Il Tar del Lazio ha ordinato che venga dato a ClientEarth accesso parziale alle informazioni sui sistemi di controllo delle emissioni di ossidi di azoto (NOx) della Fiat 500X 2.0 Multijet diesel. Per l’avvocato dell’organizzazione Ugo Taddei «è un primo successo fondamentale contro un sistema totalmente opaco»
Il Tar del Lazio ha ordinato che venga dato a ClientEarth accesso parziale alle informazioni sui sistemi di controllo delle emissioni di ossidi di azoto (NOx) della Fiat 500X 2.0 Multijet diesel. Per l’avvocato dell’organizzazione Ugo Taddei «è un primo successo fondamentale contro un sistema totalmente opaco». Il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, infatti, su richiesta di Fca, aveva opposto un diniego completo alla richiesta di accesso, sostenendo che fosse necessario per proteggere la confidenzialità commerciale del produttore di auto. I giudici invece hanno ordinato di consentire l’accesso ai documenti, con una limitata possibilità di oscurare porzioni specifiche per tutelare i «segreti industriali e commerciali» di FCA soltanto questi tali dati non siano «afferenti alle emissioni nell’aria di biossido di azoto».
Questione di limiti
Secondo test indipendenti, riporta l’associazione, in condizioni di guida reali supera dalle 11 alle 22 volte i limiti di legge per i NOx, fortemente nocivi per la salute umana. Nel dettaglio la sentenza, pubblicata il 25 marzo, stabilisce che la direzione generale per la motorizzazione del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (oggi Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili), entro sessanta giorni, deve dare accesso al certificato di omologazione del veicolo con riguardo anche ai risultati dei test di emissioni di inquinanti; scheda di omologazione Ce per sistemi, componenti ed entità tecniche relative al sistema di controllo delle emissioni del veicolo; informazioni sulle emissioni di anidride carbonica (CO2) del veicolo durante le prove di Emissioni Reali di Guida.
ClientEarth, responsabile del progetto Clean Air, promuove azioni legali contro lo smog in tutta Europa. «Lo scandalo dieselgate – , ha aggiunto Taddei - ha rivelato un problema sistemico nell’industria dell’auto con manipolazioni diffuse dei test di emissioni e impatti disastrosi sulla qualità dell’aria e sulla salute dei cittadini. Eppure, le autorità competenti hanno preferito offrire ai produttori di veicoli segretezza e impunità. Questo pronunciamento va nella direzione opposta: stiamo rendendo il sistema più trasparente, ma c’è ancora molto lavoro da fare».
Un precedente
Per l’organizzazione la sentenza contiene due passaggi di fondamentale importanza, soprattutto per il contesto italiano. La prima è che la legge consente «a chiunque» di fare richiesta di accesso a informazioni ambientali, «senza che questi debba dichiarare il proprio interesse». La seconda è che, in materia di emissioni inquinanti, l’interesse pubblico prevale sulla confidenzialità delle informazioni per segretezza industriale e commerciale.
Il ricorso è stato patrocinato dagli avvocati Massimo Dragone e Stefano Trevisan dello Studio Legale Dragone & Avvocati Associati Loffredo e Cestaro. «È una sentenza storica perché stabilisce un principio: i cittadini hanno il diritto di conoscere quali sono le reali emissioni inquinanti dei veicoli diesel. Si pone oggi un precedente importante, non solo in Italia ma anche a livello europeo», hanno dichiarato Dragone e Trevisan.
Richieste analoghe a quella italiana riguardanti altri veicoli sono state presentate alle corrispondenti autorità di omologazione in altri cinque paesi europei: Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e Paesi Bassi. Le automobili oggetto delle richieste sono modelli di veicoli diesel molto diffusi le cui emissioni reali sono risultate essere molto superiori ai limiti di legge.
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