Il 27 luglio 1971 Mario Francese intervistava Antonietta Bagarella: «L'amore non guarda a certe cose... Io ho scelto di amare Totò Riina», diceva. Un documento, oggi come allora, di straordinario interesse
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Un documento di straordinario interesse è costituito dall’intervista fatta da Mario Francese ad Antonietta Bagarella, riportata nel seguente articolo, pubblicato in data 27 luglio 1971:
Parla Antonietta Bagarella, per la quale ieri il pubblico ministero ha chiesto 4 anni di soggiorno obbligato
Io mafiosa? Sono una donna innamorata
«L'amore non guarda a certe cose... Io ho scelto di amare Totò Riina» - E' accusata di essere stata il collegamento tra il fidanzato, luogotenente di Liggio, ed alcuni esponenti di mafia - «Mi sposerò in chiesa: non voglio fare come la Lucia di Alessandro Manzoni...»
Antonietta Bagarella, la maestrina di Corleone proposta per il soggiorno obbligato, ha dato ieri battaglia, come aveva promesso. Entrata nella camera di consiglio della sezione speciale del Tribunale per le misure di prevenzione, ha parlato per oltre un'ora, respingendo le accuse, contestando uno per uno episodi e fatti contenuti nel rapporto della Questura e dei Carabinieri. La sua foga non ha commosso però i giudici. Il pubblico ministero, dott. Vincenzo Terranova, infatti, alla fine ha chiesto la condanna a quattro anni di confino in un comune del nord, in accoglimento della tesi degli inquirenti secondo la quale è bene che la ragazza lasci Corleone «per stroncare la sua attività in favore della cosca di Luciano Liggio».
Alle nove in punto, Antonietta Bagarella era già al Palazzo di Giustizia con la madre Lucia Mondello e con la sorella Giovanna. Quando l'ho avvicinata, tradiva un comprensibile nervosismo. La vicenda di cui è stata per mesi protagonista ha rinforzato in lei l'istinto della diffidenza. L'ho seguita in una delle cancellerie civili del secondo piano, dove è stata costretta a rifugiarsi per sottrarsi all'assalto dei fotoreporter e ai flash delle macchine da presa.
«Sono nervosa, tremendamente nervosa, anche se mi sforzo di rimanere calma per spiegare ai giudici il mio caso - ha esordito - ma i lampi dei fotografi non contribuiscono a darmi serenità. Poi non amo la pubblicità. Il mio è stato fatto diventare un caso nazionale».
Puntandomi addosso i suoi occhi neri, Ninetta Bagarella ha, per un momento, tradito la commozione: «Lei - mi ha detto - mi giudicherà male perché, io insegnante, mi sono innamorata e fidanzata di uno come Salvatore Riina. Lo conobbi negli anni '50, quando a Corleone successe quel che successe coinvolgendo tante famiglie, la mia compresa, e quella di Riina. Ero alla prima media, allora, una bambina. E fu quello l'ambiente della mia prima infanzia. Un ambiente triste, che trasformò la via Scorsone di Corleone in una caserma di carabinieri. Con Salvatore ci conoscevamo da bambini. Poi, nel 1963, lo arrestarono. Fra di noi c'era stata soltanto della simpatia. Io sentivo di amarlo. Ma forse, non sono una donna? Non ho il diritto di amare un uomo e di seguire la legge della natura? Ma lei mi dirà perché mai ho scelto come uomo della mia vita proprio Totò Riina, di cui sono state dette tante cose. L'ho scelto, prima perché lo amo e l'amore non guarda a tante cose, poi perché ho in lui stima e fiducia, la stessa stima e fiducia che ho in mio fratello Calogero, ingiustamente coinvolto in tanti fatti. Io amo Riina perché lo ritengo innocente. Lo amo nonostante la differenza di età, 27 anni io, 41 anni lui. Lo amo perché anche la Corte di Assise di Bari, con la sua sentenza del 10 luglio 1969, mi ha detto che Riina, assolto con formula piena da tanti delitti, non si è macchiato le mani di sangue».
