Il Viminale, durante un incontro che si è svolto ieri pomeriggio alla Camera, ha spiegato di avere problemi «logistici insormontabili» e che se il Parlamento avesse tentato di forzare la mano al ministero, approvando la legge, avrebbe rischiato «di mandare a monte le elezioni»
Gli studenti fuorisede non potranno votare per le regionali e le amministrative di ottobre nelle città dove risiedono per studio, lavoro o cure mediche. In una riunione informale tra i membri della Commissione affari costituzionali alla Camera – che ha in esame un ddl promosso dal collettivo Peppe Valarioti – e alcuni rappresentanti del ministero dell'Interno, questi ultimi hanno riferito che il Viminale ha dei problemi tecnici «insormontabili» per poter attuare questa legge, anche se fosse approvata dal Parlamento. Uno spiraglio, invece, è stato aperto per le future elezioni politiche, europee e per i referendum.
Il primo firmatario di una di queste proposte di legge, Giuseppe Brescia (M5s), aveva spiegato in esclusiva a Domani che martedì 25 maggio ci sarebbe stato un confronto con la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese, con la speranza di sbloccare una serie di norme volte a permettere ai circa due milioni di fuorisede italiani di votare alle elezioni regionali e comunali del prossimo autunno nella regione di domicilio.
Tuttavia, l'incontro si è concluso con luce rossa: studenti, lavoratori e persone in cura lontani dalla propria residenza continueranno a dover fare una scelta. Votare e, quindi, affrontare spese e ore di viaggio per arrivare alle urne, oppure, più semplicemente rinunciare a un diritto sancito dalla Costituzione.
Alla riunione erano presenti per il ministero dell'Interno il sottosegretario e deputato di Italia viva, Ivan Scalfarotto, e tre funzionari, mentre per la Commissione, oltre al presidente Giuseppe Brescia, c’erano Marianna Madia del Partito democratico (prima firmataria di un’altra proposta di legge analoga), il deputato di Liberi e Uguali Federico Fornaro, Riccardo Magi di +Europa e Igor Iezzi della Lega. In una precedente riunione, invece, avevano partecipato anche Marco Di Maio (Italia viva) e Maurizio D'Ettore (Forza Italia).
Le proposte di legge avevano trovato ampio sostegno da parte di tutte le forze politiche di maggioranza. E l'idea di fondo era quello di unificare i quattro disegni in un unico testo. Ma poi, è arrivato lo stop.
La bocciatura del Viminale
La proposta di legge promossa dagli studenti e dai ricercatori calabresi del Collettivo Beppe Valarioti, scritta dai costituzionalisti Salvatore Curreri e Roberto Bin, prevede che i fuorisede votino nella Prefettura del comune dove risiedono in modo stabile. Le prefetture dovrebbero poi inviare le schede nella regione e nei comuni di residenza.
Il Viminale ha fatto presente di avere problemi «logistici insormontabili» a movimentare le schede dalle città in cui i fuorisede votano alla regione o ai comuni di origine. Se il Parlamento avesse tentato di forzare la mano al ministero approvando la legge, avrebbe rischiato «di mandare a monte le elezioni», ha spiegato Scalfarotto.
Il sottosegretario ha tuttavia aperto uno spiraglio per future elezioni politiche, europee e per i referendum: permettere ai fuorisede di votare nelle città del domicilio, ma per quella circoscrizione e non per quella del comune di abitazione originaria. Ovviamente per il referendum la questione sarebbe ancora più semplice, visto che non ha circoscrizioni.
Diverse perplessità sono state espresse su questa soluzione dai rappresentanti della Commissione e Riccardo Magi ha insistito sulla necessità di spingere sul voto elettronico, magari non da casa ma dalle prefetture stesse.
Giuseppe Brescia, presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera e relatore al ddl sul voto per i fuorisede, ha continuato a insistere, chiedendo che venga trovata una soluzione entro le prossime elezioni politiche: «Penso che non dobbiamo desistere e che tutti i gruppi debbano prendere posizione davanti a un problema reale sentito da centinaia di migliaia di cittadini», ha dichiarato il deputato dei Cinque stelle dopo lo stop del ministero dell'Interno. «Sono convinto - ha aggiunto - che per le prossime politiche saranno pronte soluzioni adeguate da parte dell'amministrazione dell'Interno. Sarebbe imperdonabile non aver trovato una soluzione e non garantire il diritto di voto», ha concluso.
La reazione dei fuorisede
La rete Voto sano da lontano, a nome di tutti i collettivi aderenti all'iniziativa e dei fuorisede sparsi su tutto il territorio nazionale, si è detto preoccupato per la posizione espressa dal ministero dell'Interno.
Il Viminale, infatti, a causa di ostacoli non meglio definiti come «insormontabili», ha escluso categoricamente la possibilità di voto a distanza nella tornata elettorale si settembre e ottobre prossimi, che riguarderà più di 1.300 Comuni e la regione Calabria.
«Quel che suona incomprensibile è come gli ostacoli insormontabili siano stati da tempo superati nella maggior parte degli altri Paesi europei, nei quali i cittadini fuori sede possono votare per posta, in un seggio presso il proprio domicilio o anche per delega», dicono dal comitato.
Le proposte di legge in discussione presso la Commissione Affari Costituzionali già contenevano diverse soluzioni, anche di immediata applicazione.
La campagna Voto sano da lontano è nata sei mesi fa per destare l’attenzione sul pericolo che il quadro pandemico così incerto rappresenterà per l’esercizio sostanziale del suffragio, costringendo nei fatti i fuorisede a scegliere tra il diritto costituzionale al voto e quello, fondamentale, alla salute.
La decisione del Viminale, dunque, «svantaggia le categorie meno tutelate in Italia, tra cui giovani studenti e lavoratori la cui vita è scandita dalla mobilità, i quali vedranno la possibilità di esprimere il proprio voto fortemente compromessa, anche a causa dei costi proibitivi dei viaggi che sarebbero costretti a intraprendere», proseguono.
Quelle di autunno saranno elezioni fondamentali, perché verranno eletti gli amministratori che dovranno gestire i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un progetto che pone al centro i giovani, la Next Generation EU, senza tuttavia ascoltare a pieno la voce di quella generazione.
La rete di fuorisede chiede a tutte le parti politiche di agire. Dicono, si aspettano che anche il Parlamento si imponga affinché la norma venga approvata in fretta e prima della tornata elettorale.
«La Rete, pur consapevole della sfida che il voto a distanza in autunno porrà alla macchina ministeriale e alle amministrazioni, auspica che l’energia positiva di tutte le cittadine e i cittadini che si battono per il proprio diritto di voto costituisca una spinta propulsiva alla tutela della nostra democrazia», concludono i rappresentanti del collettivo.
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