- La denuncia presentata a dicembre 2020 era incentrata sull’enorme impiego di denaro che la Fifa di Blatter aveva stanziato per l’apertura del museo del calcio, con particolare riferimento all’oneroso contratto d’affitto col colosso assicurativo Swiss Life.
- Un rapporto investigativo commissionato a un’agenzia specializzata ha prefigurato l’esistenza di una stanza a prova di cimici all’interno dell’abbazia. Sarebbe servita a Blatter anche per incontrare i dirigenti di Swiss Life.
- Secondo il Tribunale zurighese, la ricostruzione è però priva di fondamento. Rimane il danno d’immagine per l’abbazia e per la sua guida, verso cui Infantino non ha ancora speso una parola di ammenda.
L’abate aspetta ancora le scuse dal presidente della Fifa. È una storia grottesca, quasi una parodia di Dan Brown, l’ultima puntata della faida tra Gianni Infantino e il suo predecessore, Joseph Blatter. Si è risolta in nulla in tribunale, ma ha provocato un danno d’immagine a un terzo soggetto coinvolto, l’abbazia benedettina di Einsiedeln, nel Canton Svitto, luogo di culto fra i più importanti in Svizzera. Secondo la ricostruzione elaborata a supporto di una denuncia penale presentata dalla Fifa di Infantino contro la vecchia gestione di Blatter, una stanza dell’abbazia sarebbe stata trasformata in un bunker a prova di intercettazioni, usata dall’ex presidente per condurre le sue riunioni segretissime. L’ipotesi è stata rigettata dal Tribunale di Zurigo, con motivazioni anche parecchio severe nei confronti di chi l’aveva avanzata. Rimane la macchia sulla reputazione dell’abbazia e del prelato che all’epoca la reggeva, scaraventati senza un perché in quell’arena da lottatori nel fango che il calcio mondiale è diventato.
Il fine teologo e quell’amicizia ingombrante
Il prelato si chiama Martin Werlen. Classe 1962, teologo fra i più stimati, è autore di un libro recente che ha suscitato un vivo dibattito e si avvale di una prefazione a cura del cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana. Il titolo del libro è “Dove andremmo a finire? Una Chiesa che osa la conversione”. In quelle pagine esorta la chiesa a ritrovare la via della semplicità.
Werlen è stato abate di Einsiedeln dal 2001 al 2013, ma ciò che più conta è nativo di Obergelsten, Canton Vallese, curiosamente lo stesso in cui sono nati anche gli ultimi due presidenti della Fifa: Joseph Blatter a Visp, Gianni Infantino a Briga. Fra i due, Werlen può dirsi dalla parte di Blatter. Sono amici di vecchia data e l’affetto fra i due è talmente sincero da aver indotto l’abate a testimoniare pubblicamente solidarietà verso Blatter nei giorni di fine maggio-inizio giugno 2015, quando il blitz presso l’hotel Baur au Lac ha decapitato un’intera classe dirigente dentro la Fifa. Un gesto per niente scontato, in quei giorni che vedevano l’ex presidente Fifa toccare gli indici di gradimento più bassi presso l’opinione pubblica mondiale. Ma negli anni a venire quell’amicizia è diventata elemento scomodo per tutt’altro motivo. Con l’abate, dal 2020 passato a svolgere il proprio ministero presso l’abbazia austriaca di Propstei Sainkt Gerold, tirato dentro l’interminabile guerra giudiziaria fra i suoi due conterranei.
Il museo
Tutto parte da una denuncia che la Fifa di Infantino sporge a dicembre 2020 contro la Fifa di Blatter presso la procura di Zurigo. Una mossa che fa parte di una catena di azioni giudiziarie promosse dal nuovo presidente, ossessionato da un’ansia di discontinuità rispetto al predecessore.
In questo caso l’oggetto è una delle imprese più infelici dell’era Blatter: il museo della Fifa, con sede alla Seestrasse di Zurigo, inaugurato nel 2016, l’anno in cui Infantino è stato eletto per la prima volta capo del calcio mondiale. Il museo si è rivelato un buco nero, sia per numero di visitatori sia in termini finanziari. Su questi ultimi si è appuntata la denuncia di fine 2020. Un flop da 500 milioni di franchi svizzeri (in euro sono quasi 513 milioni), suddivisi fra 140 milioni di franchi per la realizzazione e ben 360 impegnati per un contratto di locazione dell’edificio, con scadenza fissata per l’anno 2045. La proprietaria dell’immobile è la Swiss Life, la più importante compagnia assicurativa elvetica nel ramo delle polizze vita. Aveva dovuto tenerlo sfitto per tre anni. Oltre che nei riguardi di Blatter, la denuncia è stata indirizzata contro Jérôme Valcke, segretario generale della Fifa fino a gennaio 2016, quando è arrivato il licenziamento, per essere stato travolto anche lui da uno scandalo di corruzione, dal quale è poi uscito parzialmente assolto.
