- I finanzieri hanno notificato il 24 dicembre la comunicazione che prelude a qualcosa di diverso dall’archiviazione, piuttusto è il segnale che i pm sono certi della loro tesi accusatoria, puntellata con indizi raccolti in quasi quattro anni di indagine sul gruppo petrolifero leader italiano nella raffinazione del greggio.
- L’imbarazzo è forte soprattutto per chi oggi ricopre ruoli pubblici come l’assessore al Welfare della regione Lombardia, Letizia Moratti, moglie di Gian Marco Moratti, il presidente di Saras fino alla sua morte nel 2018.
- L’assessore non risulta tra i destinatari dell’avviso di garanzia, ma il suo nome è nelle informative degli investigatori per un’operazione finanziaria milionaria condotta dalla Saras del marito e gestita da Ubi banca quando la signora Moratti era presidente del «consiglio di gestione» dell’istituto di credito.
Erano certi che l’inchiesta sul petrolio sporco sarebbe stata archiviata, ma i dirigenti della società Saras della famiglia Moratti si sono dovuti ricredere quando la vigilia di Natale hanno ricevuto la visita della guardia di finanza con un foglio in mano su cui c’era scritto «avviso di conclusione delle indagini preliminari». I finanzieri di Cagliari hanno così notificato il 24 dicembre la comunicazione che prelude a qualcosa di diverso dall’archiviazione, piuttusto è il segnale che i pm sono certi della loro tesi accusatoria, puntellata con indizi raccolti in quasi quattro anni di indagine sul gruppo petrolifero leader italiano nella raffinazione del greggio. L’imbarazzo è forte soprattutto per chi oggi ricopre ruoli pubblici come l’assessore al Welfare della regione Lombardia, Letizia Moratti, moglie di Gian Marco Moratti, il presidente di Saras fino alla sua morte nel 2018.
L’assessore non risulta tra i destinatari dell’avviso di garanzia, ma il suo nome è nelle informative degli investigatori per un’operazione finanziaria milionaria condotta dalla Saras del marito e gestita da Ubi banca quando la signora Moratti era presidente del «consiglio di gestione» dell’istituto di credito. Una sovrapposizione di ruoli e legami parentali che rappresenta, si legge negli atti investigativi ottenuti da Domani, un «evidente conflitto di interesse». Contattata tramite il suo portavoce non ha voluto replicare, «rivolgetevi a Saras», è stata la risposta.
Dai pm alla Consob
Riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. A questo si aggiungono i riflessi tributari che potrebbero condurre a contestazioni che derivano dall’accusa principale, cioè aver importato petrolio con modalità sospette. Sui nomi degli indagati non c’è ancora nessuna conferma. L’amministratore delegato dell’epoca era Massimo Moratti ex presidente dell’Inter dei trionfi internazionali. Al suo posto dal 2018 è subentrato Dario Scaffardi, manager di Saras Trading negli anni in cui sono state realizzate le importazioni illecite, secondo i pm, azienda controllata da Saras Spa e ampiamente citata negli atti dell’indagine di Cagliari. Nessuna conferma sui nomi, l’unica certezza sono i reati contestati e la notifica della conclusione delle indagini preliminari ad alcuni dirigenti del gruppo. Dalla società dei Moratti è arrivata una replica stringata in cui si parla genericamente di dirigenti coinvolti: «Saras S.p.A. comunica di avere ricevuto notifica della conclusione di indagini da parte della Procura della Repubblica di Cagliari relative a un procedimento riguardante presunte irregolarità nell’ambito dell'acquisto di grezzo dall’Iraq nel 2016. Nel ribadire la piena estraneità della Società e dei dirigenti coinvolti a qualunque condotta illecita, Saras confida nell’operato dell’autorità giudiziaria per poter fare rapidamente piena luce sulla vicenda»
In particolare chi indaga ha concentrato l’analisi sulle modalità «di approvvigionamento del greggio dai territori governati dal Kurdistan Regional Government (KRG) – parte dei quali all’epoca delle predette importazioni petrolifere verosimilmente occupati da parte dell’I.S.I.S. – ritenute illegittimamente sottratte allo Stato centrale iracheno. Le citate importazioni sarebbero avvenute in spregio al regime autorizzativo della State Organization for Marketing of Oil (S.o.M.O.), Ente statuale esclusivo gestore della commercializzazione del petrolio estratto in tutto l’Iraq».
