Sgarbi è un collezionista, critico d’arte. Ma è anche un uomo di governo. Il compito dell’informazione, a maggior ragione del servizio pubblico televisivo per il quale ho l’onore di lavorare, è esercitare la propria funzione di controllo sui poteri pubblici
Tutto inizia a Brescia, in un antico palazzo, a due passi da piazza della Loggia, tra cavalletti, stucchi, vernici e solventi. Lavora lì, da molti anni, Gianfranco Mingardi, importante restauratore di opere d’arte antiche. Ha lavorato per numerose sovrintendenze in tutto il nord Italia e ha tra i suoi clienti più illustri il critico d’arte epolitico Vittorio Sgarbi, oggi sottosegretario alla cultura del governo Meloni. Per lui, durante almeno due decenni, ha restaurato decine di opere d’arte. Ma una su tutte colpisce la memoria di Mingardi: si tratta di una grande tela arrotolata, che gli viene consegnata per conto del critico d’arte nel maggio 2013 al casello autostradale di Brescia, da un trasportatore alla presenza di Paolo Bocedi, storico collaboratore di Sgarbi e presidente dell’associazione antiracket Sos Italia.
La tela è arrotolata, piena di buchi, in pessime condizioni, ma specialmente appare ritagliata, come se fosse stata asportata dalla cornice originale con un taglierino. Mingardi ha le prove, mostra le foto e l’elenco delle opere riconsegnate a Sgarbi nel 2018. Cosa spinge Mingardi a parlare con Report e col Fatto Quotidiano? Certamente i pessimi rapporti economici col sottosegretario: sono in causa per i mancati pagamenti dei suoi restauri. Ma anche un fatto, che lo preoccupa molto. Lo stesso quadro che lui ha restaurato viene esposto pubblicamente, in una mostra intitolata “I pittori della Luce”, che inaugura l’8 dicembre del 2021 a Lucca. Curatore: Vittorio Sgarbi. Proprietà dell’opera: fondazione Cavallini-Sgarbi.
A differenza del dipinto restaurato da Mingardi, quello esposto a Lucca in alto a sinistra presenta una fiaccola. Nel testo curatoriale, redatto insieme al professore Marco Ciampolini, Sgarbi scrive che l’opera – fino a quel momento inedita - proviene da Villa Maidalchina, cioè da casa sua. Sgarbi racconta che fu ritrovata in un’intercapedine, arrotolata. Si intitola: la cattura di San Pietro. Autore: il caravaggesco Rutilio Manetti. Valore: alcune centinaia di migliaia di euro.
Il furto nella villa
Febbraio 2013, Buriasco, nei pressi di Pinerolo. La Signora Margherita Buzio è proprietaria di un castello risalente al ‘300. Da qui è stato rubato un quadro, raffigurava la Cattura di San Pietro, la stessa scena di quello esposto da Sgarbi e restaurato da Mingardi. Al posto dell’opera è stata attaccata, con una spillatrice, una fotografia di scadente qualità dello stesso dipinto.
La tela è sparita, è stata asportata con un taglierino. La signora corre a sporgere denuncia. Racconta ai Carabinieri che alcune settimane prima del furto un signore di nome Paolo Bocedi si era recato a visitare il castello, per due volte, chiedendo di acquistare l’opera. Una semplice coincidenza?
Nell’intercapedine tra la fotografia e la cornice c’è ancora un frammento dell’opera, un triangolino dell’antica tela. Dopo l’inchiesta di Report e del Fatto Quotidiano è stata sequestrata dai Carabinieri. Il frammento si incastra perfettamente in uno dei buchi dell’opera fotografata da Gianfranco Mingardi.
Lo scanner
Samuele De Petri ha investito molti soldi nell’acquisto di uno scanner, capace di rivelare profondità millimetriche dei dipinti, e di una stampante in grado di ricreare quelle profondità. Nell’ottobre del 2020 De Petri riceve una richiesta da Sgarbi. Deve recarsi a Padova, recuperare un dipinto e portarlo nella sua azienda per scansionarlo e stampare una copia su tela. L’opera è sempre la stessa: la cattura di San Pietro di Rutilio Manetti. Solo che in alto a sinistra, questa volta, presenta una candela. Poi scopre che il quadro potrebbe essere lo stesso rubato a Buriasco. Non vuole finirci in mezzo. Si rende conto che il quadro è pieno di screpolature, come sempre accade nelle opere che hanno secoli di età. Invece nella zona dove si trova la candela non solo non ci sono screpolature, ma si vedono ancora i colpi di pennello, come fossero stati recentemente aggiunti. Nella zona centrale dell’opera si nota anche una piegatura, forse una cucitura della tela antica. Anche questo dettaglio coincide con l’opera fotografata da Mingardi.
Infine, De Petri realizza la riproduzione richiesta e seppur con notevole ritardo Sgarbi paga la fattura. La sua ha solo un difetto. Appare un errore di stampa: delle linee perfettamente parallele. Due diversi amatori, che visitano la mostra di Lucca a gennaio e febbraio del 2022, fotografano il Manetti. Ci fanno vedere le loro fotografie: presentano lo stesso errore di stampa. Sgarbi cioè potrebbe aver esposto a Lucca non l’originale ma la copia della Cattura di San Pietro. Senza comunicarlo ai tanti visitatori della mostra.
Sgarbi è un collezionista, critico d’arte. Ma è anche un uomo di governo. Il compito dell’informazione, a maggior ragione del servizio pubblico televisivo per il quale ho l’onore di lavorare, è esercitare la propria funzione di controllo sui poteri pubblici. Il sottosegretario ha risposto con querele, interviste senza contradditorio, insulti (ladri, farabutti, impostori, stalker), per restare a quelli riproducibili senza scadere nel turpiloquio. Ha detto che la sua opera è l’originale, quella rubata una copia. Di certo ora dovrà spiegare cosa è avvenuto ai magistrati di Macerata, che lo hanno indagato per autoriciclaggio.
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