Il collaboratore di giustizia Francesco Di Carlo, nel settembre 1996, raccontava: «Dell’omicidio di Mario Francese ricordo perfettamente la data di commissione – 26/01/1979 - e ricordo anche di avere sentito parlare della vittima circa due anni prima del delitto. In particolare, me ne parlarono, proprio nella prospettiva di una uccisione, Totò Riina, Ciccio Madonia e Pippo Gambino u tignusu»
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Un eccezionale interesse, ai fini della ricostruzione dell’episodio criminoso per cui è processo, è riscontrabile nelle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Francesco Di Carlo.
[…] Nell’interrogatorio del 19 settembre 1996, il Di Carlo ha iniziato ad esporre quanto a sua conoscenza sull’omicidio di Mario Francese, esplicitando: «Di questo omicidio ricordo perfettamente la data di commissione (26.1.1979) e ricordo anche di avere sentito parlare della vittima circa due anni prima del delitto. In particolare, me ne parlarono, proprio nella prospettiva di una uccisione, Totuccio RIINA, Ciccio MADONIA e Pippo GAMBINO u tignusu. Nel periodo in cui ne sentii parlare, il Mandamento di RESUTTANA non era stato ricostituito, e tutto dipendeva ancora da Saro RICCOBONO. Nel 1979, invece, il territorio in cui venne commesso l’omicidio era nelle mani dei MADONIA».
I mafiosi detestavano Francese
[…] Il Di Carlo ha focalizzato i suoi ricordi sull’omicidio di Mario Francese nel successivo interrogatorio del 23 maggio 1997, in cui ha reso le seguenti dichiarazioni:
Domanda: Nell’interrogatorio reso in data 19.9.96 ha già reso dichiarazioni sull’omicidio del giornalista Mario Francese. Le viene chiesto oggi di fornire ulteriori precisazioni al riguardo.
Risposta: Ricordo di avere parlato di tale omicidio solo sinteticamente. Avevo già detto comunque che ne avevo sentito parlato da alcuni anni. Per la precisione ho sentito dire che quel giornalista scriveva troppi articoli attaccando i Corleonesi, e cioè i componenti della famiglia mafiosa di Corleone, in particolare scriveva di LIGGIO e di RIINA, e ciò faceva andando troppo in profondità, “scavando” per capire meglio i fatti di cronaca. Ricordo di averne sentito parlare anche a proposito di uno o più articoli che aveva scritto sul commercialista MANDALARI, che già allora era vicino al RIINA. Non so se ne scrisse a proposito di un arresto o di una perquisizione che il MANDALARI aveva subito. Certo è che ho più volte sentito dire al RIINA personalmente che “non sopportava” quel giornalista. A quel tempo viaggiavo spesso per e da Napoli unitamente proprio a RIINA Salvatore ed a Bernardo BRUSCA perché con loro interessato al contrabbando di tabacchi. I viaggi avvenivano sempre in macchina e perciò c’era molto tempo per discutere di questioni, le più varie ma sempre di un certo rilievo, attesi anche i personaggi con i quali mi accompagnavo, riguardanti Cosa Nostra. Era peraltro un momento delicato per la stessa organizzazione di Cosa Nostra che a seguito della c.d. prima guerra di mafia degli anni ‘60 cercava di ricostituirsi al meglio, e si tessevano pertanto le fila di quegli accordi e di quelle alleanze che avrebbero portato di lì a poco ad un vero e proprio sopravvento dei Corleonesi nella Commissione. Si costituirono a tal fine, ad esempio, i nuovi mandamenti di Resuttana e di Porta Nuova, con a capo rispettivamente Ciccio MADONIA e Giuseppe CALO’, entrambi assai vicini al RIINA. Quando sentii parlare per la prima volta del giornalista Mario FRANCESE, e della necessità di ucciderlo prospettata dal RIINA, il quale è sempre stato, al pari degli altri Corleonesi quali il LEGGIO ed il PROVENZANO, uno che non dimentica le cose e che uccide chi in qualche modo lo ha ostacolato anche a distanza di molto tempo, era all’incirca il 1975, ed era stato costituito da pochissimo tempo il mandamento di Partanna Mondello con a capo Saro RICCOBONO. Ritengo che l’eliminazione del FRANCESE sia stata ritardata in attesa di una situazione migliore anche all’interno della Commissione Provinciale di Cosa Nostra perché Saro RICCOBONO era molto vicino a Stefano BONTATE ed a Gaetano BADALAMENTI, cui sino ad allora era appartenuto anche il territorio che ha poi costituito il nuovo mandamento di Partanna