Ninetta Bagarella abbassa gli occhi: «Ora sono qui per lui. Lui, lontano da me da due anni, non si fa vivo né direttamente né indirettamente. Io sono donna. Questo silenzio mi fa dubitare del suo amore. Mi sento sola e avvilita».
Tiene in mano una busta piena di carte. «Vuole la mia storia? », dice. E comincia: «Incomincio dal mio fidanzamento ufficiale. E' avvenuto nel luglio 1969, due anni fa, dopo che Salvatore Riina fu assolto con formula piena dai delitti attribuitigli e scarcerato. Le è noto che venne a Corleone e fu scarcerato la sera in cui giunse. Non lo vidi quella sera. Dopo venti giorni, giudicato, fu inviato per cinque anni al soggiorno obbligato. Lasciò l'Ucciardone ed ebbe un paio di giorni di permesso per sostare a Corleone e fare le valigie. Fu in quell'occasione che si fidanzò con me. Da allora non l'ho più rivisto.
I miei guai iniziarono dopo che, il 16 dicembre 1969, inoltrai istanza alla questura per ottenere il passaporto. Dovevo recarmi nel Venezuela per battezzare una bambina che mia sorella aveva dato alla luce nel novembre precedente. Il 9 gennaio ebbi rilasciato il passaporto. Il 12 febbraio successivo ricevetti un invito generico «per comunicazioni che la riguardano» dal commissariato di Pubblica Sicurezza di Corleone. Vi andai in fretta per sapere quello che volevano. Il commissario appena mi vide, mi disse di tirare fuori il passaporto dalla borsetta. Feci presente di non averlo con me. Dopo tante discussioni mi informò che in data 7 febbraio 1970 il questore aveva disposto il ritiro del passaporto. Lo pregai di fissare un altro giorno per la consegna. Sono stata denunciata per mancata consegna del documento e, qualche giorno dopo, per calunnia. Ero colpevole di avere detto la verità».
Antonietta Bagarella fa una pausa, alla ricerca di ricordi: «Dalla pasquetta 1970 fino al 17 aprile, fui letteralmente piantonata in casa mia. Ormai mi avevano tolto l'insegnamento. Mi trasferii a Frattaminore, luogo di soggiorno di mio padre Salvatore. In quel periodo aveva bisogno di assistenza: broncopolmonite acuta, era stato ricoverato all'ospedale Caldarelli di Napoli, reparto medicina. Anche lì fui seguita. Non essendoci a Frattaminore carabinieri e agenti, mi misero alle calcagna dei vigili urbani. Il 21 maggio 1970 chiesi ed ottenni la residenza a Frattaminore sperando che così, lontana da Corleone, avrei potuto trovare lavoro e aiutare la famiglia. Non fu possibile. Ogni notte, per tre volte consecutive e negli orari più impossibili, agenti venivano in casa col pretesto di sorvegliare mio padre e di controllare le persone che l'assistevano. Ero sfinita. Ritenni così opportuno di ritornare a Corleone, dove dalla fine del luglio 1970 e fino al gennaio 1971, sono stata tenuta costantemente sotto controllo e pedinata. Le uniche persone che ho incontrato sono mia suocera e mio cognato. Il 10 giugno 1970 a Frattaminore, ho ricevuto la visita del vice questore Angelo Mangano. Mi chiese notizie di Luciano Liggio. In cambio avrei avuto il passaporto e una sistemazione familiare. Promesse allentanti, ma risposi di non conoscere Luciano Liggio neanche di vista e che il dottor Mangano avrebbe potuto rivolgersi ai familiari del ricercato. Il funzionario, allora, mi invitò a farmi viva da lui, presso il Ministero degli Interni, entro 15 giorni. Sorvolo sul resto, che è intuibile. Io posso dirle, con tutta sincerità, che dal giorno del fidanzamento, cioè da due anni, non ho più rivisto Salvatore Riina né ho più avuto, di lui, notizie né dirette né indirette. Aggiungo che non è vero che dinanzi alla cattedrale mi sono incontrata con don Girolamo Liggio, cosa che hanno detto avrei fatto. E' vero che per caso, uscendo dalla libreria delle suore di San Paolo, ho incontrato padre Piraino, proprietario dell'auto su cui ho preso posto con i miei parenti. Escludo anche di essermi recata presso la curia arcivescovile di Anversa nel tentativo di celebrare nozze segrete con Riina. Dopo tutto quello che è successo, io non posso che sposare alla luce del sole. Non sono una protagonista dei promessi sposi. Non ho alcun interesse a recitare la parte di Lucia nelle nozze segrete con Renzo».
