Appartamenti, uffici, alberghi. Poi la high street gallery e una food hall. Insomma una città nella città quella al centro di “WaltherPark”, il progetto in costruzione a Bolzano finito nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo della Procura di Trento che ha sventato una presunta associazione a delinquere in grado di influenzare e controllare le principali iniziative della pubblica amministrazione, specie nel settore della speculazione edilizia.

Sono nove le misure cautelari eseguite questa mattina dai carabinieri e dagli uomini della finanza: ai domiciliari sono finiti la sindaca leghista di Riva del Garda Cristina Santi, figlia di Bruno, già primo cittadino in quota Dc, e l’ex senatore Vittorio Fravezzi, nonché gli imprenditori Renè Benko, Heinz Peter Michael Hager e Paolo Signoretti.
Proprio il magnate austriaco Benko – ritenuto da chi indaga a capo del gruppo affaristico che risponde a vario titolo di truffa, turbativa d’asta, finanziamento illecito ai partiti, traffico di influenze illecite, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e a diversi reati contro la pubblica amministrazione – nelle scorse ore si è presentato alla Polizei direktion di Innsbruck, dove è stato sentito dagli inquirenti. Nonostante il mandato d’arresto europeo richiesto dai pubblici ministeri, Benko, fondatore di Signa e coinvolto in varie indagini sia in Italia sia in Austria, resta a piede libero.

Agli arresti domiciliari anche gli architetti Fabio Rossa e Andrea Saccani, il giornalista Lorenzo Barzon e la dirigente del comune di Bolzano per l’ufficio gestione del territorio Daniela Eisenstecken. Le indagini coinvolgono ben settantasette persone, tra cui figurano ulteriori amministratori pubblici e imprenditori.

Non è un caso che nel lungo elenco degli iscritti nel registro degli indagati risultino il sindaco dem di Arco, Alessandro Betta; il consigliere di Fratelli d’Italia del Comune di Trento, Andrea Merler e il collega, sempre di area centrodestra, Fabrizio Guastamacchia; l’avvocato, in passato molto vicino a Forza Italia, Nicola Giuliani; l’ex consigliere provinciale del Pd, Luca Zeni. E poi tra gli indagati ci sono anche l’ex senatore Siegried Brugger e il più volte assessore provinciale di Bolzano Werner Frick. Tra gli imprenditori Josef Gostner, l’altoatesino che nel 2017 strappò il controllo di Alerion al colosso dell’energia Edison, riuscendo così a scavalcare negli affari anche Enel Green Power, insieme ad altri membri della sua famiglia.

Mondi, dunque, che si intersecano, insieme ai «favoritismi», alle «tangenti», alle «pressioni» e alle «anomalie» di cui parlano. Si parla per l’appunto di «consorteria» nelle carte giudiziarie. O meglio di una «rete di contatti in grado di proporre, sollecitare ed intervenire sulle pubbliche decisioni, in più occasioni anche con condotte minatorie ed aggressive».

Da un lato, pertanto, gli imprenditori mentre dall’altro «la pubblica amministrazione – si legge ancora negli atti della procura di Trento –, gli organi rappresentativi, gli esercenti libere professioni, con l’intrusione nel mondo bancario e in quello delle forze dell’ordine».

Tutti pronti a contribuire al “disegno criminoso” di chi ha cercato di «ottenere vantaggi del tutto indebiti con l’aggiramento delle regole». «Così sono un po’ più puliti», dirà, intercettato, uno degli imprenditori indagati in riferimento alla retrodazione della sottoscrizione di un contratto. Una registrazione, forse, emblematica della consapevolezza con cui si agiva.

