- Oliverio non ha dimenticato l’affronto del 2020, quando Pd e centrosinistra scelsero di non ricandidarlo, preferendogli Pippo Callipo, l’industriale del tonno in scatola, espressione di liste civiche.
- Oggi Oliverio si presenta come custode assoluto e unico dei “valori” della sinistra ma il suo vero obiettivo è colpire il Pd di Letta.
- Assolto a gennaio dall’accusa di corruzione e abuso d’ufficio, ha altri tre processi che pendono sulla sua testa. Abuso d’ufficio per la revoca del presidente della finanziaria regionale Fincalabra, corruzione e turbativa d’asta e l’ultima per un contributo di 95mila euro dato al Festival di Spoleto.
Spuntano come funghi i candidati alla Presidenza della Calabria per le elezioni regionali del 3 e 4 ottobre. Ora è il momento di un “rieccolo” d’eccezione: Mario Oliverio, già presidente dell’ultima giunta di centrosinistra, alle elezioni del 2020 fatto fuori da un Pd alla confusa ricerca di facce pulite. E così, nell’area che ruota intorno al centrosinistra i candidati salgono a tre.
C’è Luigi de Magistris, a capo di una coalizione civica, che raccoglie l’anima radicale e ribellista della sinistra (da Mimmo Lucano a Anna Falcone), la neuropsichiatra Amalia Bruni (scelta da Pd e Cinque stelle), e Mario Oliverio. I toni della sua discesa in campo sono impostati e ispirati alla gravità del momento. “La nostra – hanno scritto i comitati che lo sostengono - è una battaglia di dignità e libertà al servizio degli interessi puliti del popolo calabrese”. Ma la verità è un’altra.
Oliverio non ha dimenticato l’affronto del 2020, quando Pd e centrosinistra scelsero di non ricandidarlo, preferendogli Pippo Callipo, l’industriale del tonno in scatola, espressione di liste civiche. Neppure in questi mesi di trattative convulse, di casting e tentativi falliti per trovare un nome, il Pd ha pensato a lui. Né come possibile candidato, né come “consigliere” per la scelta del presidente possibile. «Messo da parte come uno straccio sporco», dice un “oliveriano” storico. Una condizione che “Mario l’eterno” non poteva accettare supinamente.
Mario l’eterno
Già, “l’eterno”, così lo chiamano i suoi avversari e non a torto. Basta dare un’occhiata alla sua folgorante ascesa politica. Un caso da laboratorio dell’evoluzione-involuzione di quello che è stato il Partito comunista italiano nel Sud. Perché fu il Pci di Berlinguer ad individuare quel giovane collaboratore scolastico di San Giovanni in Fiore nel 1980 ed eleggerlo consigliere regionale.
Oliverio ha solo 27 anni, si mette in aspettativa e inizia la sua irresistibile ascesa. Assessore all’Agricoltura, nel 1990 sindaco del suo bel paese, deputato per quattro legislature, presidente della Provincia di Cosenza, nel 2014 “governatore” della Calabria, eletto col 64 per cento dei voti.
Un concentrato di incarichi, potere e vitalizi, che ha resistito a tutti i cambiamenti del vecchio Pci. Come i suoi due ex sodali cosentini, la deputata Enza Bruno Bossio e suo marito Nicola Adamo, giudicati i veri “padroni” del Pd calabro. Insomma, il Pci si disfaceva, i militanti e gli ex dirigenti più generosi si dibattevano in tormenti ideologici, e loro accumulavano poteri e incarichi in quel “partito trasversale” dove destra e sinistra si fondono, che è il vero cancro di questa terra.ù
Colpire il Pd di Letta
Oggi Oliverio si presenta come custode assoluto e unico dei “valori” della sinistra. I toni sono enfatici, da consumato comiziante, ma il suo vero obiettivo è colpire il Pd di Letta, che alle prossime elezioni rischia di non arrivare neppure al secondo posto. Il quadro è frastagliato, la concorrenza di de Magistris (che ora punta al 64% degli astenuti) è fortissima, le divisioni all’interno del Pd pesano, i presupposti di una vittoria schiacciante della destra, Roberto Occhiuto candidato, ci sono tutti.
Mario Oliverio, che parla degli interessi puliti dei calabresi, è coinvolto in una serie di inchieste giudiziarie. Assolto a gennaio dall’accusa di corruzione e abuso d’ufficio, ha altri tre processi che pendono sulla sua testa. Abuso d’ufficio per la revoca del presidente della finanziaria regionale Fincalabra, corruzione e turbativa d’asta nell’inchiesta Passepartout, e l’ultima per un contributo di 95mila euro dato al Festival di Spoleto. Certamente la più significativa di un certo modo di fare politica e intendere la funzione pubblica di moda in Calabria.
In sintesi: nel 2018 la Regione Calabria decide di partecipare al Festival dei due Mondi. Ci sono intellettuali, artisti, cantanti e attori, Oliverio è l’unico politico presente agli incontri di Paolo Mieli. Il giornalista-storico è entusiasta e lo paragona a Giulio Andreotti, anzi, di più, «Andreotti gli fa un baffo». Applausi, strette di mano e 95mila euro della Regione finiti in cene di gala, alberghi e varie.
Per i pm che accusano Oliverio di peculato, quel talk aveva «finalità privatistiche di promozione personale». Il grande e celebrato giornalista e il politico calabrese che varca i confini della Sila. I soldi pubblici buttati al vento per promuovere il “sultano”. Vanno così le cose il Calabria, dove ora Mario l’eterno vuole rifondare la sinistra.
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