La magistratura zurighese conduce le indagini e alla fine dello scorso mese di marzo le porta a conclusione con un verdetto che si trasforma in un autogol per chi denunciava. Non soltanto è giunta un’archiviazione che certifica il regolare operato della Fifa di Blatter, ma c’è stato anche spazio per rilievi insolitamente severi nei confronti del querelante. Si parla di “pura speculazione”, di “teorie complottiste”, di uno scenario “nemmeno lontanamente credibile”. Certamente ce n’è abbastanza per dare la possibilità a Blatter di passare al contrattacco sul piano legale. Ma cosa mai avrà motivato frasi così severe da parte dei giudici che hanno disposto l’archiviazione?
La stanza dell’abbazia a prova di cimici
Tutto ruota intorno a un “rapporto investigativo” con cui la Fifa ha corredato la denuncia contro Blatter. A stilarlo sarebbe stata AlixPartners, società di consulenza globale. Nelle carte presentate presso la procura zurighese a supporto della denuncia viene fuori un dettaglio romanzesco: fra il 2009 e il 2011 Blatter avrebbe tenuto incontri segreti presso l’abbazia di Einsiedeln. Nello specifico, gli incontri si sarebbero tenuti in una stanza resa impermeabile alle intercettazioni in seguito ai lavori di adattamento effettuati da una società specializzata tedesca. E tutto ciò sarebbe stato possibile grazie alla disponibilità dell’abate Werlen, che oltre a essere amico di Blatter avrebbe ricevuto nel corso del tempo donazioni per 50mila franchi svizzeri. Nella stanza segreta, secondo quanto viene ricostruito nel rapporto investigativo, si sarebbero tenuti anche gli incontri fra Blatter e i dirigenti di Swiss Life, durante i quali sarebbero stati presi accordi per il contratto di locazione del futuro museo Fifa. Per supportare questa tesi, all’incartamento sarebbe stato allegato un grafico intitolato “Gli straordinari contatti d’affari del monastero di Einsiedeln”.
Quello appena menzionato non è l’unico supporto cartografico allegato. Nel fascicolo trovano posto anche una planimetria dell’abbazia e alcune foto, ottenute da testimoni la cui identità viene mantenuta riservata, dalle quali si evincerebbe l’esistenza di questa stanza segreta.
Tutto molto suggestivo, ce ne sarebbe di che imbastire una fiction sul lato oscuro del calcio mondiale e sulla sua inguaribile propensione verso l’intrigo e la corruzione. Tuttavia c’è un problema: quella stanza segreta non esiste. E dunque non esistono nemmeno gli apparati di insonorizzazione, né tracce di incontri segreti tenuti nel luogo sacro. Così dice il Tribunale di Zurigo, che nell’archiviare la denuncia, bolla severamente le tesi e le “prove” a supporto. E la questione finirebbe lì, se non fosse che insieme alla notizia dell’archiviazione si diffonde tutto il contorno della trama da thriller complottistico di Serie Z.
Le scuse mai arrivate
Fra i primi ad averne notizia è stato proprio Blatter. Smaltito lo stordimento per una notizia così strampalata, si è messo subito in contatto con l’amico abate per chiedergli se nell’abbazia di Einsiedeln esista davvero quella stanza lì. L’amico Martin Werlen gli ha risposto che no, per quale motivo dovrebbe esserci una stanza protetta dalle intercettazioni in un luogo sacro? Cosa avrebbe mai dovuto tenere nascosto? Posizione ribadita da Werlen ai cronisti di Ch.Media dopo aver visionato la foto della presunta stanza: «Non l’ho mai vista, non so dove si trovi, sicuramente non è nell’abbazia di Einsiedeln». Ma allora come la mettiamo?
La mettiamo che in termini giudiziari la vicenda risulta chiusa, a meno che non provveda Blatter a riaprirla. Ma rimane in sospeso il danno d’immagine nei confronti dell’abbazia e del suo ex abate, tirati per i capelli dentro una storia che avrebbe dovuto rimanere interna al vasto laboratorio dei veleni Fifa. Per questo Werlen si aspetta le scuse da parte di Infantino. Ne ha riferito la testata Aargauer Zeitung lo scorso 17 maggio. Lo ha ribadito il sito Catt.ch nei giorni scorsi. Un’attesa fin qui infruttuosa. Il presidente della Fifa è troppo impegnato a sognare il Nobel per la Pace, figurarsi se si cura di un abate e delle sue esigenze di pubblica reputazione.
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