Annunciata come la manifestazione che avrebbe dovuto far compiere ai club africani il salto verso una dimensione d’élite, l’African Football League è stata molto ridimensionata. Ma la cosa non preoccupa il capo del calcio mondiale, sollevato dal rischio penale in Svizzera e impegnato a massimizzare gli incassi dell’organizzazione
Se avesse potuto, avrebbe dato ordine di annullare la manifestazione. Purtroppo per lui il presidente della Fifa, Gianni Infantino, si era spinto troppo avanti a propagandare la Superlega africana per club e a promettere un montepremi esagerato.
Nelle intenzioni avrebbe dovuto essere l’occasione per far compiere al movimento calcistico del continente un salto in avanti. La realtà è andata in direzione molto diversa. La manifestazione che in questi giorni viene celebrata è in una versione molto minore, con una formula che la prolunga in modo estenuante pur di dare un minimo di consistenza al torneo. E quanto all’etichetta di “Superlega”, si è opportunamente deciso di ripiegare sulla meno impegnativa “African Football League”. Rimane il segno del fiasco, che sta tutto nelle cifre nettamente al ribasso rispetto alle promesse e nelle gravi difficoltà organizzative che stavano per portare a una clamorosa defezione.
Riduzione a un terzo
Per comprendere le dimensioni dell’insuccesso basta tornare indietro soltanto di un anno. Era ottobre 2022 quando il presidente della Fifa e il suo omologo a capo della Confederazione calcistica africana (Caf), il sudafricano Patrice Motsepe, annunciavano la creazione del torneo panafricano per club la cui idea originaria risaliva a due anni prima.
Nel corso dell’assemblea generale Caf tenuta a Arusha (Tanzania) veniva dato massimo risalto a un torneo che avrebbe coinvolto 24 club appartenenti a 16 paesi del continente. Nulla veniva specificato a proposito dei club selezionati e dei paesi privilegiati sui 54 affiliati alla Caf. In compenso si largheggiava con le cifre da distribuire. Si parlava infatti di un montepremi da 100 milioni di dollari, con un premio finale da 11,6 milioni di dollari per la vincitrice del torneo. Una cifra clamorosamente superiore a quella riservata alla vincitrice della Champions League africana (2 milioni di dollari). Accanto al montepremi veniva promesso un fondo di solidarietà per lo sviluppo dei movimenti calcistici nazionali, dal quale si sarebbe ricavato 1 milione di dollari per ciascuna delle 54 federazioni nazionali. Dopo avere fissato per agosto 2023 l’inizio della prima edizione, Motsepe aveva affermato che questo torneo sarebbe stato un passaggio fondamentale per lo sviluppo del calcio africano.
A un anno di distanza il panorama è molto diverso. Annunciato per agosto, il torneo è stato fatto slittare in avanti di due mesi. E al suo avvio si sono presentate soltanto 8 squadre in luogo delle 24 annunciate. Anche la formula del torneo è stata stravolta. La versione a 24 avrebbe dovuto essere giocata su 3 gironi da 8 squadre, con successive fasi a eliminazione diretta e un meccanismo di promozione e retrocessione, per un totale di 197 partite con finalissima da vivere come se fosse “il Super Bowl africano”. La poverissima versione a 8 è invece strutturata su confronti a eliminazione diretta con partite di andata e ritorno, finalissima compresa.
Quanto al montepremi, si è andati molto al ribasso rispetto alle cifre propagandate un anno fa. Alla vincitrice del torneo toccheranno 4 milioni di dollari, che ancora una volta è circa un terzo rispetto agli annunci. La seconda classificata porterà a casa 3 milioni di dollari, le due semifinaliste perdenti incasseranno 1,7 milioni di dollari, mentre alle quattro eliminate al primo turno toccherà 1 milione di dollari a testa.
La lista degli sponsor si è fermata a Visit Saudi, l’agenzia del turismo saudita, cui fanno da contorno sigle minori. E quanto alla copertura televisiva, le gare sono trasmesse prevalentemente in streaming via YouTube.
