In Parlamento con la Lega, che lo ha espulso. Poi con Fratelli d’Italia. Per i pm incaricò le cosche di silenziare i suoi “nemici”. Una storia che porta alle concerie in Toscana
L'atto d'accusa dell’antimafia di Venezia lo descrive come il mandante di un'intimidazione affidata alla ndrangheta. Cinque colpi di pistola, nel luglio 2018, contro la casa del giornalista Auro Gervasutti, già direttore del Giornale di Vicenza. Secondo i magistrati, Alberto Filippi voleva vendicarsi così degli articoli che nel 2011ostacolarono i suoi piani, poi naufragati, sui terreni vicini a un centro intermodale da costruire a pochi chilometri dalla città del Palladio.
Industria e politica
Filippi, 57 anni, non è solo il proprietario di un'importante azienda, la Unichimica di Torri di Quartesolo, non lontano da Vicenza. Nel suo passato c'è la politica, una carriera chiusa otto anni fa nelle fila di Fratelli d'Italia dopo una lunga militanza nella Lega, al seguito dell'ex sindaco di Verona, Flavio Tosi. Eletto per due volte in Parlamento, nel 2006 e nel 2008, è stato espulso dal Carroccio nel 2011.
Le notizie di questi giorni, i sospetti degli inquirenti cristallizzati nell'inchiesta giudiziaria contro la cosca Arena Nicoscia, rimandano a fatti di oltre dieci anni fa e gettano una luce nuova sulla carriera di Filippi, che nel 2016 ha rilevato dal fratello Franco la società di famiglia fondata dal padre Carlo.
L'azienda va a gonfie vele. Nel 2022 i profitti sono più che raddoppiati a quasi 3 milioni e i ricavi hanno fatto un balzo del 60 per cento a 60 milioni di euro. I prodotti di Unichimica, sono in gran parte destinati alle concerie, numerosissime nel territorio vicentino che ospita un polo produttivo paragonabile per importanza solo a quello toscano.
Sulle rive dell'Arno si erano insediati anche i Filippi con due società di famiglia, Chimica Valentini e Vukisa. La prima è stata messa in liquidazione nel 2016, mentre Vukisa nel 2020 ha cambiato nome in Unigreen. L'anno prima, però, la stessa Vukisa aveva ceduto il ramo d'azienda con base a Santa Croce dell'Arno a una società locale, la Toscolapi. Un nome, quest'ultimo, che ricorre anche nell'indagine dell'antimafia veneta che ha messo nei guai Filippi.
La mano del clan
Secondo l'accusa, infatti, nel 2019 l'imprenditore avrebbe chiesto a un esponente della ndrangheta, Domenico Mercurio, di danneggiare alcuni beni della Toscolapi. L'incarico venne poi portato a termine da Santino Mercurio, zio di Domenico, lo stesso che l'anno prima aveva sparato contro la casa di Gervasutti. L'attentato mandò a fuoco un furgone e altro materiale della Toscolapi di Castelfranco di Sotto, in provincia di Pisa.
Perché mai nel luglio del 2019 Filippi avrebbe dovuto commissionare questo avvertimento mafioso? Di recente si è parlato genericamente di «contenziosi commerciali aperti». I documenti consultati da Domani rivelano che il danneggiamento segue di pochi mesi l'operazione siglata da Filippi con la stessa Toscolapi. Da quell'affare nacque una controversia che ancora non si è conclusa. In sostanza, Unichimica si era impegnata ad abbandonare il mercato toscano, mentre in cambio i rivali accettarono di lasciare il Veneto.
Secondo la denuncia di Toscolapi, però, l'azienda di Filippi avrebbe continuato, per il tramite di terzi, a rifornire i clienti toscani. Nell'ottobre dell'anno scorso, una prima sentenza ha dato ragione all'azienda con sede in provincia di Pisa, che ora potrebbe chiedere un indennizzo milionario.
Adesso si scopre che, secondo le accuse dei magistrati, Filippi avrebbe già tentato di farsi giustizia da sé con l'aiuto della ndrangheta. Che in Toscana, come racconta l'inchiesta giudiziaria ribattezzata Keu, aveva già messo radici da tempo proprio nel distretto delle concerie.
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