Mondello. L’uccisione è invece avvenuta in un momento di certo più favorevole al RIINA, essendosi già costituito alla data del 26.1.79 il mandamento di Resuttana con a capo Ciccio MADONIA. Ricordo infatti che l’uccisione del FRANCESE è avvenuta in pieno territorio del MADONIA. Per comprendere come mai venissi messo al corrente di fatti assai rilevanti per Cosa Nostra, dico che già a quei tempi ero una delle tre persone più fidate di RIINA Salvatore, e che conoscevo infatti anche il luogo ove lo stesso di volta in volta andava ad abitare durante la latitanza. Io stesso gli ho fornito ospitalità qualche volta. L’altra persona molto intima del RIINA era Giuseppe Giacomo GAMBINO e, per tutto il tempo in cui il RIINA è stato da lui ospitato da latitante, anche Vincenzo ANZELMO, che mi risulta lo avesse ospitato in una abitazione della quale aveva la disponibilità sita nel Borgo Molara di Palermo. Ho sentito parlare nuovamente del progettato omicidio del FRANCESE dopo l’uccisione del Ten. Col. dei Carabinieri RUSSO Giuseppe, avvenuta nell’agosto del 1977. Anche quell’omicidio era stato deciso dalla Commissione Provinciale di Palermo, organo deliberativo di Cosa Nostra, cosa della quale sono certo per averne sentito parlare anche a BRUSCA Bernardo. L’omicidio FRANCESE è da considerare con certezza un omicidio “eccellente” giacché è evidente che con lui si colpiva la stampa e perciò uno dei poteri, anche se di fatto, dello Stato. Sentii dire in quella occasione al RIINA che il FRANCESE, scrivendo e perciò interessandosi anche della morte del RUSSO, si stava avvicinando alla verità circa i reali motivi di quell’omicidio. Al riguardo, dico sin d’ora, con riserva di un adeguato approfondimento, che il RUSSO, che era molto intimo dei SALVO, aveva cercato di interferire nelle forniture e perciò nei subappalti occorrenti per la realizzazione della Diga Garcia, in particolare cercando di inserire persone a sé vicine. Si era anche avvicinato maggiormente ai SALVO, ed a loro aveva fatto un favore, intercedendo presso il Questore dell’epoca di Catania per favorire in un certo senso Giuseppe CALDERONE, capo della Provincia di Catania di Cosa Nostra, e lo stesso Giuseppe DI CRISTINA, amico del CALDERONE, e capo della Provincia di Caltanissetta di Cosa Nostra, poi ucciso. Era stato il DI CRISTINA a chiedere quel favore a Nino SALVO.
Un delitto programmato da tempo
[…] Il Di Carlo nell’interrogatorio del 9 luglio 1997 ha reso le ulteriori dichiarazioni sotto riportate:
Domanda: La registrazione dell’interrogatorio del 23 maggio scorso si interrompe subito dopo l’esposizione da parte sua dei motivi per cui la mattina del giorno in cui è stato poi ucciso il FRANCESE lei si è incontrato con Ciccio MADONIA e con Pino STANCAMPIANO presso i locali del ristorante di quest’ultimo. Dovrebbe ora riferire nuovamente sulle persone che quel giorno accompagnavano Ciccio MADONIA, oltre al figlio Giuseppe il cui nome era stato registrato, e su quanto riferitole quella mattina da Ciccio MADONIA circa gli impegni del figlio Giuseppe.
Risposta: Come ho già detto, Ciccio MADONIA era accompagnato dal figlio Giuseppe, da Armando BONANNO e da Gaetano CAROLLO, sottocapo della famiglia di Resuttana, il cui nome ho ricordato solo adesso.
Ribadisco che, dopo avere visitato il terreno della Favorita ove io e lo STANCAMPIANO avevamo intenzione di avviare in società una nuova attività commerciale nel settore turistico oltre che di ristorazione, Ciccio MADONIA mi disse, in un momento in cui si era appartato per parlare con me, che aveva fretta di andare perché “il figlio Giuseppe doveva andare a fare un sopralluogo”. Capii subito, ovviamente, di cosa si trattava giacché l’espressione “fare sopralluoghi” ha in Cosa Nostra l’inequivocabile significato di esaminare i luoghi - abitazione, ufficio o altro - prescelti per l’esecuzione di un omicidio. Sapevo già da tempo, da circa due anni, che il giornalista Mario FRANCESE doveva essere ucciso, e quando il giorno dopo, 27.1.1979, giorno della mia partenza per il Kenia, ho letto sul giornale che la sera del 26 gennaio era stato ucciso Mario FRANCESE, non solo non mi sono meravigliato, ma ho capito che uno degli autori dell’omicidio era stato proprio Giuseppe MADONIA.
