- Francesco Tagliente è stato questore di Firenze, di Roma, ma anche prefetto di Pisa e, negli anni novanta, ha guidato la sala operativa. Oggi è in pensione, ma conosce la strada dove ha iniziato da poliziotto e come si gestisce una piazza e l’ordine pubblico.
- Alla vigilia delle nuove manifestazioni di piazza, Tagliente non ha dubbi sulla strada maestra da seguire. «Meglio l’inchiostro del manganello», dice. Tradotto significa privilegiare la strada del dialogo.
- «Le difficoltà sono aumentate a dismisura anche perché i social hanno dimostrato il loro potere nel rendere possibile il coinvolgimento di moltissime persone nel giro di pochissimo tempo.
Francesco Tagliente è stato questore di Firenze, di Roma, ma anche prefetto di Pisa e, negli anni novanta, ha guidato la sala operativa della questura della capitale. Oggi è in pensione, ma conosce la strada dove ha iniziato da poliziotto e come si gestisce una piazza e l’ordine pubblico.
Alla vigilia delle nuove manifestazioni di piazza, Tagliente non ha dubbi sulla strada maestra da seguire. «Meglio l’inchiostro del manganello perché produce maggiore consapevolezza, più efficacia deterrente e ha anche una più efficace funzione rieducativa», dice.
Tradotto significa privilegiare la strada del dialogo. «Nel 2003, da presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, a chiedere con forza l’introduzione nel nostro ordinamento l’istituto dell’arresto in “flagranza differita” quando non sia possibile procedere immediatamente all’arresto per ragioni di sicurezza. Questa è la cultura che continua ad essere coltivata da chi gestisce si strada le manifestazioni».
In queste settimane si discute di ordine pubblico e della gestione delle piazze. Il caso degli studenti manganellati è fino anche in Parlamento, si tratta di un errore specifico o di una gestione dell'ordine pubblico che paga altre mancanze?
Non mi piacciono i professori del giorno dopo e le generalizzazioni. Ogni manifestazione ha due imprescindibili elementi: il dialogo con i manifestanti e la capacità da parte degli organizzatori di gestire i partecipanti evitando iniziative estemporanee che possano creare pericolose “incomprensioni”. Detto questo va sottolineato che non esiste un dispositivo unico di gestione dell'ordine pubblico universalmente valido. Ci sono certamente norme, regolamenti e le buone prassi ma più di tutto conta la capacità di saper dialogare. Se devo trovare l’elemento caratterizzante gli scontri di piazza, direi che è proprio questo: non trovare un canale di comunicazione.
Il susseguirsi di norme eccezionali per contenere il virus, la comunicazione spesso contraddittoria sull’andamento della pandemia ha logorato molti cittadini. È chiaro che Il diritto di manifestare le proprie opinioni e il proprio dissenso è e deve restare inviolabile.
Quanto ritiene difficile la gestione dell'ordine pubblico in questo periodo pandemico?
Questa emergenza pandemica ha messo a dura prova la gestione delle piazze con un susseguirsi di manifestazioni di alta conflittualità sul piano sociale.
Il primo elemento è l’estrema eterogeneità dei manifestanti: chi ha legittimi interessi economici perché opera in settori particolarmente penalizzati, chi per convinzioni legate a stili di vita e di cura “alternativi”, e poi una galassia molto ampia di soggetti più vicini all’eversione che cerca di conquistare spazi e consensi.
Da questo punto di vista non vedo grandi differenze tra le formazioni ed i soggetti legati all’ultra destra, all’ultra sinistra e al mondo anarcoide.
In un tale contesto le difficoltà sono aumentate a dismisura anche perché il web ed i servizi di “istant messaging”: whattsapp, telegram e simili, per intenderci, hanno dimostrato il loro potere nel rendere possibile il coinvolgimento di moltissime persone nel giro di pochissimo tempo. Ci siamo trovati a gestire manifestazioni non preavvisate ed organizzate nel giro di pochissimo tempo. scenari impensabili fino a poco tempo fa.
La mancanza di preavviso, oltre ad essere un illecito, è soprattutto la mancanza di un interlocutore con cui il responsabile del servizio ed i suoi collaboratori possono trovare un utile e sistematico confronto.
