L’indice Rt è sceso a 1.18 e gli altri indicatori migliorano in quasi tutte le regioni, ma i tecnici del ministero avvertono che la situazione negli ospedali rimane critica
- Restano in zona rossa Calabria, Campania, Lombardia, Piemonte, Toscana, Valle d’Aosta e provincia di Bolzano.
- Il ministro della Salute Roberto e Speranza e i tecnici avvertono che non è il momento di abbassare la guardia.
- Intanto la provincia autonoma di Bolzano, una delle zone più colpite dalla seconda ondata, prova a fare uno screening di massa.
Venerdì, i nuovi casi registrati in Italia sono stati 37.242 e i decessi 699. Per la prima volta dall’inizio della seconda ondata, il numero di contagi tra lunedì e venerdì è sceso rispetto alla settimana precedente: da 172.210 a 167.245. Nonostante questi dati positivi, la situazione rimane grave soprattutto all’interno degli ospedali, con terapie intensive e posti letto ormai saturi in diverse aree del paese.
Zone rosse
Per questa ragione, il ministro della Salute Roberto Speranza ha deciso di mantenere in zona rossa Calabria, Campania, Lombardia, Piemonte, Toscana, Valle d’
Aosta e provincia di Bolzano. L’ordinanza stabilisce che queste regioni rimarranno al massimo livello di contenimento per altre due settimane, fino a 3 dicembre, con una possibilità di revisione venerdì prossimo. «I dati che iniziamo a ricevere lasciano intravedere la luce in fondo al tunnel, ma bisogna avere un approccio prudente», ha detto Speranza.In seguito al monitoraggio settimanale pubblicato venerdì sera, non ci sono stati cambi di colore per altre regione, con l’eccezione dell’Abruzzo, che è stato confermato in zona rossa dopo che martedì il presidente della regione Marco Marsilio aveva deciso in autonomia di inasprire le misure di contenimento locali.
Numeri positivi
I dati pubblicati venerdì fanno parte del monitoraggio settimanale da parte della cosiddetta cabina di regia, l’organo formato da esperti del ministero e tecnici delle regioni. Quello che ha destato maggiore ottimismo è l’indice di velocità di trasmissione del contagio Rt che, nel periodo fino al 4 novembre sarebbe sceso a 1.18. Si tratta della seconda settimana consecutiva di calo. L’indice Rt era a 1.7 alla fine di ottobre.
L’indice ha mostrato miglioramenti in quasi tutte le regioni. Tranne che in Abruzzo e Basilicata, Rt è ovunque inferiore a 1.25, il che significa che quasi tutte le regioni si trovano fuori dagli scenari 3 e 4, quelli che, se accompagnati da un livello di rischio alto, rendono obbligatoria la classificazione in zone arancioni o rosse. Lazio, Liguria, Molise e Sardegna hanno un indice Rt inferiore a 1, il che significa che il contagio si sta riducendo.
L’allarme resta alto
Sono dati incoraggianti, ma comunque da prendere con cautela. Come avvertono i tecnici del ministero ormai da settimane, ci sono grosse difficoltà nel mantenere la qualità dei dati forniti dalle regioni sui cui vengono calcolati i vari indicatori, compreso Rt.
Il sistema sanitario, inoltre, si trova al momento sotto forte pressione e i dati emersi in questi giorni indicano che la situazione non si risolverà rapidamente. Ad esempio, ci sono attualmente 3.478 terapie intensive occupate da pazienti Covid-19, 46 posti occupati in più di giovedì e più del 40 per cento del totale dei posti disponibili (la soglia di sovraccarico del sistema è fissata al 30 per cento).
Con Rt superiore a 1, il numero di contagi continua ad aumentare, e quindi l’occupazione dei posti negli ospedali è destinata a rimanere critica. Per alleggerire la pressione bisognerà portare Rt sotto ad 1 e attendere diverse settimane.
Oltre a Rt, molti altri dei 21 indicatori regionali elaborati dalla cabina di regia hanno mostrato miglioramenti. Ma la situazione rimane grave, come dimostra il fatto che tutte le regioni tranne tre si trovano in fascia di rischio alta. Gli indicatori servono a misurare ad esempio la capacità di tracciamento di casi da parte delle autorità locali, che è quasi ovunque collassata a causa del gran numero di contagi, e la saturazione dei vari sistemi sanitari.
Secondo Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, le misure di contenimento stanno funzionando, ma bisogna continuare ad applicarle. «Le norme in vigore devono restare ancora valide», ha detto venerdì durante la conferenza stampa della cabina di regia. «La situazione nel paese – ha aggiunto Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di sanità – rimane a livelli critici».
La polemica sui vaccini
Questa settimana, hanno fatto molto discutere le dichiarazioni del virologo Andrea Crisanti, che aveva espresso dubbi sulla sicurezza dei vari vaccini anti Covid-19 che varie aziende stanno testando con procedure accelerate negli ultimi mesi.
Alle parole di Crisanti ha risposto indirettamente il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, che durante la conferenza stampa della cabina di regia ha detto di aver sentito a proposito dei vaccini parole «sconcertanti» da parte di alcuni colleghi. Poco dopo la conferenza stampa, Crisanti ha in parte ritrattato la sua dichiarazione. «Se il vaccino viene approvato dai vari organi regolatori – ha detto - sarò il primo a vaccinarmi».
L’esperimento di Bolzano
La provincia autonoma di Bolzano, una delle più colpite dalla seconda ondata e classificata come zona rossa, ha iniziato venerdì un’operazione di screening di massa per arrivare a testare 350mila persone, cioè circa due terzi della sua popolazione. I test saranno effettuati in tutti i 116 comuni della provincia tramite un tampone rapido antigenico che permette di ottenere un risultato in pochi minuti.
Secondo i primi risultati, pubblicati alle 16 di ieri, il test è già stato effettuato da oltre 82 mila persone (circa il 15 per cento della popolazione) e i positivi individuati sono stati 1.256, l’1,5 per cento dei testati.
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