- Per capire la differenza tra un governo di destra e un governo ispirato a valori costituzionali si possono confrontare gli interventi di Draghi e Cartabia di fronte al pestaggio di Santa Maria Capua Vetere e quello dl Silvio Berlusconi e di tutti i suoi ministri all’indomani del G8 di Genova del 2001.
- Il giudizio sui fatti di Genova non è una questione di archeologia politica: fornisce la cartina di tornasole della piena adesione o meno ai valori costituzionali.
- Silvio Berlusconi illustrò in parlamento le "prove” delle intenzioni violente degli occupanti della Diaz.
Per capire la differenza tra un governo di destra e un governo ispirato a valori costituzionali si faccia il confronto tra gli interventi del presidente del Consiglio Mario Draghi e della ministra della Giustizia Marta Cartabia di fronte al pestaggio dei detenuti nelle carceri di Santa Maria Capua Vetere e quello dl Silvio Berlusconi e di tutti i suoi ministri all’indomani del G8 di Genova del 2001, di cui ricorre oggi il ventesimo anniversario.
Mentre oggi i responsabili delle istituzioni hanno pubblicamente fatto ammenda di comportamenti vergognosi e illegali della polizia penitenziaria, allora dai banchi della maggioranza nessuno si alzò a denunciare le inaudite violazioni commesse.
La scelta di Berlusconi
Da presidente del Consiglio in carica, Silvio Berlusconi illustrò in parlamento le prove delle intenzioni violente degli occupanti della Diaz esibendo una serie di “armi”, comprese le due bottiglie molotov portate lì dalla polizia per incastrare i manifestanti.
A supporto di questa opera di falsificazione venne un silenzio di tomba sulle violenze compiute dagli apparati di sicurezza.
Non una parola sui pestaggi di persone inermi incontrate per strada, non una parola sulla macelleria messicana dell’irruzione alla scuola Diaz, non una parola sulle torture – come le ha finalmente definite 16 anni dopo (un po’ tardi…), l’ex capo della polizia Franco Gabrielli - inflitte agli arrestati. E, infine, non una parola sulla sospensione dei diritti civili, a incominciare dalle garanzie costituzionali degli arrestati.
Quanto successe nella caserma di Bolzaneto non aveva paragoni nell’Europa democratica del dopoguerra. Soltanto negli angoli più bui dell’America Latina si potevano trovare esempi simili ( e persino peggiori, com’è tristemente noto). L’incubo proiettato attraverso le immagini di film come Garage Olimpio a Nuevo Orden, o nel passaggio sulla repressione della manifestazione studentesca nel Roma di Alfonso Cuaron, si è materializzato nei tre giorni maledetti del luglio 2001.
Soltanto la giustizia, oggi trascinata nel fango dalle sue manchevolezze e dalla lunga, incessante, tambureggiante opera di delegittimazione della destra, riuscì a fare luce su quel buco nero.
Tuttavia, alla ricostruzione giudiziaria degli eventi e delle responsabilità non sono corrisposte adeguate sanzioni penali e politiche. Uomini degli apparati di sicurezza hanno schivato le pene tra prescrizioni e sentenze benevoli, e il livello politico non ha pagato alcun pegno.
Far finta di niente
È proprio quest’ultimo aspetto il più inquietante. Come è possibile che tutto il governo Berlusconi abbia potuto continuare indisturbato e tranquillo a ignorare quanto accaduto, come fosse una quisquilia di nessun conto , senza aver dovuto affrontare non tanto i tribunali formali quanto quelli dell’opinione pubblica?
Quanto accaduto vent’anni fa e negli anni successivi ha evidenziato una società ancora troppo incerta nella difesa dei diritti civili di fronte alla cosiddetta “autorità costituita” e senza la forza per delegittimare i responsabili politici. E quindi, nel caso, si può ritornare a praticare quei metodi, perché il rischio è minimo.
Non per nulla in un tweet del 12 luglio 2018 (non un secolo fa), la leder di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni scrisse che era necessario «abolire il reato di tortura che impedisce agli agenti di fare il loro mestiere»; un tweet che le era uscito dal cuore, visto che fu poi corretto dai suoi accorti consiglieri.
Cosa direbbe Meloni del comportamento delle forze di polizia durante il G8 di Genova? Loderebbe il loro coraggio e la loro abnegazione, o ne condannerebbe le violenze? Starebbe dalla parte dei massacrati della Diaz e dei torturati della caserma Bolzaneto, incarcerati senza poter vedere un avvocato, oppure considererebbe tutto ciò una legittima azione della parte dello stato?
Allora tutto ciò scivolò come acqua sulla destra al potere mostrando la sua intima natura illiberale e una società civile troppo acquiescente. Oggi il quadro è diverso o si affacciano ancora delle pulsioni autoritarie?
«Voglio i pieni poteri», smaniava l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini nell’estate di due anni fa….
Il giudizio sui fatti di Genova non è una questione di archeologia politica: fornisce la cartina di tornasole della piena adesione o meno ai valori costituzionali.
© Riproduzione riservata