- Droga, estorsioni, minacce, violenza, controllo del territorio. Omicidi e gambizzazioni. Rapporti ambigui con il mondo dell’economia e della politica, non solo locale. E poi la parentela con il potente clan romano dei Casamonica. È il clan Di Silvio che da anni opprime Latina
- Negli ultimi anni sono stati duramente colpiti dalle indagini della Dda della Procura di Roma. La collaborazione di alcuni ex memrbi dei clan ha permesso di svelare il loro rapporto con imprenditori e politici, non solo locali
- «Ridevamo perché Salvini andava contro i Casamonica e poi noi zingari facevamo la campagna per la sua lista», racconta in un verbale un uomo dei clan, reso noto qualche giorno prima della proposta del leghista Durigon sul cambio del nome del parco, dedicato ai giudici uccisi dalla mafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
Droga, estorsioni, minacce, violenza, controllo del territorio. Omicidi e gambizzazioni. Rapporti con il mondo dell’economia e della politica, non solo locale. E poi la parentela con il potente clan romano dei Casamonica a rendere ancora più forte il loro nome. È il clan Di Silvio che da anni opprime Latina con il suo predominio criminale.
Non è l’unico: nel capoluogo pontino, 120mila abitanti a 70km da Roma, è forte la presenza anche dei Travali (con cui i Di Silvio sono imparentati) e dei Ciarelli (con cui invece il rapporto è conflittuale). Il boss, Costantino detto “Cha cha” era conosciuto e temuto da tutti: dagli imprenditori come Natan Altomare, che come ha svelato Domani ha finanziato la campagna elettorale del leghista Claudio Durigon, agli (ex) deputati come Pasquale Maietta, già tesoriere di Fratelli d’Italia.
Latina negli ultimi anni ha assunto una centralità nella geografia criminale dei clan: nel suo territorio è forte il riciclaggio dei loro proventi illeciti, che soprattutto per la presenza delle strutture turistiche sul litorale. Criminalità non solo laziale: anche ‘ndrangheta e camorra, in particolare il clan dei casalesi, che negli ultimi anni hanno provato ad assumere un ruolo di primo piano. Ma i clan locali, tra cui i Di Silvio, glielo hanno sempre negato.
Le estorsioni
«Nelle indagini sul clan Di Silvio sono emersi fatti tipici della presenza mafiosa sul territorio», ha affermato il procuratore di Roma Michele Prestipino davanti alla Commissione parlamentare antimafia il 29 gennaio 2020.
Un esempio su tutti, le estorsioni «che servono solo a rimarcare il potere criminale sul territorio»: «Entro qua dentro, faccio la spesa e non pago, perché qui sono il padrone e non devo pagare su un territorio che è mio», spiegava Prestipino, raccontando episodi che sembrano di poco conto – come la presa di un “pezzetto” di biancheria intima da un negozio – ma che sono «una delle spie più significative della mafiosità».
C’è di più: i Di Silvio non si fermano nemmeno di fronte agli avvocati. Sono vittime di estorsione anche loro. «Ho lavorato tanti anni a Palermo e a Reggio Calabria: mai ho visto estorsioni a danno dei legali», raccontava Prestipino per far capire l’importanza del fatto. «Quando un’organizzazione criminale aggredisce le regole del gioco democratico anche su quel versante, francamente c’è da preoccuparsi».
Clan e politica
I Di Silvio, così come gli altri clan, negli ultimi anni sono stati colpiti da importanti inchieste della direzione distrettuale antimafia della Procura di Roma. Grazie al contributo di alcuni collaboratori di giustizia, sono state svelate le relazioni con politici locali e nazionali di Lega e Fratelli d’Italia.
Relazioni pericolose certificate anche da sentenze passate in giudicato, come quella di “Alba Pontina”: «Il clan Di Silvio estendeva la propria influenza anche nelle campagne elettorali occupandosi della affissione dei manifesti», scrive il giudice Annalisa Marzano, riferendosi alle elezioni del 2016 in cui il clan ha fatto attacchinaggio per la lista Noi con Salvini. «Tutti coloro che intendevano procedere ad affissioni avrebbero dovuto munirsi del [loro] nulla osta, senza il quale sarebbero stati automaticamente oscurati».
Tra Lega e Fratelli d’Italia
Costanino “Cha cha” Di Silvio era il vertice del clan. Condanna a 12 anni, era temuto da tutti per la sua carriera criminale fatta di ogni tipo di reato: lesioni aggravate, estorsioni, usura, traffico di stupefacenti, disponibilità di armi da fuoco.
Era in stretti rapporti con Pasquale Maietta: imprenditore, già presidente della squadra di calcio del Latina che portò fino alla Serie B, è stato eletto alla Camera dei Deputati nel 2013 con Fratelli d’Italia, di cui è stato tesoriere fino a quando le inchieste giudiziarie nei suoi confronti non lo hanno portato a ritirarsi dalla vita politica.
La sua elezione è stata festeggiata dal boss: ci sono dei video, rintracciabili anche sul web, in cui “Cha cha” gira per la città in risciò, nudo, inneggiando al neo-deputato o in cui, a bordo di un torrente, sempre svestito, ripete in continuazione il suo nome.
Negli ultimi mesi, le dichiarazioni – ancora da riscontrare – dei collaboratori di giustizia hanno fatto emergere il presunto rapporto tra i ras locali di Fratelli d’Italia e Lega e gli uomini dei clan, a cui si rivolgevano quando si avvicinavano le tornate elettorali.
Uno degli ultimi sforzi dei magistrati antimafia di Roma riguarda una presunta compravendita di voti dal clan Di Silvio da parte di un professionista della zona in favore di un candidato di “Noi con Salvini” alle amministrative del 2016. È Matteo Adinolfi (indagato, ndr), eletto all’europarlamento per la Lega nel 2019, ma prima consigliere comunale a Latina.
In un’altra inchiesta invece è emerso il rapporto tra Costantino Di Silvio e l’imprenditore Natan Altomare, l’uomo che ha finanziato la campagna elettorale di Durigon, con cene, musica e buffet.
«Ridevamo perché Salvini andava contro i Casamonica e poi noi zingari facevamo la campagna per la sua lista», racconta in un verbale un uomo dei clan. Verbale reso noto qualche giorno prima della proposta di Durigon sul nome del parco Falcone e Borsellino. Simbolo di legalità nella città dei clan, ma che secondo il leghista deve è meglio che si intitoli a Mussolini.
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