Il ristorante di Willem Hiele propone una cucina fatta al 95 per cento di pesce che vuol essere una testimonianza del lavoro e del proprio territorio. Tra i piatti più noti c’è una zuppa di gamberi grigi presidio dell’antica tecnica di pesca a cavallo dei paardenvissers della città di Oosduinkerk
Alla fine di un percorso fatto di bocconi diversissimi tra loro costruiti su sottili equilibri acidi, sapidi e marini arriva un piatto classico, ricco e corroborante, debordante nell’aspetto e opulento nell’olfatto. Una tazza da cioccolata calda in sottilissima ceramica bianca e blu contiene quello che a un primo sguardo potrebbe sembrare un cappuccino e, invece, è un intenso brodo di crostacei, una bisque se volessimo essere tecnici, accompagnato da una fetta di pane tostato che profuma di burro, sulla quale sono appoggiati piccolissimi gamberetti dal colore rosa pallido con sottili righe marroni dai quali emerge un aroma dolciastro e di mare insieme. Si tratta del piatto al quale Willem Hiele – un ragazzone di quasi due metri dai capelli lunghi, la barba incolta e curata e lo sguardo buono – non può rinunciare.
Un ristorante d’acqua
Willem è uno dei cuochi che meglio rappresentano la scena gastronomica contemporanea belga. Il suo omonimo ristorante a Oudenburg, pochi chilometri a sud da Ostenda e dalla costa che affaccia sul Mare del Nord, è ospitato in un edificio simile a un bunker, in mattoncini rossi, costruito nel 1968 dall’architetto Jacques Moeschal. Una strana e bellissima costruzione brutalista che per diversi anni è stata la casa della famiglia Vanmoerkeke e ha ospitato una delle più ricche collezioni private di arte contemporanea del Nord Europa con opere di Picasso, Vasarely e Dorazio.
Dalle enormi finestre della sala del ristorante non si vede il mare, ma la campagna. Una campagna rubata all’acqua marina grazie ai polder, il complesso sistema di dighe e argini messo a punto tra Fiandre e Paesi Bassi a partire dal XII secolo e perfezionato poi nel XVI. Sebbene non si veda è l’acqua con i suoi frutti la principale protagonista della cucina di Hiele. «Il 95 per cento di quello che c’è nel mio menù è pesce» ci dice. «L’unico momento in cui preferisco la carne è durante il periodo della caccia perché so che mi posso fornire da persone attente, che sanno come muoversi». Un mare che oggi non è più pescoso come quello nel quale lavoravano il bisnonno e il nonno del cuoco, ma che continua comunque a essere una fonte di ispirazione. Un mare in cui oggi navigano un numero di pescherecci locali molto più esiguo di un tempo e dove è sempre più fondamentale scegliere tra chi ha rispetto verso l’ambiente e chi non ne ha.
Willem Hiele è un cuoco che ha fatto del rapporto con il suo territorio e la sua terra la ragione della propria cucina e il principale elemento del proprio racconto. La bisque di gamberi grigi ne è uno straordinario esempio. Willem la cucina nella stessa pentola e con lo stesso cucchiaio di legno usato da sua madre e se tutte le altre preparazioni passano per diverse mani capaci, in questo caso è lui l’unico a occuparsi di questa ricetta dall’inizio alla fine. Non è una questione di fiducia, ma di sensibilità.
I paardenvissers
È il desiderio e forse la necessità di condividere personalmente con l’ospite un piatto che da solo ha in sé la storia di una famiglia e di un territorio. Questa portata, infatti, è un omaggio personale e collettivo. Per farlo Willem utilizza i gamberi grigi che continuano a essere raccolti sulla meravigliosa e selvaggia costa delle Fiandre Occidentali usando l’antica tecnica della pesca a cavallo. È la città di Oostduinkerke a custodire questa pratica, un tempo molto comune e redditizia e oggi portata avanti da poco più di una dozzina di uomini e animali che riescono ancora a dedicarcisi grazie a contributi regionali che permettono di coprire spese di gestione dei cavalli e degli strumenti altrimenti insostenibili, come già raccontato, per esempio, in un articolo comparso sul New York Times nel 2007.
I paardenvissers, come sono chiamati nella lingua locale i pescatori, sono un tutt’uno con i loro cavalli; robusti e coraggiosi animali di razza belga da tiro, nota anche come Brabant, i quali devono affrontare la naturale repulsione alle onde per riuscire così a immergersi fino al petto e trascinare sulla battigia una catena alla quale è agganciata una sottile rete lunga quasi nove metri. È il movimento della catena a smuovere la sabbia e a portare in superficie i piccoli gamberetti che in questa porzione di acqua piuttosto bassa trovano rifugio. I pescatori, coperti da una tuta impermeabile gialla, cavalcano tra due ceste di vimini nelle quali vengono deposti i gamberi dopo ogni passata.
Questione di gusti
È forse superfluo dirlo ma anche la quantità di crostacei pescati in questo modo è profondamente diminuita nel corso degli ultimi decenni. La quasi totalità dei gamberi che si trovano nelle croquettes aux crevettes grises, le crocchette di gamberi grigi onnipresenti nei menù dei bistrot e dei ristoranti di qualsiasi angolo del Belgio, provengono, infatti, da oltre 400 navi che ogni anno al largo delle coste di Germania, Paesi Bassi e Danimarca ne pescano circa 30.000 tonnellate.
Una quantità significativa che, però, secondo uno studio del Marine Stewardship Council garantirebbe il mantenimento degli stock di gamberi grigi presenti nel Mare del Nord, ma che comunque non può garantire quella qualità che necessita chi, come Hiele, su questo microscopico animale costruisce interi piatti, come una straordinaria versione cruda, dove i gamberetti emergono in tutta la loro purezza e brillantezza, gustativa e visiva.
© Riproduzione riservata