- Da quanto risulta a Domani, è l’ultimo tesoriere a finire nuovamente sotto indagine: Giulio Centemero. I ndagato con il suo predecessore, Stefano Stefani, in un’inchiesta per truffa iniziata dalla procura di Genova e trasmessa a Milano per competenza.
- Gli atti sono stati inviati dal procuratore genovese Francesco Pinto al procuratore aggiunto Eugenio Fusco, che nel capoluogo lombardo segue gli altri filoni investigativi sulla Lega e che ora deve decidere se seguire le indicazioni dei colleghi genovesi, cambiare ipotesi di reato oppure archiviare.
- Il reato di truffa contestato a Centemero e a Stefani dai pm genovesi è riportato nell’atto di trasmissione degli atti alla procura di Milano. Le indagini affidate alla guardia di finanza hanno rilevato una serie di anomalie nella gestione dei rimborsi elettorali per le regionali del 2013
La maledizione dei tesorieri della Lega non è il titolo di un film d’avventura, sembra piuttosto il destino di chi ricopre il ruolo di amministratore delle finanze del partito che fu di Umberto Bossi, poi di Roberto Maroni e ora di Matteo Salvini: in principio con Tangentopoli fu Alessandro Patelli a essere condannato per finanziamento illecito, sempre con Bossi segretario, in anni più recenti, è toccato a Francesco Belsito, considerato l’architetto della truffa dei 49 milioni sui rimborsi elettorali. Ora, da quanto risulta a Domani, è l’ultimo tesoriere a finire nuovamente sotto indagine: il deputato Giulio Centemero. Indagato con il suo predecessore, Stefano Stefani, in un’inchiesta per truffa iniziata dalla procura di Genova e trasmessa a Milano per competenza. Gli atti sono stati inviati dal procuratore genovese Francesco Pinto al procuratore aggiunto Eugenio Fusco, che nel capoluogo lombardo segue gli altri filoni investigativi sulla Lega. Una collaborazione tra i due uffici che va avanti da tempo.
Per l’attuale tesoriere della gestione Salvini sarebbe la terza indagine nel giro di quattro anni. Attualmente, infatti, è imputato per finanziamento illecito a Milano e Roma: accusato di aver usato l’associazione Più Voci per veicolare donazioni degli imprenditori nelle casse della Lega.
Tesoriere di Salvini
Il reato di truffa contestato a Centemero e a Stefani dai pm genovesi è riportato nell’atto di trasmissione degli atti alla procura di Milano. Le indagini affidate alla guardia di finanza hanno rilevato una serie di anomalie nella gestione dei rimborsi elettorali per le regionali del 2013. Il primo a finire tra gli indagati è stato l’attuale assessore alla Cultura della giunta regionale lombarda, Stefano Bruno Galli. Anche per lui l’ipotesi è truffa per fatti contestati quando lui era nell’organo direttivo dell’associazione “Maroni presidente”, che aveva l’obiettivo di sostenere la lista in corsa per le regionali del 2013 vinte appunto da Maroni, che dopo l’elezione ha lasciato la segreteria del partito a Salvini.
Secondo i pm di Genova, però, attraverso l’associazione “Maroni presidente” sarebbero transitati i rimborsi elettorali per le elezioni regionali del 2013 ricevuti dalla Camera dei deputati. In effetti dall’analisi dei bonifici ricevuti dall’associazione c’è traccia dei pagamenti effettuati dagli uffici di Montecitorio, che ha versato in più tranche 745 mila euro di rimborsi all’associazione. Fin qui nulla di anomalo, i rimborsi spettano alle liste che corrono alle elezioni, ma non possono essere usati per sostenere altri movimenti politici collegati. Perciò è il giro successivo compiuto da parte di questi fondi a insospettire gli investigatori: l’associazione ha versato alla Lega in due momenti diversi 450 mila euro. Inizialmente il versamento è stato giustificato come erogazione liberale. Tuttavia durante un riunione del 21 dicembre 2015 cui hanno partecipato i membri del consiglio direttivo dell’associazione e anche il tesoriere attuale della Lega, Centemero ha cambiato le carte in tavola e ha chiesto che l’erogazione fosse ridefinita come «prestito che l’associazione si impegnava a restituire», si legge negli atti dell’indagine sull’associazione “Maroni presidente”.
I sospetti sui rimborsi elettorali maturano dopo l’esposto presentato da Marzo Tizzoni, eletto nella “Lista Maroni presidente”, oggi consigliere comunale di una lista civica a Rho, provincia di Milano. Tizzoni dice a Domani: «Ho capito che c’era qualcosa che non andava poco dopo l’elezione, perché dei 12 eletti in consiglio, nove non sapevano dell’esistenza di questa associazione». Tizzoni chiede conto ai referenti della lista del prestito da 450 mila euro da restituire alla Lega: «Avevo chiesto di mostrarmi un documento, qualcosa di scritto, ma non c’era uno straccio di carta, a quel punto mi dissero di farmi gli affari miei». Tizzoni, sentito come testimone dai magistrati di Genova, è ancora deluso dal comportamento di chi gli aveva garantito che la lista non era progetto di corto respiro ma un laboratorio politico da coltivare e radicare sul territorio: «Hanno preso in giro 550 mila elettori lombardi, tanti erano i voti della lista, un movimento civico per sostenere Maroni non per dare soldi alla Lega».
Indagine in corso
Ora toccherà ai magistrati di Milano decidere come proseguire con l’indagine. Non è scontato, infatti, che mantengano l’impostazione dei loro colleghi genovesi. Potrebbero archiviare, aggiungere ipotesi di reato oppure chiudere l’indagine così come l’hanno ricevuta.
A valutare il dà farsi saranno i pm che hanno portato a processo i commercialisti della Lega, Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba, condannati per aver distratto soldi pubblici tramite una compravendita immobiliare effettuata dalla fondazione Lombardia Film Commission, controllata dalla regione, quando Di Rubba era il presidente. Vicenda che è solo un rivolo di un’inchiesta segreta che vede una decina di indagati sulla cui identità c’è ancora il massimo riserbo.
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