Il gruppo ambientalista Greenpeace sostiene che la Cina ha approvato l’utilizzo di 8,63 gigawatt (GW) di energia elettrica ricavata dalle centrali a carbone nel primo trimestre di quest'anno, quasi la metà di quanto visto in tutto il 2021. Violando così gli impegni assunti con la comunità internazionale per ridurre il consumo di energie fossili. La scelta viene giustificata con la necessità di garantire la sicurezza energetica
Secondo i dati riportati dal gruppo ambientalista Greenpeace, la Cina ha approvato l’utilizzo di 8,63 gigawatt (GW) di energia ricavata dalle centrali a carbone nel primo trimestre di quest’anno, quasi la metà di quanto visto in tutto il 2021. Ha violato così gli impegni assunti con la comunità internazionale per ridurre il consumo di energie fossili. La scelta viene giustificata con la necessità di garantire la sicurezza energetica.
La Cina si era impegnata nel controllare rigorosamente la capacità energetica del carbone nel periodo 2021-2025. Il carbone, considerato uno dei combustibili fossili più inquinanti, rappresenta oltre il 60 per cento dell’approvvigionamento energetico cinese.
L’obiettivo per la Cina è di portare le sue emissioni di anidride carbonica per il riscaldamento climatico, le più alte al mondo, a un picco entro il 2030, per poi diminuire negli anni successivi. Ma i progetti per ridurre le emissioni e avviare la transizione green sono stati rallentati nel corso del 2021.
La priorità ora è la sicurezza energetica
Le crescenti preoccupazioni per l’approvvigionamento energetico, aumentate dopo un’ondata di interruzioni di corrente lo scorso settembre, hanno portato ad un aumento delle autorizzazioni rilasciate per l’utilizzo di energia elettrica prodotta da centrali alimentate a carbone. Greenpeace Asia, in un suo rapporto, ha citato i documenti con le autorizzazioni delle autorità provinciali che mirano a risolvere così «le carenze nella produzione di energia locale».
«La sicurezza energetica è diventata una sorta di parola in codice che sottintende la produzione da carbone, piuttosto che per una fornitura affidabile di energia» ha affermato Wu Jinghan, attivista per il clima di Greenpeace a Pechino.
Le promesse a Glasgow
In occasione della Cop di Glasgow, nell’ottobre 2021, la Cina aveva affermato di voler ridurre le emissioni di CO2 per unità di Pil di oltre il 65 per cento rispetto al livello del 2005, raggiungendo l’assenza di emissioni entro il 2060.
In quell'occasione era discusso appunto delle limitazioni al carbone. I paesi avevano deciso di «ridurre gradualmente» piuttosto che «eliminare gradualmente» l’uso globale del carbone.
Per farlo la Cina aveva promesso di investire in fonti green, portando la quota di combustibili non fossili nel consumo di energia a circa il 25 per cento. Aveva inoltre annunciato di volere un aumento del volume dello stock forestale di 6 miliardi di metri cubi in più rispetto al livello del 2005 e portando la sua capacità totale di energia eolica e solare a oltre 1,2 miliardi di kilowatt entro il 2030.
Le previsioni
Per i ricercatori della State Grid, la principale società elettrica cinese, prima del 2025 potrebbero essere costruiti 150 gigawatt di nuova capacità di alimentazione a carbone.
Mentre secondo le previsioni del China Electricity Council, pubblicate questo mese, la capacità totale di produzione di energia della Cina dovrebbe raggiungere i 3mila GW entro il 2025, con fonti di combustibili fossili pari al 49 per cento, il che implica un aumento di 261 GW dell’energia alimentata a carbone e gas naturale rispetto alla fine dello scorso anno.
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