Da questo punto di vista sembra essere venuta meno la capacità di mediazione che gruppi politici, sindacati e parti sociali sapevano garantire attraverso un confronto, anche aspro, con le autorità di pubblica sicurezza.
La ministra Luciana Lamorgese deve restare al suo posto, promuove il suo operato? Come valuta le critiche arrivate da più parti?
Ritengo ingenerose le critiche alla ministra Lamorgese.
Certamente una ministra tecnica che lavora in un contesto di partiti politici appartenenti da una parte alla stessa maggioranza ma con idee ed elettori profondamente diversi, si trova sistematicamente in condizioni che rendono le proprie scelte particolarmente difficili.
Per quanto mi riguarda penso che uno “stato di emergenza” dovrebbe imporre un senso di responsabilità forte a tutti, senso di responsabilità che dovrebbe ritrovarsi anche nei toni, nei tempi e nei modi in cui si muovono delle critiche.
Mi permetto di auspicare anche un maggiore equilibrio nella comunicazione. Criticare l’operato delle forze dell’ordine è un conto, ma altro conto è descrivere scenari in cui si parla di strategia del manganello, o, peggio ancora, invitando a sfilare con il braccio teso facendo intendere una deriva fascista delle nostre donne e uomini in uniforme. È falso, ingiusto e pericoloso.
Cosa manca alla polizia in termini di uomini e revisione normativa?
Serve sicuramente ricorrere ad assunzioni di giovani per ripianare organici gravemente sofferenti da anni e per “svecchiare” una polizia che ha l’età media più alta in Europa.
Serve sicuramente rivedere le norme in tema di preavviso e di responsabilità dei promotori tenendo conto dei mezzi informatici.
Spero inoltre che arrivino effettivamente le telecamere da utilizzare nei servizi di ordine pubblico e soprattutto che venga autorizzata la loro diffusione anche per informare l’opinione pubblica. L’operazione più importante per evitare narrazioni di parte è rendere i momenti di protesta eventi che possano essere visti e giudicati da tutti. Brecht avrebbe voluto vivere in una casa di cristallo dove tutto e visibile. Io vorrei lo stesso per le piazze.
Come si esce da questa fase di scontro permanente?
Da questa situazione si esce con la politica del doppio binario. Massima attenzione a garantire il diritto a manifestare il disagio e rigore estremo nei confronti dei professionisti della violenza di piazza. Rigore che deve riguardare non solo le forze dell’ordine ma anche gli organizzatori che devono evitare di “diventare ostaggio” di questi soggetti.
Abbiamo riscontri evidenti di come, per esempio, a Roma esponenti di estrema destra abbiano messo in difficoltà manifestanti non certo inclini a gesti di particolare violenza.
Purtroppo alcune manifestazioni sono state infiltrate da gruppi che cercavano disordini. Bisogna continuare a lavorare per ridurre il rischio che le legittime proteste possano essere strumentalizzate da chi intende alimentare violenze e attacchi contro le istituzioni e forze di polizia. Per garantire il diritto di manifestare e di esprimere il disagio sociale, compreso quello dei tanti giovani e degli studenti che legittimamente intendono far sentire la loro voce, bisogna cercare con tutti i mezzi il dialogo con gli organizzatori favorendo il preavviso, l’ascolto, la mediazione su luogo tempo e modalità delle manifestazioni.
Dopo l'assalto alla Cgil, la polizia potrebbe aver cambiato strategia o sono cose completamente separate che, erroneamente, vengono collegate?
Mi creda, l’assalto alla Cgil è stato il drammatico risultato di una tempesta perfetta: da un numero di partecipanti non prevedibile e senza precedenti in altre situazioni, alla necessità di difendere più obiettivi contemporaneamente con poche risorse, all’impossibilità con quelle poche risorse di chiudere in modo adeguato tutte le vie di accesso.
Abbiamo pagato e paghiamo quanto accaduto quel giorno a caro prezzo. Nonostante si sia proceduto ad individuare ed arrestare gli autori (ancora oggi sottoposti a misura cautelare), troppi opinionisti continuano a sostenere tesi "cospirazioniste" che poi si traducono in una maggiore rabbia di piazza.
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