Domanda: Può riferire su altri esecutori materiali dei quali ha avuto notizia?
Risposta: Come avevo già detto, ho avuto espressa conferma dallo stesso Ciccio MADONIA del fatto che il FRANCESE era stato ucciso da suo figlio, e sempre da lui ho saputo che c’erano anche Leoluca BAGARELLA, Armando BONANNO e Pippo GAMBINO “u tignusu”. Poichè l’Ufficio mi ricorda che il 23 maggio avevo riferito anche della partecipazione di Vincenzo PUCCIO, ma non anche di Pippo GAMBINO e di Armando BONANNO, preciso di avere ricordato soltanto adesso i nominativi di questi ultimi, indicatimi da Ciccio MADONIA, e che c’era pure Vincenzo PUCCIO. Non posso precisare invece, perché non lo ricordo bene, se a guidare fosse Pippo GAMBINO o Vincenzo PUCCIO. Preciso peraltro che certamente c’era più di una macchina nel commando omicida, cosa che avviene sempre, occorrendo quantomeno una macchina “pulita”.
Le ultime rivelazioni di Francesco Di Carlo
[...] L’esame delle suesposte dichiarazioni rese dal Di Carlo evidenzia dunque che:
- la decisione di uccidere Mario Francese iniziò a maturare perché i “corleonesi”, ed in particolare Salvatore Riina, non sopportavano l’approfondito lavoro giornalistico da lui svolto, ed espressosi nella pubblicazione di articoli su Luciano Liggio, Bernardo Provenzano, lo stesso Riina, e il commercialista Giuseppe Mandatari;
- il collaborante sentì parlare per la prima volta di Mario Francese da Salvatore Riina intorno al 1975, in un periodo nel quale era stato da poco tempo ricostituito il "mandamento" di Partanna Mondello, con a capo Rosario Riccobono, nel cui territorio rimase compresa la zona di Resuttana sino al 1978, quando venne formato il "mandamento" di Resuttana;
- il Di Carlo era strettamente legato ai “corleonesi”, tanto da essere, per un certo periodo, uno dei tre individui posti a conoscenza del luogo in cui Salvatore Riina conduceva la latitanza;
- il collaborante sentì parlare diverse volte di Mario Francese, nel corso di frequenti viaggi effettuati in autovettura tra Palermo e Napoli per ragioni legate al contrabbando di tabacchi, da Salvatore Riina e Bernardo Brusca, con riferimento agli attacchi lanciati dal giornalista contro i “corleonesi”;
- il Di Carlo sentì parlare dell’intento di uccidere Mario Francese anche da Giuseppe Giacomo Gambino;
- i “corleonesi”, che non dimenticavano gli attacchi ricevuti, diedero ulteriore impulso al progetto di eliminare Mario Francese quando quest’ultimo stava avvicinandosi alla verità negli articoli da lui scritti sull’assassinio del colonnello Russo; ma i tempi non erano ancora maturi, perché l’omicidio del giornalista doveva essere deliberato dalla "Commissione", con il consenso del capo del "mandamento" interessato, che in quel periodo era Rosario Riccobono, molto legato a Stefano Bontate e Gaetano Badalamenti;
- le difficoltà relative all’esecuzione dell’omicidio, ed alla prospettazione del progetto delittuoso nell’ambito della "Commissione", vennero meno una volta che Francesco Madonia (già capo della "famiglia" di Resuttana), nei primi mesi del 1978, venne nominato capo del "mandamento" di Resuttana, costituito mediante il distacco di parte del territorio del "mandamento" di Partanna Mondello; conseguentemente, alcuni mesi dopo fu ucciso Mario Francese;
- la decisione di sopprimere Mario Francese fu adottata inizialmente da Salvatore Riina con il gruppo dei suoi alleati (i “corleonesi”, tra cui rientravano Bernardo Provenzano, Francesco Madonia, Bernardo Brusca, Giuseppe Giacomo Gambino); quando Salvatore Riina comprese che disponeva della maggioranza dei componenti della "Commissione", chiese a tale organismo di deliberare l’omicidio;
- la decisione fu adottata dalla "Commissione" circa un mese prima dell’omicidio;
