Qualcuno l’ha chiamato condono, anche se è una norma di interpretazione autentica. Pensata per far chiarezza sulle leggi in materia urbanistica, l’obiettivo neanche troppo velato del Salva-Milano è quello di neutralizzare le inchieste della procura meneghina con i suoi almeno 14 fascicoli aperti che vedono indagati architetti, costruttori e dipendenti comunali.

A fine ottobre si è mossa anche la Corte dei conti che, per le Park Towers di Crescenzago, due torri da 81 e 59 metri, ha ipotizzato un danno erariale da 321mila euro. Una cifra che potrebbe moltiplicarsi e non di poco, considerati i tanti progetti contestati. Oltre ai sei già sequestrati, sono circa 150 i cantieri che si sono fermati e che potrebbero essere coinvolti: parola del sindaco Beppe Sala.

Intanto il Salva-Milano ha iniziato il 10 dicembre il suo iter al Senato – dopo che il 21 novembre è stato approvato alla Camera con i voti della maggioranza, del Pd e dei centristi, mentre M5S e Avs si sono opposti – ma il via libera non dovrebbe arrivare prima di gennaio e non è escluso che possano esserci ulteriori modifiche. Il presidente della commissione Ambiente a Palazzo Madama, Claudio Fazzone di Forza Italia, ha ammesso che il testo «non è blindato», e all’interno dei dem i malumori aumentano di giorno in giorno, soprattutto nell’area più vicina alla segretaria Elly Schlein.

Intanto nel capoluogo lombardo gli uffici comunali si blindano in attesa di una legge che non sanerà solo il passato ma indicherà una strada anche per il futuro. Non solo per Milano, che per qualcuno è diventata il «paradiso fiscale dell’urbanistica», dove fino a metà novembre gli oneri di monetizzazione erano bloccati da oltre dieci anni, nonostante il boom immobiliare post Expo 2015, e dove il costo delle case, secondo l’ufficio studi di Tecnocasa, è aumentato del 40 per cento nell’ultimo decennio, mentre gli stipendi sono fermi al palo.

Gli ultimi a prendere posizione sono stati 140 accademici, che hanno firmato una lettera aperta, e la Società degli urbanisti, per evitare che si «arretri di oltre cinquant’anni».

Il sistema-Milano

«L’interpretazione autentica è una soluzione migliore rispetto a quella precedente che poteva sembrare una sanatoria», commenta l’assessore alla Rigenerazione urbana di Milano Giancarlo Tancredi. Il senso della sintesi trovata in parlamento su spinta del Pd per salvare la propria giunta milanese sta tutto qui: evitare un condono, un’implicita assunzione di colpevolezza, e scegliere la via della chiarificazione interpretativa perché, come sottolinea Tancredi, «questa legge va a confermare quanto già scritto nelle norme che qui a Milano abbiamo seguito».

Di diverso avviso la procura guidata da Marcello Viola, che per il momento ha messo in stand-by le inchieste per poi fare quasi certamente ricorso alla Corte costituzionale. Sotto accusa è l’intero sistema-Milano, lo schema è sempre identico: nuove costruzioni spacciate per ristrutturazioni e avviate con procedure semplificate come la Scia o le convenzioni, assenza di piani attuativi e oneri di urbanizzazione più bassi. Con un paradosso: il comune ha perso in questi anni circa 140 milioni di euro, a vantaggio dei fondi immobiliari, ma «alcuni nostri dipendenti sono indagati», spiega l’assessore, «e non ci costituiremo parte civile, anche perché abbiamo sempre sostenuto la correttezza di questi procedimenti».

Nell’ultimo provvedimento della procura – il sequestro del maxiprogetto Scalo House tra via Lepontina 4 e via Valtellina 38 – si parla di «macroscopiche violazioni di legge» e di un «sistema di metodologie illegali di rilascio di titoli edilizi» diventato «ancora più pervasivo». Il perimetro penale è quello della «lottizzazione abusiva»: insieme a funzionari del comune sono indagati costruttori e architetti per aver ricevuto un «indebito vantaggio» grazie anche agli oneri più bassi che, per i pm, si sono tradotti «in una forma di finanziamento occulto». Per il progetto Bosconavigli è indagato anche l’archistar Stefano Boeri. Danno stimato: 5,5 milioni di euro.

«Gruppi di pressione»

Ma il vero salto di qualità è quando nelle carte si parla di «gruppi di pressione che controllano le operazioni immobiliari più lucrative». Arrivando a ipotizzare per alcuni membri della Commissione per il paesaggio il traffico di influenze illecite, reato che non sarebbe schermato dalla scialuppa normativa in discussione al Senato. Non solo: questa lobby avrebbe lavorato per «assicurare il mantenimento di tale sistema, escludendone chi non vi appartiene».

L’ultimo progetto sequestrato è emblematico, approvato solo quando è stato presentato da Paolo Mazzoleni (oggi assessore a Torino, indagato non solo in questa vicenda), anche se pressoché identico a quello di un altro architetto «che ha invece subito diversi dinieghi». Stessa sorte per altri due cantieri per cui sono scattati i sigilli.

Una delle storture del sistema-Milano è proprio nel ruolo della commissione che, da organo consultivo, sarebbe stata usata dal comune come soggetto in grado di rilasciare le autorizzazioni e che «non garantisce indipendenza» perché «composto da professionisti nominati direttamente dal sindaco, che esercitano la libera professione a Milano».

Gli effetti sul territorio

È difficile che il Salva-Milano sarà la panacea di tutti i mali. «L’interpretazione autentica interviene quando c’è un contrasto giurisprudenziale, qui non c’è stata nemmeno una sentenza. Ci sono determine dirigenziali che hanno istituito una prassi e che non sono fondate sull’esistenza di un conflitto», spiega l’avvocata Veronica Dini, che negli scorsi mesi ha presentato diversi esposti per comitati cittadini che hanno in diversi casi dato il via alle inchieste.

Ci sono i dubbi, e ci sono gli effetti concreti del ddl 1309 che farà venir meno l’obbligatorietà di piani attuativi – con la previsione di servizi pubblici per riequilibrare l’arrivo di nuovi abitanti – laddove prima erano richiesti quando si superavano i 25 metri d’altezza e i tre metri cubi per metro quadrato di area edificabile. E definisce «ristrutturazione» edifici che presentano dimensioni «anche integralmente differenti da quelli originari». Il punto principale è «la ricaduta sul territorio – sottolinea Dini – perché si finisce per equiparare l’aggiunta di un piano in una palazzina già esistente a due torri che sostituiscono un capannone abbandonato. Nel primo caso l’impatto sul quartiere non cambia, ma nel secondo arriveranno centinaia di nuovi abitanti: è una perdita concreta di servizi e compensazioni».

Milano nel frattempo è ferma. Non solo per gli investimenti da oltre 12 miliardi di euro in dieci anni che potrebbero sfumare, ma anche l’assessorato all’urbanistica ha chiuso le proprie porte al pubblico.

Oltre cento dipendenti hanno scritto al sindaco chiedendo di essere trasferiti perché, come sottolinea Stefano Mansi, sindacalista e dipendente di quegli uffici, «per 1.400 euro al mese la firma è meglio non metterla. Qui l’aria è pesante – continua – perché alcuni miei colleghi vengono accusati di reati di cui non sono responsabili. Come può essere responsabile un semplice esecutore?»

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