La più imbarazzante delle premiazioni. Sul campo dello Stade Omnisport Ahmadou Aidjo di Yaoundé (Camerun) la nazionale del Marocco si è appena aggiudicata la sesta edizione del Campionato delle Nazioni africane (Chan nell’acronimo in francese), battendo in finale 2-0 il Mali. Ma l’esito sportivo è già passato in secondo piano.

Adesso l’attenzione è su mister Ahmad Ahmad, il presidente “ex-ex” del calcio africano che incarna alla perfezione il ruolo da postumo in vita. Squalificato per cinque anni con aggravio di multa da 200mila franchi svizzeri, decisione presa dalla Camera giudicante del Comitato etico Fifa il 19 novembre 2020, Ahmad è stato rimesso in sella da un provvedimento del Tribunale arbitrale dello Sport (Tas) di Losanna.

Riammesso, rieleggibile, anzi no

Mister Ahmad Ahmad è una variabile impazzita. Il boss del calcio africano venuto dal Madagascar, l’ariete usato dal presidente Fifa, Gianni Infantino, per abbattere il potere dell’autocrate camerunese Issa Hayatou (29 anni a capo del calcio continentale, presidente Fifa ad interim per 4 mesi), è in questi giorni come l’elefante in salotto. Se ne sta lì piazzato, intanto che i presenti fanno come se non ci fosse e non ingombrasse. Ma egli stesso è frastornato, privo di arte e parte. Aveva chiesto al Tas, in attesa di un pronunciamento nel merito sul verdetto emesso dalla Fifa, una sospensiva dei suoi effetti per ottenere due obiettivi: essere rimesso a capo della Confédération africaine de football (Caf) e essere ammesso alla competizione elettorale che si chiuderà il prossimo 12 marzo a Rabat (Marocco) con l’elezione del nuovo capo del calcio africano.

Ma il Tas ha accolto le richieste soltanto a metà. Dopo aver fissato per il 2 marzo la data dei lavori per la presa in esame del suo caso, con promessa di procedere speditamente per licenziare un verdetto entro il 12 marzo, ha sospeso la squalifica comminata dalla Fifa, ma con avvertenza che ciò non è un’anticipazione del verdetto da prendere a conclusione del procedimento fissato per il 2 marzo. Quanto a impedire che la Fifa licenzi un provvedimento per mettere Ahmad fuori dalla corsa elettorale, i giudici del foro di Losanna hanno invece affermato che non si tratti di competenza loro.

Ciò che per via dei tempi compressi in vista del voto crea una pericolosa situazione di sospensione. Veramente la Fifa dell’ex amico Infantino vorrà mettere Ahmad fuori gioco, col rischio di esporsi a conseguenze legali molto pesanti? Il dubbio incombe.

Per adesso il presidente cacciato dalla porta è stato fatto rientrare dalla finestra, ma rischia che tutto ciò gli serva pr dare una spolverata alla scrivania in attesa che arrivi il successore eletto.

“Potrebbe accomodarsi fuori?”

Il ritorno in sella di Ahmad Ahmad ha comunque provocato fibrillazioni nella confederazione calcistica africana. E il motivo delle tensioni è quello della sua rieleggibilità. Da qualunque parte la si giri, la decisione rischia di essere sbagliata. Se non lo si ammette alla corsa elettorale e poi il Tas lo manda assolto da ogni accusa? E se viceversa lo si ammette alla corsa elettorale ma poi il Tas lo stoppa a una passo dal voto? E indipendentemente dal fatto che Ahmad sia ammesso o escluso, come sarà possibile mettere al riparo la campagna elettorale degli altri quattro candidati (il senegalese Augustin Senghor, l’ivoriano Jacques Anouma, il sudafricano Patrice Motsepe e il mauritano Ahmed Yahia) da una presenza così ingombrante?

La competizione è già falsata, il clima anche di più. Con effetti devastanti per l’andazzo interno alla Caf, dove il ritorno dell’ex-ex presidente ha già prodotto guasti e situazioni grottesche. Un cortocircuito è giunto col pronunciamento del Governance committee della Caf, che il 5 febbraio si è pronunciato per la riammissione di Ahmad alla corsa elettorale, con ultima decisione demandata alla Fifa. Ciò che ha indotto l’indomani l’Executive committee (ExCo) della Caf a emettere un giudizio severo nei confronti del comitato sulla governance, la cui indicazione di riammettere Ahmad nella corsa elettorale è stata bollata come “inappropriata” poiché la decisione sull’ammissibilità di un candidato spetta alla Fifa.

