L’inchiesta riguardava l’acquisto di un immobile per 800mila euro. Un’operazione considerata un escamotage dagli inquirenti e il cui intento finale era quello di accaparrarsi i fondi della regione. Dopo tre richieste di patteggiamenti presto partirà il processo per i commercialisti della Lega
I legali della regione Lombardia hanno deciso di non costituirsi parte civile nel processo riguardo all’inchiesta sulla Film commission. «Non solo la Giunta, ma anche il Consiglio regionale ritiene non necessario che la regione Lombardia si costituisca parte civile nel processo che coinvolge consulenti di un suo ente partecipato» scrive Paola Bocci, consigliera regionale del Partito democratico, in un post su Facebook. «Bocciata la mozione del Movimento Cinque stelle che ho sottoscritto, che chiedeva ciò che sollecitiamo da tempo. Ma cos’altro deve succedere perché riconosca il danno e il dolo?» ha concluso.
L’inchiesta
Le indagini degli inquirenti ruotano attorno all’acquisto immobiliare di un capannone a Cormano, nel Milanese, per mano della Lombardia Film Commission, una fondazione a partecipazione pubblica, avvenuto tra il 2017 e il 2018 al costo di circa 800mila euro. Secondo gli investigatori l’intera operazione era un escamotage per impossessarsi e spartirsi i fondi di circa un milione di euro stanziati dalla regione Lombardia.
Al centro dell’inchiesta ci sono i due commercialisti della Lega di Salvini, Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba, finiti ai domiciliari e che ora dovranno rispondere di turbativa d’asta, peculato, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. In sostanza, il procuratore aggiunto Eugenio Fusco contesta la spartizione di denaro pubblico proveniente dalle casse della regione Lombardia e andato a finire nel gruppo dei commercialisti del partito. Oltre a Manzoni e Di Rubba tra gli indagati risulta anche l’imprenditore Francesco Barachetti. Per i tre si avvicina il processo.
I patteggiamenti
Fino a oggi tre richieste di patteggiamento rilevanti hanno smosso le indagini. La prima è quella di Luca Sostegni, 62 anni, l’uomo che ha fatto da “prestanome” a Manzoni e Di Rubba e che a gennaio ha patteggiato 4 anni e 10 mesi. L’altro è Michele Scillieri, uno dei commercialisti di fiducia della Lega tanto che nel suo studio era stata domiciliata la “Lega per Salvini premier”, che ha chiesto al gip di Milano di patteggiare tre anni e otto mesi. A questa richiesta se ne aggiunge un’altra, quella del cognato di Scillieri, Fabio Barbarossa che ha chiesto due anni e due mesi e di versare una multa di 30mila euro. Entrambi sono accusati di peculato ed evasione fiscale.
In un processo che vede coinvolti uomini legati al partito della Lega, di cui il governatore Attilio Fontana ne è un diretto rappresentante, perché la regione Lombardia, parte lesa nell’intera vicenda, non ha deciso di costituirsi parte civile e fare chiarezza sull’accaduto?, è la domanda posta dall’opposizione e in primis dalla consigliera del Pd Paola Bocci.
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