale, non più etichettabile come un’emergenza, che flagella l’Italia più di qualsiasi altro paese in Europa.
Un primato che non fa onore e che dovrebbe spingere il governo ad agire. Per iniziare a ottenere qualche risultato, basterebbe che si aprisse il cassetto per distribuire le risorse che attendono di essere spese. Al ministero di Pichetto Fratin sono lasciati in sospeso poco meno di 600 milioni di euro stanziati per il triennio 2022-2024.
Raffinerie senza riconversione
Finanziamenti che puntano a limitare lo smog nelle città, riconvertire l’industria con maggiori emissioni e prevenire fenomeni di inquinamento delle acque marine. Insomma, il governo Meloni ha ereditato un sostanzioso pacchetto dal precedente esecutivo, immaginato per spingere le politiche green.
Si parla anche dei 260 milioni di euro per il fondo destinato alla decarbonizzazione e la riconversione verde delle raffinerie. La misura risale al primo decreto Energia, firmato da Draghi, nel marzo del 2022. Entro la fine dello scorso mese di agosto l’allora ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, avrebbe dovuto decidere come distribuire i 205 milioni di euro per il 2022, i 45 milioni di euro per il 2023 e i restanti 10 milioni per il prossimo anno.
Un’operazione che non è stata portata a termine, ma che è molto piaciuta al governo di destra, tanto da essere ripresa da Pichetto Fratin. Nel decreto Aiuti quater dello scorso novembre la dotazione è stata riproposta uguale alla precedente. La scadenza del decreto era stata aggiornata al 31 marzo, lanciando il segnale di un’attenzione sul tema della riconversione. Dopo quasi quattro mesi si attende ancora l’emanazione del provvedimento. Il risultato? Le risorse restano stoccate negli uffici del ministero.
Fondo nel pantano
A spiccare è poi la mancata assegnazione del fondo per assicurare l’efficace attuazione del programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico. L’Unione europea ha bacchettato più volte l’Italia per il mancato rispetto «sistematico e continuativo» del valore limite annuale fissato per il biossido d’azoto. Insomma, sullo smog c’era tanto da fare.
Per questo nella Legge di Bilancio del governo Draghi era stato approvato un piano anti-inquinamento. Lo stanziamento era modulato, in aumento, su base pluriennale. Nel 2022 il plafond era solo di 50 milioni di euro, raddoppiati per il 2023, e fino alla crescita di 150 milioni di euro nel 2024 e nel 2025. L’intervento era stato organizzato con una logica strutturale: dal 2026 in poi, sarebbero stati investiti 200 milioni all’anno fino al 2035. In totale si parla di circa 2,5 miliardi euro per finanziare bandi e progetti nazionali sul contrasto dell’inquinamento atmosferico. I decreti attuativi, anche in questo caso, non sono pronti. Prima di dare il via effettivo al progetto, occorrerà aspettare vari mesi.
C’è poi il capitolo della lotta alla diffusione della plastica, che per Draghi era una priorità e per l’esecutivo di Meloni sembra lo sia meno, nonostante si parli di incentivi alle aziende. Restano infatti fermi 30 milioni di euro (10 milioni all’anno dal 2022 al 2024), stanziati per stimolare le aziende che usano plastica monouso a impiegare prodotti riutilizzabili, alternativi alla plastica.
A questi si sommano altri 9 milioni di euro per il contributo all’acquisto e utilizzo di materiali di prodotti biodegradabili, al posto di quelli in plastica monouso. E sempre in materia di inquinamento e controllo del territorio, ci sono misure a costo zero da attuare, come le modifiche al programma di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, le iniziative per la «protezione dell’ambiente marino dagli effetti negativi degli scarichi dei rifiuti da parte delle navi» e la «definizione dei criteri per la gestione degli scarichi degli impianti di desalinizzazione».
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