Una nuova tempesta politica ha investito in questi giorni la costruzione di Nord Stream2, il gasdotto ideato dal presidente russo Vladimir Putin nel 2014 per portare il gas di Gazprom direttamente in Germania, passando sotto il Mar Baltico. Ha eluso così le norme antimonopolio del Regolatore europeo e saltato i Paesi di transito disallineati (Ucraina e Bielorussia).

La sua costruzione è stata bloccata all’ultimo miglio (a soli 50 km dall’arrivo in Germania su una lunghezza di 1224 km). Persino l’avvelenamento di Alexei Navalny, leader dell’opposizione russa, è stato associato a una possibile connessione con il gasdotto Nord Stream2 da testate diverse come il New York Times e Al Jazeera.

L’opposizione viene da molte parti. L’Ue è critica perché il gasdotto contrasta con l’obiettivo di diversificare i paesi di importazione e rafforzare i flussi di gas dal Mediterraneo, che Nord Stream2 rende ridondanti.

L’agenzia Antitrust polacca ha appena comminato una multa di 6,5 miliardi di euro per “attività contraria all’interesse di consumatori” (il 6 ottobre scorso).

Il presidente Donald Trump ha sanzionato Gazprom e le imprese coinvolte nel progetto, minacciando di inasprire le sanzioni, nel tentativo estremo di bloccarne la costruzione. Minaccia anche ritorsioni al porto tedesco di Mukran che offre supporto logistico.

In queste settimane lo scontro si è esteso ai gasdotti che dovrebbero portare in Europa gas russo, azero, cipriota, libico, israeliano attraversando i fondali del Mediterraneo.  Nord Stream 2 è un progetto ambizioso: dovrebbe raddoppiare la capienza del gasdotto gemello e fornire gran parte delle importazioni all’Ue (110mmc), che già dipende dalla Russia per il 40 per cento dell’approvvigionamento di gas.

Putin vuole rafforzare la posizione russa nei confronti dell’Europa con l’unica arma di cui dispone pienamente, le risorse di gas, accresciute dalle scoperte nell’Artico.

Vuole anche migliorare il bilancio pubblico, colpito dal crollo del prezzo e della domanda dei combustibili fossili.

Per la cancelliera tedesca Angela Merkel l’obiettivo è commerciale, oltre che politico, poiché con Nord Stream2 la Germania diventa lo snodo centrale per l’approvvigionamento di gas dei Paesi dell’Ue. La presidenza di Nord Stream 2 è infatti stata affidata all’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder e l’apporto al capitale è stato raccolto nel 2017 (con una quota di 1,13 miliardi di euro ciascuna) da cinque grandi imprese europee del settore - OMV (austriaca), il gruppo Shell (anglo-olandese), Uniper e Wintershall (tedesche), Engie (francese).

Questo spiega la mancata opposizione al gasdotto di Francia, Germania e Austria, in contrasto con la maggior parte dei Paesi europei, tra i quali l’Italia.  Tuttavia, dopo l’avvelenamento di Navalny Merkel ha paventato il blocco del gasdotto per colpire Putin.

Il futuro è via nave

La guerra dei gasdotti però è una battaglia di retroguardia: il gas liquefatto (Gnl) spostato per nave ha rotto l’oligopolio dei gasdotti e cambiato la geopolitica del gas, portando al primo posto tra i Paesi esportatori il Qatar (22 per cento degli scambi globali di Gnl), l’Australia (21 per cento), ma anche gli Stati Uniti (10 per cento) e infine la Russia (8 per cento).

L’offerta sovrabbondante di gas generata dallo shale statunitense ha fatto scendere stabilmente i prezzi, in un trend reso uniforme dalla nuova concorrenza globale e dalla possibilità di arbitraggio che ha unificato i tre mercati regionali  di Europa, Stati Uniti e Asia Pacifico.

Anche la revisione dei contratti introdotta con il trasporto per nave ha un ruolo centrale nel rivoluzionare  il mondo del gas. Contratti liberi da vincoli estrattivi sviluppano i commerci e allargano gli scambi, come spiegano gli economisti Daron Acemoglu e James Robinson. Affrancati dai contratti estrattivi che vincolavano la destinazione della vendita, i carichi di gas sulle navi oggi sono liberi di seguire i differenziali di prezzo tra Europa e Pacifico, i due grandi mercati di sbocco.

In questo scenario NordStream2 pone il gas russo (dalla riserva di Yamal) in concorrenza diretta con il gas liquefatto statunitense sul mercato europeo, poiché il Gnl degli Stati Uniti arriva nei porti europei a un prezzo reso più alto dal costo del trasporto. Sono dunque ragioni commerciali - oltre che politiche - a muovere l’opposizione degli Stati Unit.

Altri indizi infine vanno aggiunti per cogliere gli scenari futuri del gas, dopo la pandemia. Un esempio è il recente acquisto della società Noble, l’impresa di esplorazione del gas attiva in Israele, da parte di Chevron, gigante del petrolio, che indica la centralità del Mediterraneo nello scenario futuro del gas.

Sfida mediterranea per l’Italia

Nella regione del Mediterraneo l’Italia di Enrico Mattei giocò un ruolo da protagonista, nel secondo dopoguerra. I gasdotti italiani collegarono il nostro paese alle riserve di gas in Algeria, Libia, Tunisia, persino della Nigeria.

L’Italia avviò rapporti di collaborazione con i paesi nord africani e del Golfo. Oggi le nuove scoperte di gas nel bacino orientale fanno nuovamente dell’energia un possibile strumento di cooperazione tra le due sponde del Mediterraneo e l’Unione Europea.

Se non gestite, però, lasciano a Russia e Turchia lo spazio per negoziare nuovi percorsi del gas, come quelli che già oggi si incrociano nel mare e nelle riserve della Libia.  L’Italia è nella posizione per riprendere le fila del tessuto avviato da Mattei, per ricostruire nel Mediterraneo lo scenario di “energia per costruire la pace”. E’ una responsabilità storica che l’Italia, con l’Europa, non può mancare.


Valeria Termini  ha appena pubblicato Energia. La grande trasformazione per Laterza

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