Ma non è stato nemmeno questo il punto più alto dello psicodramma vissuto durante la riunione dell’ExCo tenuta lo scorso 6 febbraio, il giorno prima della finale Chan fra Marocco e Mali. La cosa più imbarazzante è stata avere mister Ahmad piazzato lì fra gli altri, alla sua prima uscita da ex-ex presidente e dotato di piena agibilità politica. Con tanto di passaggio grottesco quando tutti gli altri membri del consesso hanno dovuto invitarlo ad accomodarsi fuori perché c’era da discutere del suo caso. Almeno stavolta proprio non si poteva far finta che l'elefante non fosse presente.

I motivi della squalifica

Ma cosa ha fatto mister Ahmad Ahmad per guadagnarsi una squalifica di cinque anni? Vasto programma rispondere a questo interrogativo. La lista è variegata e lo testimonia il numero di articoli che secondo la Camera giudicante del Comitato etico Fifa sono stati violati dall’ex-ex presidente Caf: il 15 (dovere di lealtà), il 20 (offrire o ricevere doni o altri benefici), il 25 (abuso di potere) e il 28 (appropriazione di fondi). Violazioni accumulate nel corso di vicende diverse. La prima passata in rassegna riguarda la Umrah, il pellegrinaggio minore alla Mecca, finanziato con soldi della Caf dietro sollecitazione dell’Associazione delle federazioni calcistiche arabe (Uafa nell’acronimo inglese), che a maggio 2018 ha portato a spasso i presidenti di federazione di fede musulmana. Poi viene dato conto di alcune transazioni non spiegate, dei costi esagerati per la cerimonia d'inaugurazione della sede della Caf in Madagascar (57mila dollari), dei movimenti dalle casse della Caf verso i conti privati di Ahmad.

E infine c’è la vicenda della commessa per la fornitura di materiale tecnico in occasione dell’edizione di Chan 2018, affidata a una ditta francese denominata Tactical Steel dopo la rottura del contratto con Puma. Una vicenda denunciata da un’inchiesta congiunta di BBC Sport e del magazine norvegese Josimar, apparsa subito sospetta almeno per due motivi. Il primo: Tactical Steel era una società piccola e giovane (fondata nel 2016, giusto un anno prima di aggiudicarsi la commessa a dicembre 2017), non specializzata nella produzione ma piuttosto nell’approvvigionamento di materiale e dunque intermediaria. Il secondo: un socio di Tactical Steel risulta molto amico e ex commilitone di Loïc Gerand, cittadino franco-malgascio che a sua volta è un fedelissimo di Ahmad. Inoltre l'intreccio di denaro che si innesca fra Caf, Tactical Steel e una società legata a quest'ultima con sede negli Emirati Arabi Uniti (la ES pro consulting limited) richiama l’attenzione del Parquet national financier francese, la procura speciale per i reati economici. Ciò che porta Ahmad a essere fermato dalla polizia francese il 6 giugno, a margine del Congresso Fifa tenuto in coincidenza coi Mondiali femminili.

Il presidente della Caf verrà rilasciato poche ore dopo, ma il suo declino comincia lì e si consuma a gran velocità. Né sono tanto migliori i suoi successori. Il vice che ne prende posto di diritto alla Caf, il congolese Constant Omari, è a sua volta sotto inchiesta Fifa e per questo si è visto sbarrare la strada nella corsa verso la presidenza. Quanto a colui che ha sostituito Ahmad a capo della federazione malgascia, Raul Arizaka Rabekoto, come raccontato da Domani è latitante da un anno per presunta sottrazione di fondi ai danni della Cassa nazionale di previdenza sociale.

Le tensioni camerunesi

Ma torniamo alla premiazione di domenica. Il Marocco ha appena vinto il torneo per nazionali cui possono partecipare soltanto calciatori che militano nei campionati africani, dunque da non confondere con la più famosa Coppa d’Africa dominata dalla presenza dei calciatori impegnati in Europa o altrove.

Sul palco Ahmad se ne sta in disparte e a consegnare la coppa è il primo ministro camerunese Joseph Ngute. Che ha attraversato i giorni del Chan con grande apprensione. Doveva essere un test per l’edizione della Coppa d’Africa che si terrà l’anno prossimo in Camerun e l’apertura degli impianti al pubblico, con un terzo di capienza consentita, è stata un atto di grande fiducia.

E invece la manifestazione calcistica è diventata una vetrina internazionale per le tensioni interne. Coi terroristi di Boko Haram e soprattutto i separatisti anglofoni del sudovest pronti a condurre azioni clamorose, si sono rafforzate le misure di sicurezza. Il caos politico si mescola al caos calcistico.

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