Saras è quotata in borsa, perciò la procura ha delegato la guardia di finanza a notificare alla Consob, presieduta da Paolo Savona, una missiva in cui si segnala il coinvolgimento di Saras nell’inchiesta condotta dalla procura antimafia di Cagliari e che ha visto anche il coordinamento dalla procura nazionale antimafia e antiterrorismo guidata dal Federico Cafiero de Raho. Le operazioni di importazione di petrolio sospette sono 52, meno di quelle ipotizzate inizialmente nelle prime informative della guardia di finanza, che in principio ne aveva setacciato quasi 80.
Nell’inchiesta è emerso il ruolo di un’altra società, Petraco Oil Company, che ha svolto il ruolo di intermediario nella compravendita del greggio acquistato da Saras. Sul rapporto tra le due società si è concentrata l’attività dei magistrati della procura di Cagliari. Secondo i pm e gli investigatori sussistono profili di illegalità nelle modalità di approvvigionamento del petrolio nei territorio del Kurdistan. Il valore delle 52 importazioni sotto accusa è pari, si legge nei documenti dell’inchiesta, a 1,12 miliardi di euro. Operazioni, specificano i detective nelle loro relazioni, effettuate da Petraco Oil in favore del gruppo Saras. Chi è vicino al dossier sostiene di aver ricostruito integralmente la dinamica commerciale e di importazione del prodotto destinato alla raffineria della famiglia Moratti: sono stati analizzate migliaia di transazioni economiche ricostruendo nel dettaglio le modalità di pagamento.
Il caso Moratti
Il 21 luglio 2017 è una data importante in questa storia di petrolio, presunto riciclaggio e conflitti di interesse. La guardia di finanza stava già indagando sul greggio importato dai Moratti e quel giorno ha bussato alla porta della sede di Ubi Factor, braccio operativo dell’omonimo istituto di credito per le operazione di factoring, cioè di acquisizione di crediti dalle aziende. La finanza ha acquisito così tutta la documentazione su una cessione del credito a Ubi di quasi 50 milioni di euro che Saras vantava nei confronti di Petraco Oil. Il factoring, ossia la cessione di un credito, permette a una società di ottenere una sorta di finanziamento, che consiste nel pagamento di quel credito non dal cliente debitore ma dalla società di factoring che anticipa il denaro per poi riscuoterlo dal debitore.
Le carte ottenute dalla finanza hanno permesso di ricostruire due operazioni di factoring tra Saras e Ubi. Entrambe realizzate tra settembre e dicembre 2016, con al centro sempre i crediti vantati da Saras nei confronti della solita Petraco Oil, quando a presiedere il consiglio di gestione dell’istituto era Letizia Moratti, ex sindaco di Milano, moglie dell’allora presidente del gruppo petrolifero.
L’anomalia segnalata nelle informative della guardia di finanza sono numerose, la più evidente evidenziata dagli investigatori è la mancata segnalazione all’autorità antiriciclaggio di Banca d’Italia dell’operazione effettuata dalla società dei Moratti con la banca. «L’operazione avrebbe dovuto essere oggetto di una segnalazione di operazione sospetta», si legge nel rapporto della finanza inviato alle procure di Cagliari e Brescia ad aprile 2018, che prosegue: «Infatti, l’attività d’indagine sinora svolta ha permesso di acquisire univoci elementi che portano a supporre che l’operazione economico-finanziaria dianzi descritta è stata agevolata proprio dalla condotta omissiva dell’articolazione del Gruppo Ubi cui sono demandati i compiti in materia di antiriciclaggio».
In questo contesto emerge la figura di Letizia Moratti, moglie di Gianmarco Moratti, allora presidente del gruppo Saras, e allo stesso tempo presidente del consiglio di gestione dell’istituto di credito che ha trattato e autorizzato le operazioni milionarie dell’industria di famiglia. Per questo motivo i finanzieri definiscono Saras «parte correlata del Gruppo Ubi essendo Letizia Maria Brichetto Arnaboldi, Presidente del Consiglio di Gestione di UBI Banca S.p.a., moglie di Gian Marco Moratti Presidente di Saras S.p.a., holding del Gruppo Saras». Gli invetigatori non hanno alcun dubbio: si tratta di «evidente conflitto di interesse».
Peraltro la Banca d’Italia ha più volte sottolineato l’importanza di potenziare la disciplina delle operazione con parti correlate, per evitare il rischio che la vicinanza di «taluni soggetti ai centri decisionali della banca possa compromettere l’oggettività e l’imparzialità delle decisioni relative alla concessione di finanziamenti», è scritto in un documento della Banca d’Italia dal titolo “Disposizioni in materia di attività di rischio e conflitti di interesse delle banche e dei gruppi bancari nei confronti di soggetti collegati”. Come spiega, dunque, l’assessore Moratti tutto questo? Nessuna risposta.
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