Il nuovo dpcm con le misure anti Covid-19 non prevede ancora restrizioni sul numero massimo di persone, ma il ministero dei Trasporti e le regioni stanno valutando questa possibilità. Il presidente dell’Associazione di trasporto (Asstra) Andrea Gibelli dice: «Il rischio è che 275mila persone restino a piedi»
- Nella notte tra il 12 de il 13 ottobre il presidente del Consiglio ha firmato il nuovo decreto sulle restrizioni anti-Covid, non ci sono decisioni sui trasporti, ma viene rimandato tutto alle regioni e a successivi provvedimenti.
- L’Associazione dei trasporti vedrà la ministra Paola De Micheli e le dirà che senza procedere ai subaffidamenti non ci saranno abbastanza mezzi per garantire il trasporto con una capienza limitata.
- Le regioni hanno chiesto di valutare misure previste in relazione agli aspetti concernenti il trasporto pubblico locale, approfondendo lo scenario di contesto. Per i trasportatori quello che influirà sarà lo smart working e l’afflusso di studenti.
«Il ministero dei trasporti conosce benissimo la nostra posizione» dice Andrea Gibelli, presidente dell’Associazione di trasporto (Asstra) l’associazione nazionale che raccoglie le aziende di trasporto pubblico locale (tpl) in Italia, sia di proprietà degli enti locali che private. E la posizione è la richiesta di «500 milioni almeno» per ridurre l’affollamento degli autobus se lo dovessero richiedere le nuove misure contro il contagio.
Il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha firmato nelle notte il decreto con le nuove limitazioni. C’è una «forte raccomandazione» a evitare feste in casa con più di sei persone presenti e l’obbligo di chiusura alle 24 per bar e ristoranti, ma c’è un grande assente: il trasporto pubblico locale. O meglio il dpcm rimanda tutto alle regioni e apre alla possibilità di eventuali interventi futuri ancora non decisi.
Per domani la ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli ha convocato l’associazione per conoscere i dati e decidere come intervenire. Ufficialmente il limite dell’80 per cento della capienza dei mezzi pubblici, stabilito in occasione della ripartenza delle scuole, è ampiamente rispettato. In realtà, dice Gibelli: «In alcune città dalle 7.30 alle 9.30, l’orario critico, è facile che venga superato».
La fascia oraria ha molto a che fare con la frequenza scolastica e lo smart working, tanto che al presidente della conferenza delle regioni, Stefano Bonaccini, sono state attribuite richieste per far restare a casa gli studenti delle superiori. La proposta è stata smentita, ma che sia stata o no formulata durante la riunione della Conferenza stato-regioni di ieri sera, è stato comunque chiesto di «verificare le misure previste in relazione agli aspetti concernenti il trasporto pubblico locale, approfondendo lo scenario di contesto».
Consumatori all’attacco
Dopo la pubblicazione del dpcm i consumatori sono subito partiti all’attacco. Questa mattina il Codacons ha pubblicato un comunicato chiedendo di ridurre la capienza massima sui mezzi pubblici portandola dall’attuale 80 per cento al 50 per cento. «È impensabile che in Italia si vietino sport e feste ma si consenta di viaggiare ammassati su bus e metro – dice il presidente dell’associazione, Carlo Rienzi – Un paradosso assurdo che vanifica i sacrifici degli italiani e danneggia i cittadini, considerato che il trasporto pubblico è un servizio essenziale di cui milioni di utenti ogni giorno non possono fare a meno, e proprio da questo settore si dovrebbe partire per limitare i contagi».
Dal canto suo Gibelli si prepara a presentare il conto. Negli scorsi mesi il Mit ha già stanziato 900 milioni di fondo emergenziale. Attualmente le risorse destinate alle regioni per il trasporto pubblico locale, aggiuntive rispetto al fondo ordinario, sono state pari a 500 milioni con il decreto legge Rilancio e 400 con il decreto legge Agosto. A inizio settembre è stata firmata la prima tranche. E il ministero ha già anticipato che queste somme «verranno poi reintegrate con la prossima legge di bilancio». Sarà una verifica a consuntivo per quantificare l’effettivo fabbisogno delle regioni e degli enti locali «che dovrà tener conto delle perdite dovute alla mancata bigliettazione e all’incremento dei costi sostenuti».
Finora i fondi, dice Gibelli, «sono andati a coprire la mancata bigliettazione e i mancati abbonamenti». Il coronavirus, a parte le fasce orarie in cui il trasporto pubblico resta ancora insostituibile, ha fatto sì che nel resto della giornata «si fosse ben al di sotto del limite di capienza». Che vuol dire meno introiti.
Tutti a piedi
Per domani Asstra ha già preparato un documento in cui prevede scenari apocalittici. Nel documento, anche se viene rilevato che il limite dell’ottanta per cento viene, in media, rispettato, si fa presente che se in futuro il ministero o le regioni decidessero di ridurre l’affluenza di passeggeri per questioni sanitarie, «risulterebbe difficile per gli operatori del tpl continuare a conciliare il rispetto dei protocolli anti Covid-19 e garantire allo stesso tempo il diritto alla mobilità per diverse centinaia di migliaia di utenti ogni giorno, con il conseguente rischio di fenomeni di assembramento alle fermate e alle stazioni». Nell’ipotesi di riduzione al 50 per cento della capienza massima consentita, si tratta «di impedire a circa 275 mila persone al giorno di beneficiare del servizio di trasporto sia per motivi di studio che di lavoro».
Per evitarlo, dice Gibelli, occorre che «intervengano fondi aggiuntivi per l’utilizzo dei mezzi con il subaffidamento». Utilizzare ulteriori fondi per acquistare mezzi infatti «significa fare una gara pubblica» rischiando «di perdere due anni». La proposta per affrontare l’emergenza, quindi, è quella di avvalersi dei servizi resi da società private da reclutare «anche con procedure semplificate».
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