L’ex sindaca è entrata ai vertici di Ubi Banca nel 2016. Nello stesso periodo la società petrolifera del marito ha condotto nell’istituto anomale operazioni per l’acquisto di greggio con società anche vicine ai clan. Nelle carte degli investigatori si parla di «conflitto di interesse»
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Contestata ministra dell’Istruzione del governo Berlusconi, poi sindaca di Milano, Letizia Moratti è pronta a tornare in politica, da vicepresidente della regione e assessore al Welfare: ancora nulla di ufficiale, ma persino Matteo Salvini dà per certa la sua nomina come sostituta di Giulio Gallera, l’assessore criticato anche dalla Lega, dell’emergenza Covid nella regione più colpita d’Europa. Su Moratti l’opposizione ha già fatto notare che i suoi cinque anni da prima cittadina sono stati segnati «da scandali e scandaletti»: il riferimento è alla condanna della Corte dei conti per le consulenze ma anche ad alcuni candidati che l’hanno sostenuta finiti in intercettazioni di inchieste contro i clan lombardi.
C’è poi un altro capitolo della vita di Moratti più recente, quello da presidente di Ubi banca, uno dei principali istituti di credito italiani, da poco fuso con Intesa Sanpaolo. Nel periodo della presidenza Moratti, Ubi è stata sanzionata dalla Banca d’Italia per 1,2 milioni di euro per mancanza di collaborazione e omissione di segnalazioni sull’antiriciclaggio di denaro. La procura di Brescia, che per prima si è occupata di vagliare le operazioni sanzionate, ha archiviato le indagini, tranne che per una operazione che coinvolge Saras Spa, l’azienda petrolifera della famiglia Moratti, cioè del marito di Letizia (mancato nel 2018). Operazione «sospetta» realizzata pochi mesi dopo la nomina della moglie del petroliere come presidente del consiglio di gestione. Quella operazione è stata stralciata e rimandata alla procura di Cagliari. I magistrati del capoluogo sardo grazie alla collaborazione con le direzioni distrettuali antimafia autorità turche e maltesi stanno, infatti, indagando e raccogliendo le prove su un giro di contrabbando di petrolio che lega Saras a imprese vicine, sospettano i detective, a organizzazioni criminali e che non si esclude possa avere coinvolto pozzi sotto il controllo dei terroristi dell’Isis.
Il flusso anomalo di denaro
Tutto nasce dall’ufficio antifrode dell’agenzia delle Dogane di Cagliari che ha registrato una svolta nei traffici che portano alla raffineria della famiglia Moratti: un aumento dalla metà del 2014 del petrolio importato da Turchia e Kurdistan iracheno. Tra il 2015 e il 2016, le dogane registrano 72 operazioni di importazione irachena, alcune a prezzi molto inferiori a quelli di mercato con punte di ribasso di oltre il 40 per cento.
La maggioranza delle operazioni passano dalla Petraco Oil Company, una società di diritto britannico che ha come soci due aziende nel paradiso fiscale dell’isola di Guersney, ma che in realtà ha diversi manager italiani ed è collegata alla Petraco Spa operativa a Milano fino al 2013.
Le operazioni realizzate tramite Ubi sono un tassello importante di tutta la inchiesta. La maggioranza degli acquisti anomali di petrolio avvengono tra Saras che compra petrolio greggio da raffinare e la Petraco che lo vende. Ma a settembre 2016, cinque mesi dopo la nomina di Letizia Moratti nel consiglio di gestione della banca, Ubi Factor, società del gruppo bancario, acquisisce un credito da 12,8 milioni di dollari vantato da Saras Spa verso Petraco. Le imprese sono le stesse, i ruoli di venditore e compratore sono invertiti. A dicembre c’è una seconda operazione da 48,8 milioni di dollari: il credito questa volta fa capo a Saras Trading nei confronti di Petraco. In pratica Ubi deve riscuotere i soldi che Petraco deve a Saras Spa e a Saras Trading. La seconda operazione, rivelano i documenti dell’inchiesta, è ancora più anomala perché Saras ha venduto il greggio tramite una sua società di trading con sede in Svizzera alla società di trading svizzera di Petraco. Secondo la fattura dell’operazione triangolata da Ubi il petrolio venduto da Saras a Petraco è passato per il porto di Cehyan, località di turca vicina al confine iracheno, la stessa dalla quale «passano le forniture di greggio» di Petraco a Saras.
45 milioni a Natale
Le anomalie per cui quella operazione doveva essere segnalata dalla banca sono tante e vengono elencate nella nota di polizia giudiziaria redatta dalla guardia di finanza di Brescia e di Cagliari. Il tutto avviene facendo riunire il consiglio di amministrazione della banca il 23 dicembre per assegnare a Saras Trading un plafond da 45 milioni di euro, esattamente l’importo utile all’operazione che avviene pochi giorni dopo. All’epoca, fanno notare gli investigatori, Saras Trading è amministrata per «quattro quinti dai medesimi soggetti che sono presenti, a vario titolo, come figure apicali della controllante, con possibili profili di “circolarità” dell’operazione». Il responsabile dell’antiriciclaggio di Ubi Factor è Roberto Peroni e fa segnalazioni che sarebbero state «a conoscenza dei vertici» del gruppo, scrive chi indaga, ma si fermano lì: perché il responsabile del gruppo bancario non segnala nulla a Banca d’Italia. Sembra che il gruppo Ubi, si legge nei documenti, «abbia volutamente omesso» le segnalazioni «in una palese situazione di conflitto di interesse»: il riferimento è al legame familiare tra Letizia Moratti e la Saras. Delle 72 operazioni di importazione di Saras solo poco più di un ventina erano tracciabili «in termini di flussi finanziari», ma la quasi totalità di questi avviene su «un conto corrente acceso presso Unicredit bank Ag di Monaco».
L’ombra dei clan
Da Ubi passano invece i conti della Kb Petrols un’azienda italiana nata nel 2015 che fa capo a una società maltese «contigua all’ambiente della criminalità organizzata», si legge dei rapporti dei detective. Studiando i flussi finanziari della società, infatti, gli investigatori sono riusciti a mettere in relazione alcune figure connesse alla criminalità con colossi del settore a livello nazionale e internazionale: tra queste c’è Saras. Kb Petrols non ha mai presentato alcuna dichiarazione fiscale, eppure nel 2015 in appena cinque mesi «movimenta oltre 130 milioni di euro in entrata e altrettanti in uscita». A settembre di quell’anno una banca segnala le operazioni anomale alla Banca d’Italia. Secondo gli investigatori il denaro viene spostato sui conti di Ubi «caratterizzati dalle medesime anomalie», ma che, si legge nei documenti, «non sono stati oggetto di alcuna segnalazione di operazioni sospette». Pochi mesi dopo Letizia Moratti diventerà presidente del gruppo.
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