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Le pubblicità di Carosello degli anni Cinquanta e Sessanta ci fanno conoscere un’Italia in cui i grassi non erano demonizzati. Erano invece sostanze nutrienti e gustose che servivano a rendere i corpi più robusti.
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Dopo anni di difficoltà, i grassi divennero il cibo perfetto per un paese che aveva bisogno di nuova energia. La magrezza apparteneva al passato, a quando era stata una necessità.
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La pubblicità in tv di quegli anni ha contribuito a diffondere in tutta Italia prodotti che erano profondamente settentrionali, come il burro, che oggi ha più consumatori al sud che al nord.
Latte addizionato, burro a doppia panna, grassi di ogni genere che regalano gioia e felicità. È l’Italia dell’abbondanza in tavola degli anni Cinquanta e Sessanta.
La si può trovare nelle réclame (una volta gli spot si chiamavano così) di Carosello, il programma TV di messaggi pubblicitari che andò in onda ogni sera dopo il telegiornale dal 1957 al 1977. Quello che viene fuori guardando i filmati fino al 1970 è un cibo non certo pensato per la salute del consumatore. E però, quegli alimenti comunicano un altro tipo di benessere, fatto di volti pasciuti, sorrisi autentici e corpi non obbligati alla magrezza.
Susanna e le altre
Oggi sembra inconcepibile, ma in tantissimi casi i cibi grassi come burro e panna venivano lodati, oltre che per il loro sapore, per le loro capacità nutritive. I ricordi della fame e della guerra erano ancora vicini, e i grassi, oggi demonizzati, erano il motore della nuova Italia che dopo gli anni difficili esplodeva di benessere e produttività. Susanna Tuttapanna, un cartone animato che promuoveva un formaggino appunto alla panna, era una bambina ben nutrita lontana anni luce dai modelli di corpo femminile che risulteranno vincenti dagli anni Ottanta.
Il latte Stemir era “addizionato”, mentre di scremato c’era solo il latte Stemag, terzo fratello (che arrivava sempre per ultimo) dei più nutrienti Stella e Stelat. Per il resto, invece che togliere si aggiungeva. Il formaggio Invernizzina veniva pubblicizzato come un prodotto al burro e “doppia panna”, mentre Nino Taranto tesseva le sue lodi cantando: «Soddisfa la tua gola e il tuo stomaco consola».
Ancora: il burro Optimus, prima che questo grasso diventasse scandaloso per la famosa scena di Ultimo tango a Parigi, viene definito come «una morbida cascata di purissima panna sui vostri cibi». Il latte Stemir della Polenghi Lombardo è «il latte ricco, nuovo, generoso, il latte che nutre di più, dà più vigore». Il Carosello del formaggio Invernizzi Milione alla Panna celebra invece i grassi da un punto di vista visivo. In un secchio, il latte appena munto si trasforma in una panna grassa e lucida come oggi non capita più di vedere né in tv né altrove.
Lo spot si conclude con dei ragazzini bene in carne entusiasti e sorridenti e la voce fuori campo che loda il prodotto, che «fa crescere i vostri bambini sani, forti e robusti perché nutriente». E infine, nel Carosello della panna spray per dolci Reddi Wip, prodotta da Toseroni, un gruppo di ragazzini si lancia festosamente su una torta di panna e la divora a suon di dita leccate.
Il caso più eclatante di rappresentazione entusiastica dei grassi lo si può vedere però non in un Carosello ma in un manifesto pubblicitario dei produttori di burro degli anni Sessanta, su cui si può leggere: «Il burro è scivoloso, ecco perché dobbiamo mangiarne il più possibile per lubrificare le vene e le arterie». Certo, un inquietante inno all’anti-scienza, di fronte al quale i terrapiattisti di oggi appaiono modesti dilettanti.
Lo spirito del tempo
Ma il tutto va inquadrato nel contesto di quegli anni e ci fa capire come la reputazione dei cibi grassi sia quasi sempre legata allo spirito del tempo. Così come per i molti Carosello sui saponi, che arrivavano dopo anni in cui non era stato possibile lavarsi frequentemente, il formaggio doppio burro e quello alla panna arrivavano dopo anni in cui il cibo era stato scarso. Tanto che l’aggettivo più usato per tutti questi prodotti è “nutriente”, proprio perché quella era l’emergenza di quegli anni.
Un altro aspetto ha a che fare con la definizione di “cibo italiano”. Di lì a qualche anno, il linguista Tullio De Mauro avrebbe dimostrato, dati alla mano, che la televisione aveva inventato, molti anni dopo Dante, un nuovo tipo di lingua italiana, con una minore influenza del toscano e una dominante vena romana (Roma era la città della politica e della stessa sede principale della Rai). Possiamo dire che lo stesso ha fatto Carosello con i concetti di cibo e grasso italiano.
Molti anni dopo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, che anche a prescindere dalla volontà del suo autore Pellegrino Artusi aveva costruito la categoria di “cibo italiano”, Carosello ha creato un nuovo canone di cibo nazionale. Di fatto, il programma “nazionalizzò” vari cibi regionali. I grassi furono in prima linea in questo processo culturale. Il mascarpone, formaggio lombardo per eccellenza, già spinto nel primo Novecento dal successo del Tiramisù, nella seconda metà del secolo viene prodotto dalla Galbani e altre grandi industrie, pubblicizzato su scala nazionale e venduto in tutta Italia, diventando un ingrediente per piatti anche salati persino in Sicilia. In maniera simile possiamo leggere la lenta ma inarrestabile cavalcata del burro nelle regioni meridionali.
Di origine settentrionale (al sud si usava l’olio d’oliva), lungo tutto il Novecento il burro si è gradualmente diffuso anche in meridione, grazie alle campagne pubblicitarie di alcune grandi industrie che avevano cominciato a produrlo e venderlo nei neonati supermercati di tutta Italia. Negli ultimi anni le regioni del nord, più sensibili agli allarmi salutisti, hanno cominciato a consumarne meno, mentre il meridione non ha invertito il trend. Oggi le ricerche dicono che al sud ci sono più consumatori di burro che al nord. Una rivoluzione silenziosa che ci insegna che la cultura del cibo non è mai statica, ma cambia continuamente e si diverte a stupirci.
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