In caso di scioglimento dell'Asl, si attende la reazione del presidente De Luca che quando fu istituita la commissione disse: «Buffonata politico-propagandistica, il prefetto si dimetta».
- Tra una settimana, il 18 dicembre, scadranno i termini per la decisione in merito allo scioglimento per camorra dell'Asl Napoli 1. La ministra deve decidere sulla base degli atti della commissione di accesso che ha messo in fila fatti, nomi e numeri che evidenziano il potere di condizionamento della camorra
- L'Asl è diventata famosa in tutta Italia perché ha vietato al Napoli calcio di allontanarsi dalla Campania e disputare la partita contro la Juventus.
- «Tutto quello che è documentato in questa ordinanza di custodia cautelare è stato realizzato senza che denunce di sorta arrivassero alle autorità», ha detto nel giugno del 2019 il procuratore capo di Napoli Giovanni Melillo commentando l'operazione dei carabinieri.
Tra una settimana, il 18 dicembre, scadranno i termini per la decisione in merito allo scioglimento per camorra dell’Asl Napoli 1. La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, a distanza di dieci mesi, non ha ancora deciso sull’esito dell’istruttoria tecnica svolta dal dipartimento affari interni e territoriali se sciogliere per infiltrazioni criminali la più grande Azienda sanitaria della Campania. Dal ministero fanno sapere che l’iter è concluso, manca solo la firma della ministra appena ne avrà la possibilità visto che è risultata, nei giorni scorsi, positiva al Covid.
L’Asl è diventata famosa in tutta Italia perché ha vietato al Napoli calcio di allontanarsi dalla Campania e disputare la partita contro la Juventus, decisione che ha penalizzato unicamente la squadra partenopea con una sconfitta a tavolino e addirittura un punto di penalizzazione. Proprio su quell’Asl pende una richiesta di azzeramento per condizionamento malavitoso, ma non si tratta solo di una decisione tecnica, ma anche una scelta politica perché avrà ricadute visto che il presidente della regione Campania si chiama Vincenzo De Luca e su questa vicenda ha già più volte armato il lanciafiamme, strumento di offesa che utilizza contro chiunque ostacoli il suo percorso nel silenzio dei vertici nazionali del Pd.
De Luca contro il prefetto
La legge sullo scioglimento per infiltrazioni mafiose dei comuni e delle aziende sanitarie, introdotta nel 1991, ha un funzionamento semplice. Quando ci sono rischi di condizionamento malavitoso, il prefetto, rappresentante territoriale del governo, invia una commissione di accesso, un pool di ispettori, che all’esito del lavoro, formula una proposta. La proposta di scioglimento viene inviata al ministero che deve valutare le carte e confermare o meno l’azzeramento per infiltrazioni mafiose portando, in caso positivo, la proposta in Consiglio dei ministri. A quel punto il governo delibera lo scioglimento che viene disposto con decreto del presidente della Repubblica. Di recente il decreto legge 18 del 2020, in ragione del Covid, ha allungato i tempi per la decisione e l’eventuale formulazione della proposta al Consiglio dei ministri.
La proposta della commissione di accesso è arrivata il 6 marzo e la decisione ha un termine fissato entro il 18 dicembre. Tutto, però, è iniziato nel giugno 2019 quando, su richiesta della procura di Napoli, il giudice ha disposto l’arresto di 126 affiliati all’Alleanza di Secondigliano, la più potente organizzazione criminale campana, che aveva base nell’ospedale San Giovanni Bosco, rientrante nella competenza dell’Asl Napoli 1. Dopo un mese, Carmela Pagano, prefetto di Napoli, ha nominato la commissione accesso scatenando l’ira del presidente della regione Vincenzo De Luca: «Una buffonata politico-propagandistica, il prefetto si dimetta. È un atto ridicolo e cialtronesco, che fa da sponda a una politica politicante che ancora tenta di mettere le mani sulla sanità campana». Dietro la decisione della ministra Lamorgese c’è anche una questione politica, cosa direbbe De Luca se il governo “amico” dovesse sciogliere la più grande Asl della Campania?
L’ospedale del clan
Nella relazione invitata al ministro dell’Interno ci sono anche gli elementi emersi nell’inchiesta della magistratura anticamorra napoletana in particolare le questioni più delicate riguardano alcuni dipendenti dell’ospedale con precedenti o al servizio dei clan, l’utilizzo di ditte e imprese vicine al crimine organizzato, l’occupazione continuativa di quella struttura ospedaliera da parte del potere criminale.
Uno spaccato impressionante di collusione. «I giudici hanno riconosciuto l’esistenza di una associazione mafiosa denominata Alleanza di Secondigliano; è documentato il controllo mafioso al di là di ogni capacità personale di immaginazione, addirittura di una struttura sanitaria, l’ospedale San Giovanni Bosco, diventata una sorta di “sede sociale” dell’organizzazione mafiosa. Un luogo nel quale gli uomini del clan Contini controllano ogni aspetto, anche minuto, del funzionamento dell’ospedale: dalle forniture, alle assunzioni nelle ditte appaltatrici, persino le relazioni sindacali passano per la mediazione camorristica. Tutto quello che è documentato ed è stato realizzato senza che denunce di sorta arrivassero alle autorità», ha detto nel giugno del 2019 il procuratore capo di Napoli Giovanni Melillo commentando l’operazione e gli arresti.
Sulla decisione della ministra Lamorgese c’è il massimo riserbo. Dalla regione, invece, spiegano che la situazione relativa alle infiltrazioni è pregressa e il presidente De Luca ha disposto la chiusura del parcheggio, di un bar per combattere il malaffare e chiesto senza esito l’istituzione di un posto di polizia. Sulla questione dei dipendenti e dell’eventuale revoca di ditte, citate negli atti, non otteniamo risposta né dalla regione, né dall’attuale commissario dell’Asl Ciro Verdoliva che spiega: «Mi comprenda, non rilascio dichiarazioni né informazioni, quello che dovevo fare e dire l’ho riferito alla Commissione, attendo la decisione».
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