- in quel periodo la "Commissione" era composta da Giuseppe Farinella (per il "mandamento" di Gangi), Francesco Intile (per il "mandamento" di Caccamo), Antonio Mineo (per il "mandamento" di Bagheria), Calogero Pizzuto (per il "mandamento" di Castronovo di Sicilia), Salvatore Riina o Bernardo Provenzano (che si alternavano nella rappresentanza del "mandamento" di Corleone), Bernardo Brusca (per il "mandamento" di San Giuseppe Jato), Antonino Geraci (per il "mandamento" di Partinico), Michele Greco (per il "mandamento" di Ciaculli), Stefano Bontate (per il "mandamento" di Santa Maria di Gesù), Salvatore Inzerillo (per il "mandamento" di Boccadifalco), Rosario Riccobono (per il "mandamento" di Partanna Mondello), Francesco Madonia (per il "mandamento" di Resuttana), Giuseppe Calò (per il "mandamento" di Porta Nuova, costituito nello stesso periodo di quello di Resuttana), Giuseppe Chiaracane (per il "mandamento" di Misilmeri);
- nella mattina del 26 gennaio 1979 il Di Carlo aveva appuntamento presso il Ristorante “La Scuderia”, sito a Palermo in Viale del Fante, con Francesco Madonia e con il titolare del locale, Giuseppe Stancampiano (socio del collaborante nella gestione di una pizzeria a San Nicola), per prendere visione di un terreno demaniale, ubicato presso il parco della Favorita, su cui essi intendevano ottenere la necessaria concessione per installarvi, in società tra di loro, una attività commerciale operante nel settore del turismo e della ristorazione; Francesco Madonia, peraltro, riceveva dallo Stancampiano il pagamento del “pizzo” e gli assicurava la fornitura delle uova prodotte da un pollaio di sua proprietà;
- Francesco Madonia era accompagnato da altre persone, una delle quali era il figlio Giuseppe; tutti i presenti, dopo avere parlato tra loro all’interno del ristorante, si recarono nel predetto terreno;
- ad un certo punto Francesco Madonia, il quale si appartava continuamente per parlare con il Di Carlo, gli disse - senza che altri potessero udirlo – che era necessario andar via, in quanto il proprio figlio Giuseppe aveva premura “perché doveva andare a fare un sopralluogo”; il Di Carlo comprese immediatamente che il “sopralluogo” si riferiva ad un omicidio, in conformità al linguaggio gergale comunemente utilizzato nell’ambito di "Cosa Nostra" (secondo cui l’espressione “fare sopralluoghi” ha l’inequivocabile significato di esaminare i luoghi prescelti per l’esecuzione di un omicidio);
- Francesco Madonia si espresse con il Di Carlo in termini ancora più espliciti, dicendogli: “così vediamo se possiamo risolvere la questione di quello che chiacchiera assai” (o “così ci facciamo togliere a questo l'abitudine di parlare troppo”);
- nella mattina del giorno successivo, mentre si trovava all’interno dell’aeroporto, in attesa della partenza del volo diretto a Milano, da dove si sarebbe recato a Mombasa, per una vacanza in Kenya in compagnia dello Stancampiano, il Di Carlo lesse i giornali che riportavano la notizia dell’omicidio di Mario Francese, commesso nelle ore serali del 26 gennaio 1979 in Viale Campania; comprese quindi che era quella l’impresa criminosa cui si riferiva l’apporto di Giuseppe Madonia;
- in seguito, Francesco Madonia confermò al Di Carlo che uno degli esecutori materiali dell’omicidio era stato suo figlio Giuseppe, aggiungendo che al delitto aveva preso parte anche Leoluca Bagarella; tra gli altri soggetti indicati da Francesco Madonia come partecipi della fase di attuazione dell’impresa criminale, il collaborante ha menzionato nell’interrogatorio del 23 maggio 1997 Vincenzo Puccio, e nel successivo interrogatorio del 9 luglio 1997 anche Armando Bonanno e Giuseppe Giacomo Gambino; […].
La sentenza in questione è quella della Corte di Assise di Palermo, presidente Leonardo Guarnotta, contro Salvatore Riina +9.
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