Sul Dnepr si affaccia Kamianske, città dormitorio del distretto di Dnipro, ed è qui che alcuni nuotatori paralimpici ucraini si sono preparati per Parigi 2024. Una necessità per chi è dovuto fuggire dalla guerra, col rischio che questa si portasse via i soldi che lo Stato indirizza allo sport paralimpico, dove l’Ucraina eccelle a livello mondiale: sesta alle Paralimpiadi di Tokyo con 98 medaglie dietro Cina, Gran Bretagna, Stati Uniti, RPC (Comitato paralimpico russo) e Paesi Bassi.

Mykhailo Serbin a vent’anni è uno dei nuotatori paralimpici più forti del mondo, oro nei 100 dorso S11 – specialità nella quale ha vinto l’oro sia al Mondiale di Madeira che a quello di Manchester, dove ha conquistato pure due argenti e tre bronzi in altre specialità – e argento nei 200 misti SM11 a Tokyo, pronto a riconfermarsi; dove le sigle indicano la disabilità, lui che è quasi completamente cieco. Quando i russi hanno bombardato la piscina dove si allenava a Kharkiv ha dovuto accettare l’esilio a Kamianske, insieme ad altri atleti: «All’inizio abbiamo vissuto alla giornata, non sapendo se saremmo stati finanziati ancora dallo Stato».

Fondi tagliati

La guerra contro l’invasore russo ha dirottato risorse economiche verso l’esercito e inizialmente i fondi sono stati completamente tagliati, lasciando lo sport paralimpico ucraino nell’incertezza più totale.

Anton Kol, 34 anni, è stato abbandonato dalla madre in orfanotrofio. Due bronzi a Rio nei 50 e 100 dorso S1, argento nelle rispettive specialità a Tokyo. Il 2 aprile era in cortile con il figlio quando a sessanta metri da casa sua è caduto un missile, che ha danneggiato la vicina piscina nella quale si allenava. Disegnatore progettista, è impegnato in iniziative sociali e lo sport per lui è stato uno strumento fondamentale per affrontare la depressione e la guerra, per chi ha dovuto reinventarsi una vita, alla fine è solo un’altra sfida da affrontare e superare, lui che ha vinto l’oro all’Europeo di quest’anno e altri tre negli ultimi due Mondiali.

Andrii Trusov, ventiquattrenne, ha vinto sei medaglie a Tokyo e ha collezionato numerosi riconoscimenti come nuotatore paralimpico. Nato vicino a Sloviansk, città nell’oblast di Donetsk, ha conosciuto la prepotenza della Russia nel 2014.

Al nuoto ci è arrivato grazie a una donna che attaccava la carta da parati in casa sua, che convinse i genitori a portarlo in piscina per scoprire il nuoto paralimpico. Inizialmente gli dissero che a 11 anni era troppo ‘vecchio’ per diventare un atleta, poi però gli comunicarono che se avesse avuto davvero voglia ci avrebbe potuto provare. Pure lui è arrivato a Kamianske, come tutti gli altri della nazionale di nuoto paralimpica ucraina.

Con loro c’è anche la sedicenne Veronika Korzhova che ha perso entrambe le gambe quando era bambina.

Vita in comune

Veronika è stata catapultata a Kamianske nel 2022 perché la situazione a Soledar, distretto di Bakhmut, era diventata insostenibile e per lei è stato il momento più difficile: «Cambiare città, allenatori e compagni».

Vivono tutti in un sobborgo, vicino alle loro famiglie che affittano appartamenti in zona, e questo ha creato un forte senso di comunità, non solo in funzione della guerra ma anche per la preparazione a Parigi 2024, aiutandosi gli uni con gli altri per le esigenze quotidiane.

La sicurezza economica e il fatto di non essere stati abbandonati a loro stessi ha ridato a tutti fiducia nel futuro.

Nella piscina dove si sono allenati c’erano manifesti patriottici con le foto dei soldati ucraini al fronte e ogni volta che riusciranno a salire sul podio e a far suonare l’inno non sarà solamente una soddisfazione sportiva ma puro orgoglio nazionale. Dimostrando che lo sport non interrompe proprio niente, semmai, tra inni e bandiere, può acuire le distanze, al netto delle sensibilità personali. Anche in questo gli sportivi sono tutti uguali.

© Riproduzione riservata