- Italia già qualificata e ancora indecisa se le convenga passare da prima o da seconda. Galles quasi qualificato, a meno di una concatenazione di risultati molto improbabile. Dove starebbe la necessità del patto di non aggressione?
- Eppure nei giorni scorsi è stato alimentato un surreale dibattito sulla necessità di rifiutare il biscotto. Il ct Roberto Mancini ha dovuto pure rispondere sul tema nella conferenza stampa della vigilia.
- Ma le vere rinunce al risultato di comodo sono altre. Bisogna essere nelle condizioni di rischiare sul serio l’eliminazione. In quel caso, i paladini dei ‘supremi valori dello sport’ direbbero le stesse cose di queste ore?
Pubbliche campagne per la costruzione della superiorità morale Italiana. Nell'idillio di massa tendente dismisura che circonda la nazionale azzurra guidata da Roberto Mancini capita di assistere anche a questo. In cerca di un motivo che desse un po' di pepe a una sfida altrimenti priva di elettricità emotiva, come quella che metterà di fronte oggi alle 18 Italia e Galles sul terreno dell'Olimpico di Roma, ci si è inventati un motivo per generare coinvolgimento. E instillare un'altra goccetta di botulino a questo orgoglio da neo-italiani di cui la squadra azzurra pare essere diventata il motore primo.
Il motivo è stato incorporato in uno slogan: «No al biscotto!». Che significa rifiuto preventivo di un pareggio di comodo per entrambe le squadre, risultato che permetterebbe agli azzurri di blindare il primo posto nel girone e ai gallesi di scacciare le (remote) possibilità di essere scalzati dalla nazionale svizzera nella corsa al secondo posto. Una campagna surreale, che però si è imposta nel dibattito della vigilia e ha persino obbligato il commissario tecnico a prendere posizione sul tema.
La rinuncia
E cosa mai avrebbe potuto fare Roberto Mancini, se non pronunciare la frase che qualsiasi allenatore alla vigilia di qualsiasi partita (si tratti della terza del girone in una fase finale di torneo internazionale o dell'ultima di campionato in Eccellenza) esternerebbe: noi giochiamo sempre sul serio e onoriamo lo sport. Una presa di posizione che, come da copione, è stata accolta come conferma di una neo-italianità calcistica che assolutamente rifugge furbate e tentazioni speculative. Fatece largo che siamo belli e pure onesti.
E va bene tutto, poiché quando parte la bambola della retorica di massa anche un cerino pare cometa. Tuttavia qualche considerazione minimamente controcorrente va fatta. Perché passi annunciare io rifiuto del pareggio di comodo, in attesa di vedere quale sarà l'effettivo atteggiamento delle squadre in campo. E passi pure accogliere questo segnale come una dimostrazione di “volere onorare lo sport” (frase da convegni del Panathlon che ogni volta suscita un meraviglioso senso d'inattualità). Ma in ultima analisi, in questa preannunciata rinuncia al biscotto, cosa si sarebbe di così moralmente esemplare? Soprattutto: che diamine di rinuncia sarebbe?
Basta guardare la classifica per capire quanto stucchevole e vagamente ridicolo sia il dibattito sul biscotto andato in onda nelle scorse 48 ore. L'Italia è stata la prima qualificata agli ottavi e adesso sta soltanto cercando di capire se passare come prima del girone sia un vantaggio o una fregatura. Dal canto il Galles avrebbe grandi probabilità di passare come secondo anche in caso di sconfitta, e se pure scivolasse al terzo posto del girone rientrerebbe quasi certamente fra le migliori terze. E dunque, date queste condizioni di partenza, dove starebbero l'eroismo e la dimostrazione di supreme qualità morali di una rinuncia al biscotto?
Il rischio vero
È un po' come rinunciare ai ticket restaurant aziendali quando si dispone di tavolo fisso e pasto gratis nel ristorante stellato dietro l'angolo. Spaccereste un gesto del genere come dimostrazione di supreme virtù etiche e di patriottismo aziendale? Come direbbe il saggio, fatevi la domanda e datevi la risposta. Dopodiché guardate a quelle che sono le “vere” condizioni per biscottare una partita, quelle che “davvero” renderebbero eticamente qualificante la rinuncia all’accomodamento.
Per esempio, le condizioni che precedono la partita di domani pomeriggio a Bucarest fra Ucraina e Austria. Ma ancor più, e giusto per rimanere a un precedente che ci riguarda e ancora brucia, quelle cui si arrivò all'ultima giornata del girone eliminatorio di Portogallo 2004: Svezia e Danimarca in testa con 4 punti, Italia dietro con 2 punti e Bulgaria ultima con 0 punti. Con le due nordiche a affrontarsi nell'ultima gara, si sapeva che se avessero pareggiato 2-2 sarebbero passate entrambe a scapito della nazionale azzurra guidata da Trapattoni. E per quanto alla vigilia si provasse l'esorcismo di massa, facendo appello alla suprema sportività dei nordici, alla rivalità tra svedesi e danesi, alla sfacciataggine di combinare il pari su un punteggio non banale come il 2-2 e a altre falegnamerie mentali del genere, andò a finire esattamente come temuto: Danimarca-Svezia 2-2 e azzurri a casa.
Cosa vogliamo dire col riferimento a quel precedente storico? Semplice. Vogliamo dire che, se anziché trovarsi in una posizione così comoda di classifica, Italia e Galles avessero avuto Svizzera o Turchia davvero a ridosso, starebbero a ragionare adesso in modo così flemmatico di rinuncia schifata al biscotto e di necessità di "onorare lo sport”? E soprattutto, troveremmo in Italia un quotidiano pronto a sparare in prima pagina che il biscotto non ci piace? Come sempre, impossibile rispondere perché manca la controprova. Ma siamo un grande paese e gli azzurri sono la nostra bussola etico-morale. Buona partita a tutti.
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