L’appello del fratello Giovanni alla Regione Sicilia. Peppino venne assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale di Cinisi: una carica di tritolo venne posta sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia. In un casolare venne picchiato prima di essere ucciso: «Qui tanti vengono a ricordare Peppino»
Oggi 9 maggio 2021 sono passati 43 anni dalla morte di Peppino Impastato, ucciso perché dalla sua Radio Aut aveva accusato con nomi e cognomi la mafia. Da attivista di sinistra aveva deciso di candidarsi alle elezioni comunali di Cinisi, in provincia di Palermo, con il simbolo di Democrazia proletaria.
Questa mattina il fratello Giovanni si è recato sul luogo dove venne picchiato a sangue e tramortito o ucciso nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale, prima di essere fatto esplodere con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia per ordine del boss Gaetano Badalamenti. La famiglia chiede che il casolare già luogo simbolo della lotta alla mafia sia uno strumento per la società: «Il casolare appartiene alla Regione, è di dominio pubblico, però dobbiamo cercare di renderlo più funzionale, metterlo a disposizione dei giovani».
L’edificio è stato espropriato dalla regione lo scorso dicembre, ed è entrato a far parte del patrimonio pubblico il 15. Il presidente della Sicilia, Nello Musumeci, aveva dato l’annuncio in occasione dell’anniversario della morte della madre di Peppino, Felicia, il 7 dicembre: «È stata una procedura di esproprio lunga e complicata - ha detto - ma alla fine siamo riusciti a non cancellarne il valore simbolico che rappresenta nella lotta allo strapotere mafioso. Sulla destinazione, saranno il Comune di Cinisi e la Città Metropolitana di Palermo a decidere». Qui, ha detto Giovanni Impastato davanti a alla assemblea ridotta rispetto al solito dalle misure di sicurezza della pandemia «tanti giovani vengono dall’Italia e dal mondo per ricordare Peppino».
Memoria e informazione
Giornalista, poeta e attivista politico, nonostante il Covid le manifestazioni in memoria di Peppino con mascherine e distanziamento non si sono fermate, per portare avanti ogni aspetto della sua figura. Non ci sarà il corteo dalla sede di Radio Aut a Terrasini alla Casa Memoria di Cinisi «con la speranza di poterlo realizzare il prossimo anno», ma sin da stamattina sono partite le iniziative diffuse. «Oggi ho deciso di portare questi fiori di campo che a lui piacevano tantissimo» ha detto il fratello Giovanni alla sua tomba prima di recarsi al casolare. “Fiore di campo” è il titolo di una poesia di Peppino a cui si è ispirata una canzone dei Lautari.
Nel pomeriggio ci sarà un presidio a Cinisi presso la Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato con interventi di Giovanni Impastato, Luisa Impastato, Carlo Bommarito, Umberto Santino, ed è già partita una maratona letteraria: «Noi non ci arrendiamo, ricordando Peppino Impastato» a cura del movimento Il Pane e le Rose.
Giovanni ha ringraziato tutti quelli che contribuiranno a mantenere viva la sua memoria, dai sindacati alle parrocchie. Nel messaggio che il 3 maggio scorso, in occasione della Giornata mondiale della libertà della stampa, ha inviato al giornalista Leone Zingales di “Cittadini per la Memoria del Fare”, ha ricordato l’importanza dell’informazione: «Se vogliamo una società migliore dobbiamo ancora batterci per la libera informazione, come quella che lui, Peppino, ha sperimentato in tanti anni a partire dal giornale L’Idea, fino alle trasmissioni di Radio Aut dalle quali denunciava mafia e politica collusa per i loro malaffari, traffico di droga, sfruttamento, devastazione ambientale; per questo Peppino è stato ucciso. Non dobbiamo smettere di ricordare i giornalisti assassinati per aver sfidato il potere e l’omertà, raccontando verità difficili».
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