«Ti do la possibilità di essere invitato, perché è un mondo dove nessuno sa quando escono le gare...è un mondo chiuso...quello dei Dis… diciamo i cosiddetti “servizi”». L’imprenditore Ennio De Vellis prometteva ai fratelli Massimiliano e William Fabbro, titolari della Fabbro Spa, entrature di primo livello per accaparrarsi appalti del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, i servizi segreti italiani.

Appalti più semplici da ottenere se si hanno i contatti giusti, perché, come gli dice De Vellis, è «un mondo dove le gare non vengono pubblicate, non sai chi partecipa, non sai che prezzi fanno, non puoi fare ricorso e quindi è un mondo dove la concorrenza è inesistente, e quindi non essendoci concorrenza ci sono delle marginalità più importanti. Quindi un mondo per gli appaltatori tipo ideale, no?». Le dichiarazioni sono agli atti dell’inchiesta della procura di Milano condotta dal pm Paolo Storari e dalla Guardia di finanza riguardo all’affidamento di una serie di commesse tra i quali quelli del ministero dei Trasporti. Undici persone indagate (tra cui i fratelli Fabbro), mentre agli arresti domiciliari ci sono il generale dell’Arma dei carabinieri Oreste Liporace e De Vellis.

Tutto è iniziato con un’altra inchiesta della procura di Milano su un presunto sistema corruttivo messo in piedi da un dirigente dell’ufficio acquisti della Fiera di Milano, Massimo Hallecker (militante di Fratelli d’Italia ed ex socio del deputato meloniano Marco Osnato) nella quale sono stati indagati anche i fratelli Fabbro.

Il generale

Liporace, già comandante del 2° reggimento allievi, marescialli, brigadieri di Velletri e ora direttore dell’Istituto Alti studi della Difesa, è stato sospeso con effetto immediato. Il generale è accusato di corruzione, turbativa e false fatture su un appalto da quasi 700mila euro per la fornitura dei servizi di pulizia della caserma Salvo d’Acquisto all’impresa Fabbro Spa.

Liporace sarebbe stato corrotto con 22mila euro, rivelano le carte, e diverse borse di lusso per un valore di 11mila euro. A questo si somma anche un noleggio auto con autista privato, biglietti per lo stadio Olimpico e uno per un ingresso alla Scala di Milano. Liporace vanta amicizie importanti e ama il lusso tanto che in alcuni messaggi al vaglio degli inquirenti Fabbro si congratula con lui per essersi fatto un bagno con lo champagne Dom Perignon.

Ma Liporace è anche un uomo molto sicuro dei suoi mezzi: «Scendo in campo soltanto quando, come si dice, quando la partita è difficile», diceva a un’interlocutore.

Al centro dell’inchiesta c’è Ennio De Vellis. Era lui che proponeva gli appalti del Dis ai Fabbro. A metterli in contatto Liporace. De Vellis avrebbe ottenuto dai Fabbro quasi 165mila euro con l’obiettivo di essere invitati a presentare offerte per le commesse della presidenza del Consiglio dei ministri. E nel 2020 hanno ottenuto un appalto triennale da 15 milioni di euro per il servizio di ristorazione presso alcune sedi della presidenza del Consiglio.

Mit e Vaticano

De Vellis si muoveva con agilità all’interno della pubblica amministrazione dove contava su conoscenze importanti, come quelle con Stefano Adriani, funzionario del Mit, e Lorenzo Quinzi, già dirigente generale dello stesso ministero e piazzato da Matteo Salvini a capo del dipartimento per gli affari generali e la digitalizzazione.

Solo Quinzi è indagato con l’accusa di turbata libertà degli incanti. De Vellis, è la tesi dei pm, avrebbe organizzato un «sistema per accaparrarsi le commesse del Mit» dal valore di centinaia di migliaia di euro in cambio regali.

Grazie a Quinzi lo scorso dicembre l’azienda Deveris costruzioni srl di De Vellis avrebbe ottenuto un «affidamento diretto» di lavori con procedura di «somma urgenza» dal valore di circa 171mila euro per la rimessa in sicurezza della facciata del Mit a Roma.

Il nome di Quinzi era già emerso nel 2014 nell’ambito dell’inchiesta sul Mose di Venezia, una delle più grandi indagini sulla corruzione in Italia. All’epoca non era indagato ma risultava tra i funzionari ministeriali a disposizione del consorzio Venezia Nuova, la società che si occupava della realizzazione della maxi opera.

In un’altra intercettazione Adriani annuncia all’imprenditore De Vellis che gli deve parlare di due «ragazzotti», si tratta di «gente di fiducia, che va lì dal ministro». I loro nomi non sono scritti nelle carte e non è chiaro se Adriani si riferisse al ministro per cui lavora, cioè Salvini, o a qualche altro dicastero del governo. Intanto le perquisizioni hanno riguardato anche gli uffici del Mit.

I “soli” appalti pubblici, però, non erano sufficienti per i Fabbro. Nel 2022 puntavano alla Santa Sede. Per questo pagavano – tramite fatture false da 208mila euro – un imprenditore con la promessa di mediare con il segretario del Cardinale Francesco Coccopalmerio e con Padre Alfonso de Ruvo, al fine di «ottenere appalti all’interno del Vaticano e dall'Ordine dei Frati Francescani». Un “investimento” non andato a buon fine.

Per gli inquirenti, l’inchiesta rischia di allargarsi. Troppi gli elementi ancora da approfondire che fanno «pensare all’esistenza di condotte di maggiore portata di cui il Liporace potrebbe essere protagonista».


In una precedente versione dell’articolo abbiamo scritto erroneamente che Massimiliano e William Fabbro sono stati raggiunti dalla misura cautelare degli arresti domiciliari. Dalle carte, invece, risultano soltanto indagati. Ce ne scusiamo con i lettori e con i diretti interessati.

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