Il silenzio di Ninetta Bagarella
I successivi sviluppi della vicenda furono raccontati da Mario Francese nel seguente articolo, appreso sul "Giornale di Sicilia" del 6 agosto 1971:
Dopo la condanna alla sorveglianza speciale Ninetta chiusa in casa respinge i giornalisti
I familiari di Salvatore Riina dicono: «Non usciamo più» - Si sono raffreddati i rapporti con la Bagarella?
Ninetta Bagarella, tramite il suo difensore, ha impugnato ieri mattina il provvedimento del Tribunale con cui è stata sottoposta, per due anni e mezzo, alla sorveglianza speciale condizionata da particolari disposizioni, tra cui il divieto assoluto di incontrarsi col padre, col fratello Calogero e col fidanzato Salvatore Riina.
[...] Nella speranza di indurre la maestrina ad un colloquio, mi sono recato in casa di Salvatore Riina, il fidanzato che, nella «fuga», aveva preceduto Liggio di ben quattro mesi. La madre e le tre sorelle del latitante non sono certo allegre.
«Noi, - mi ha dichiarato la sorella maggiore di Riina - abbiamo i nostri guai. Da casa non usciamo e non abbiamo motivo di recarci in quella della Bagarella». Questo discorso ed altre espressioni hanno dato l'impressione che i rapporti tra i Bagarella e i Riina si siano in questi giorni alquanto raffreddati per via delle ultime vicende di nera che, a Genova, avrebbero avuto per protagonista proprio Totò Riina coinvolto in una rapina.
Le abitazioni dei Bagarella e dei Riina distano tra di loro non più di cinquecento metri. Entrambe sono ubicate nella parte alta del quartiere «San Giovanni» che, fino al 1963 fu anche teatro di drammatiche sparatorie. Tra l'altro, ricorderemo che proprio in via Scorsone, a una decina di metri dalla casa di Bagarella, un gruppo di banditi (che gli investigatori indicarono in Luciano Liggio, Calogero Bagarella e Giuseppe Ruffino), all'alba del 7 maggio 1963 attentarono alla vita del capo spirituale dei superstiti «navarriani», don Francesco Paolo Streva, e di alcuni suoi gregari. Le vittime predestinate furono pronte a rispondere con le armi impegnando con i «liggiani» un violento conflitto a fuoco che, comunque, non causò morti. Streva, poi, fu assassinato da due gregari quattro mesi dopo, il 13 settembre, in un agguato tesogli a piano Casale.
Oltre che l'ambiente di San Giovanni, l'omertà della zona accomuna, con gli abitanti di tanti vicoli tortuosi, le famiglie dei Riina e dei Bagarella.
«Non so quello che sia successo alla Bagarella», ha continuato a dire la sorella maggiore di Totò Riina,«io sono stata ricoverata in ospedale per ventisette giorni, perché ho dovuto subire l'esportazione di un occhio. Ripeto che non abbiamo nessun motivo di andare dalla signorina Bagarella. Veda, siamo qui tutte in casa noi tre sorelle, mia madre, e questo nipotino che si chiama Mario».
Nessuna parola di commento, quindi, in casa dei Riina alle «disgrazie» della fidanzata di Totò, nessuna parola di solidarietà né di difesa. Né alcuno della famiglia ha pronunciato, nel corso della conversazione, il nome di Totò. Soltanto la minore dei Riina ha avuto qualche parola di comprensione per la cognata: «sarebbe l'ora - ha detto laconicamente - che la lasciassero un poco in pace».