Partecipazione a rischio
Dunque il ridimensionamento è clamoroso. Così come lo è quello del numero di paesi africani coinvolti. Dovevano essere almeno 16, sono rimasti in 8 a mandare una rappresentante ciascuno. La lista è formata da Petro de Luanda (Angola), Mazembe (Congo), Enyimba (Nigeria), Simba (Tanzania), Al Ahly (Egitto), Widad (Marocco), Esperance (Tunisia) e Mamelodi Sundowns (Sudafrica). La partecipazione di quest’ultimo club è stata in dubbio fino alla vigilia dell’inizio del torneo. E si sarebbe trattato di una defezione clamorosa.
Mamelodi Sundowns non è un club qualsiasi. Il suo proprietario è Patrice Motsepe, il presidente della Caf che ha voluto fortemente il torneo. A sua volta Motsepe è un’invenzione di Infantino, che avendo ereditato il metodo elettorale inventato da Joao Havelange e raffinato da Joseph Blatter sa quanto importante sia il peso elettorale del calcio africano. Per questo è entrato pesantemente nelle due ultime corse elettorali per la presidenza Caf, piazzando in entrambi i casi candidati suoi. Il gioco gli è riuscito una prima volta nel 2017, quando è riuscito a disarcionare il dinosauro camerunense Issa Hayatou e a far eleggere il malgascio Ahmad Ahmad. Che però nel 2020 è stato spazzato via dal solito scandalo di corruzione. Così al presidente Fifa è toccato inventarsi un nuovo candidato per le elezioni 2021. E per evitare di vedersene azzoppato un altro per questioni di corruzione ha puntato su un soggetto ricco di suo, dunque non bisognoso di arricchirsi col calcio: Patrice Motsepe, che oltre a essere presidente del Mamelodi Sundowns è anche il primo africano di pelle nera a essere finito nella lista dei miliardari stilata ogni anno da Forbes. I retroscena raccontano che Motsepe non volesse proprio saperne, e che dopo essere stato sottoposto a pressioni ha accettato con impegno di fare un solo mandato. Nel frattempo Infantino ha convinto gli altri tre candidati a ritirarsi dalla corsa.
Ma evidentemente lo statuto di outsider si è rivelato una tara pesante per Motsepe, che dal mondo dei dirigenti calcistici africani in carriera da una vita viene visto come un alieno. Compresi i connazionali sudafricani, dato che la federazione nazionale ha tentato di stoppare la partecipazione dei Mamelodi Sundowns all’African Football League. Il motivo addotto era che l’impegno dei Mamelodi nel torneo panafricano rischiasse di falsare il campionato nazionale. Ma al di là delle giustificazioni, abbastanza di comodo, rimane il dato clamoroso dell’opposizione mostrata dal calcio sudafricano verso il presidente del calcio continentale, che per di più è un connazionale oltreché imprenditore di portata globale. Segno di un malessere che prima o poi riaffiorerà.
No Tax
Al cospetto di un fiasco del genere Infantino fa come se nulla fosse. Del resto, per il momento le cose gli vanno bene. Giovedì si è diffusa la notizia dell’archiviazione del procedimento penale svizzero relativo agli incontri segreti con l’ex procuratore generale elvetico Michael Lauber.
Un bel sollievo che gli dà forza e pure un tocco di arroganza. Nella giornata di venerdì il quotidiano sportivo messicano Esto riferiva che la prevista riunione organizzativa tra la Fifa e la federazione nazionale, prevista per i prossimi giorni, sarebbe saltata. Motivo: la Fifa vorrebbe un trattamento fiscale più favorevole in occasione dei Mondiali 2026 organizzati dallo stesso Messico in associazione con Canada e Usa. Prima di redistribuirli (o di annunciare che lo si farà), i milioni di dollari vanno incassati. E sotto questo aspetto la Fifa di Infantino non lascia in giro nemmeno le briciole.
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