I PROGETTI NEL MIRINO

Ma non c’è solo il “WaltherPark” tra i progetti finiti sotto la lente degli investigatori. In base a quanto risulta a questo giornale le contestazioni riguarderebbero anche la realizzazione del Gries Village di Bolzano e cioè di quello che sarebbe dovuto essere un vero e proprio nuovo quartiere dotato di tutti i comfort.
Poi, tra gli altri, anche i lavori di riqualificazione di un hotel ad Arco, comune in provincia di Trento, sono stati attenzionati dalla procura. Il reato di turbativa d’asta si contesterebbe inoltre per i lavori nell’ex area merci della stazione di zona Porta Nuova a Verona, mentre quello di turbata libertà degli incanti per una vendita giudiziaria indetta dal tribunale di Pavia riguardante l’istituto di cura Santa Margherita.
In pratica molti degli imprenditori coinvolti si sarebbero resi disponibili a finanziare le campagne elettorali di amministratori pubblici, ottenendo poi agevolazioni, procedure semplificate e concessioni per iniziative immobiliari. Un esempio? Dalle carte emerge quanto riguarda Paolo Signoretti, Alessandro Betta e Luca Zeni. «Il primo in qualità di presidente del Cda e ad di Heliopolis spa, il secondo in qualità di sindaco di Riva del Garda, aspirante candidato alle elezioni provinciali, e il terzo in qualità di consigliere provinciale, aspirante candidato alle elezioni nazionali – si legge negli atti –, si accordavano affinché l’imprenditore sostenesse segretamente le spese relative alla campagna di comunicazione politica anche a mezzo social, dei due esponenti politici del partito democratico, per un ammontare complessivo di euro 46.970,00, addebitandone i relativi costi alla società riconducibile a Signoretti (...) senza che i contributi elargiti venissero regolarmente iscritti nei bilanci della società».

In più «l’attività di propaganda politica veniva affidata alla società Positivo srl di Milano alla quale veniva richiesta emissione della fattura recante causale tale da dissimulare la riconducibilità delle stesse all’attività svolta in favore di Alessandro Betta e Luca Zeni».

PUNIRE CHI NON SI CONFORMA AL “SISTEMA”

Tutto questo in cambio di cosa? A rispondere saranno i giudici. L’inchiesta d’altronde è ancora aperta. 

Sempre da quanto appreso da Domani, non mancano ulteriori episodi corruttivi: tra questi ci sarebbe pure la cessione di un terreno camuffata da fatture inesistenti che coinvolgerebbe un noto avvocato di Trento, con incarichi in una società partecipata dalla Provincia.
L’inchiesta sarebbe iniziata nel 2019 a seguito di un accesso abusivo al sistema informatico di una dipendente del Comune di Bolzano. Il Gip ha condiviso la contestazione dell'utilizzo del metodo mafioso per il reato di associazione per delinquere ipotizzato dalla procura.
L'intimidazione, spiegano fonti investigative a Domani, è «stata declinata nelle forme del condizionamento e della sopraffazione, di una aggressiva attività ad excludendum (compiuta con varie modalità) e della prospettazione di capacità punitiva nei confronti di quanti non si fossero conformati al “sistema"».
In che modo? Le stesse fonti spiegano che il metodo «si palesava nei confronti dei dipendenti ed amministratori pubblici come un coacervo di fatti illeciti compiuti con spregiudicatezza, con prospettate protezioni. La capacità intimidatrice manifestata, di per sé idonea ad integrare l'aggravante, non si arrestava ad uno stadio preliminare e minatorio, ma aveva continue e gravi attuazioni, che finivano per avere carattere esemplare e dissuasivo per tutti i soggetti che, a vario titolo, venivano coinvolti nelle vicende affaristiche della consorteria».
Da qui campagne stampa denigratorie attraverso l’utilizzo di mass media, o l’utilizzo di pressioni giudiziarie, con «iniziative infondate», ma in grado di «piegare i soggetti riluttanti, per numero e peso economico delle controversie».
Nel frattempo il presidente leghista della provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, commenta la maxi inchiesta della procura con queste parole: «Si tratta di una notizia che ci coglie di sorpresa, soprattutto perché conosciamo gli amministratori pubblici che vengono chiamati in causa e in diverse occasioni abbiamo apprezzato l’impegno e lo scrupolo con cui hanno sempre esercitato la loro funzione al servizio delle comunità di riferimento. Non possiamo che riporre la nostra fiducia nei confronti della magistratura».

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