Ma l'ha detto con un certo distacco. Indubbiamente alcune parti delle dichiarazioni della maestrina («ritengo che Salvatore non mi ami più se per due anni non si è curato di farmi avere notizie») avranno infastidito i Riina. Non è escluso che i congiunti di Totò abbiano potuto pensare che la Bagarella sia anche stanca di aspettare il «fidanzato-ombra» che - lo ha detto proprio lei - «non si cura dei sentimenti e delle esigenze di una donna».
Da qui una certa diffidenza tra le due famiglie o un raffreddamento nei rapporti che fino a qualche settimana fa, per ammissione della stessa Bagarella, erano frequenti, per non dire giornalieri.
Ma è una donna d’onore?
Mario Francese mise in risalto le conclusioni cui erano pervenuti gli organi inquirenti in merito all’inserimento di Antonietta Bagarella nell’organizzazione mafiosa, nel seguente articolo, pubblicato sul "Giornale di Sicilia" del 24 dicembre 1974:
La questura è tornata alla carica con un'altra proposta
Per "le nozze segrete" la Bagarella ha rischiato di nuovo il confino
Il tribunale però ha deciso per il non «luogo a procedere» Secondo i difensori invece la maestrina è ancora nubile
La maestrina di Corleone Antonietta Bagarella, a causa del suo presunto matrimonio segreto con Salvatore Riina, luogotenente di Luciano Liggio, è stata nuovamente proposta dalla questura per il soggiorno obbligato. Ieri, però, dopo un ampio dibattito, animato dagli interventi dei difensori, avvocati Franco Berna e Genna, il tribunale ha depositato la sua decisione: «Non luogo a procedere». La maestrina, così, può continuare indisturbata la luna di miele col suo «Totò» e, a quanto dichiarato dalla madre, la trascorrerebbe in un paesino montano della Germania. Del resto, piuttosto che lasciare il marito, ha preferito venire giudicata in contumacia, lasciando alla madre e ai difensori il compito di «salvaguardare», dinanzi alla sezione misure del tribunale, i suoi interessi.
Col nuovo rapporto, Antonietta Bagarella è stata presentata come un'autentica mafiosa, perfettamente inserita nel clan che ha come esponenti Luciano Liggio e il suo presunto marito. Un nuovo metodo della - mafia - secondo la proposta - quello di inserire nell'organizzazione le donne, meno controllate e quindi più idonee a delicati servizi. Secondo il rapporto, Antonietta Bagarella e Totò Riina avrebbero coronato il loro lungo sogno d'amore il 16 aprile scorso. A celebrare le nozze sarebbe stato, secondo la questura, padre Agostino Coppola. A testimonianza dell'evento, è stato allegato agli atti un biglietto di partecipazione (quello che si usa mettere nei sacchetti dei confetti): «Antonietta e Salvatore sposi 16 aprile 1974». Secondo gli avvocati Berna e Genna si tratterebbe di «nozze - fantasma». I due difensori hanno esibito al tribunale un certificato dello stato civile di Corleone dal quale la Bagarella risulta ancora nubile. Inoltre, la maestrina, secondo la testimonianza della madre, si troverebbe sin dal febbraio scorso in Germania. Non avrebbe mai abitato, insomma per la difesa, la casa di San Lorenzo dove, com'è noto, nel marzo scorso fu arrestato suo fratello Leoluca Bagarella.
Ninetta Bagarella fu proposta una prima volta, per il soggiorno obbligato nel febbraio 1971, allorché aveva già chiesto ed ottenuto il passaporto con il visto per il Venezuela. La «fuga» di Liggio, dalla clinica Bracci di Roma, fece andare a monte i piani della maestrina, alla quale venne imposto di restituire il passaporto. Dopo l'energico rifiuto all'autorità giudiziaria, venne anche proposta per il confino. In questa occasione, il tribunale la sottopose soltanto a due anni e mezzo di sorveglianza speciale. Ora, dopo l'arresto a Milano di Luciano Liggio, la Bagarella era nuovamente scomparsa. Gli inquirenti avrebbero le prove della sua residenza a San Lorenzo e delle sue nozze con Salvatore Riina.
La sentenza in questione è quella della Corte di Assise di Palermo, presidente Leonardo Guarnotta, contro Salvatore Riina +9.
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