A due settimane dai Giochi di Parigi, parla il presidente del Coni Giovanni Malagò. La delegazione avrà 403 qualificati, ma senza le nazionali dei due sport di squadra dalle maggiori risorse economiche: «C’è amarezza perché in queste discipline con le donne ancora non siamo competitivi. Potrebbe cambiare qualcosa se i militari decidessero di investire in un progetto». E poi il gender gap, i rapporti con i ministri, lo sport a scuola, Milano-Cortina 2026
Se lo sport fosse il sole, Giovanni Malagò ed io saremmo come Mercurio e Nettuno, i due pianeti tra loro più distanti e più diversi che gravitano nel sistema. Abbiamo prospettive e angolazioni diverse dalle quali lo guardiamo. Dopo qualche anno senza vederci ci siamo ritrovati casualmente ospiti alla presentazione di un libro. Un’occasione per parlare delle nostre "convergenze parallele” a due settimane dall’apertura dei Giochi di Parigi
Ci conosciamo dall’elezioni in giunta nazionale CONI, era il quadriennio 2001-5. Allora lo sport era una piccola parte della sua vita, ora invece tra presidenza CONI, CIO e Fondazione Milano - Cortina, penso sia tutta la sua vita e anzi, probabilmente, una sola non le basta. O no?
Onestamente lo sport non è tutta la mia vita. Ogni giorno mi ritaglio momenti da dedicare all’azienda di famiglia di cui sono presidente e amministratore delegato, azionista di riferimento, e ad altre società di cui ho la partecipazione e a cui sono legati i miei interessi economici. Verso lo sport ho un approccio volontaristico. Riesco a portare avanti tutto grazie a un enorme lavoro di collage sull’agenda. Mi riconosco come un grandissimo pianificatore della quotidianità.
Il primo record dell’Olimpiade di Parigi 2024 è già stato battuto: 403 qualificati, a Tokyo erano 384, con numeri strepitosi per atletica, canottaggio, nuoto, scherma, ciclismo. Grandi assenti sono gli sport di squadra, fatta eccezione per pallavolo e pallanuoto maschile e femminile. Non ci saranno azzurri nel calcio, pallacanestro, basket 3x3, pallamano, rugby a 7, hockey. Quali pensa siano le cause?
Abbiamo qualificato circa 20 atleti in più rispetto a Tokyo ma con due squadre in meno, allora erano presenti il softball e la pallacanestro maschile. Gli atleti ammessi a Parigi sono 10.500 rispetto agli 11.600 di Tokyo e quindi siamo riusciti ad avere più qualificati nonostante il 10% del totale in meno. Pensiamo a quali numeri avremmo toccato se ci fossero state anche le squadre. I grandi assenti sono solo calcio e basket perché gli altri, pallamano e hockey su prato, non ci sono mai stati nella storia italiana ai Giochi, così come il rugby. Il calcio è stata una grande delusione, la squadra era molto competitiva. Nella pallacanestro ci speravo proprio: è vero che giocare un torneo preolimpico è sempre una grande incertezza, ma Lituania e Portorico erano avversarie scomode, non impossibili. C’è amarezza anche perché in queste due discipline con le donne ancora non siamo competitivi. Devo invece dare atto a pallanuoto e pallavolo che malgrado la complessità del sistema di qualificazione, ci siamo e siamo una nazione leader.
I gruppi sportivi militari, definiti la spina dorsale dello sport italiano, sono praticamente assenti negli sport di squadra. Potrebbe essere questa la ragione del disallineamento tra risultati individuali e a squadre?
Nel calcio e nel basket, i grandi assenti, pur avendo noi una tradizione secolare, negli ultimi anni siamo arretrati rispetto agli sport individuali: riguarda la difficoltà e complessità del movimento. Però si, potrebbe effettivamente cambiare qualcosa se Guardia di finanza, polizia, esercito decidessero di investire in un progetto su hockey su prato e pallamano, come peraltro stanno iniziando a fare con il rugby.
I Giochi di Parigi saranno i primi della parità. Su 10.500 qualificati, 5.250 sono donne e altrettanti uomini. Tuttavia, la partecipazione è solo uno dei punti strategici per la parità di genere che il CIO ha previsto, insieme a leadership, sicurezza, allocazione delle risorse, immagine. Sappiamo quante donne italiane saranno a Parigi in ruoli di leadership dirigenziali e tecnici nella delegazione olimpica?
Su 449 accreditati, 71 sono donne. Sicuramente in questo senso non c‘è parità di genere ma è anche un discorso legato alle scelte professionali, perché le delegazioni sono composte da dirigenti, medici, tecnici, fisioterapisti e addetti stampa.
Un medagliere olimpico non basta come indicatore dello stato di salute sportiva di un Paese. Lo stesso La Torre, nel suo libro Allenare per vincere dice che «l’eccellenza nello sport non include solo l’alto livello» ma anche l’attività agonistica non di vertice e l’attività fisica per il benessere personale. Gli ultimi dati dicono che in Italia, tra i 15 e 23 anni un ragazzo su 4 e una ragazza su 3 si dichiarano sedentari. Le cause sono varie e anche le responsabilità, ma il Coni, per un secolo unico interlocutore della scena sportiva, non avrebbe potuto fare di più?
Tutti possono fare di più però il CONI per anni ha cercato il più possibile di sopperire alle carenze strategiche dei vari governi che si sono succeduti. Il problema parte dalla scuola: i Paesi democratici, occidentali, moderni, li chiami come vuole, hanno risolto il problema garantendo un eccellente servizio sportivo scolastico. Il CONI non ha mai avuto la parola scuola nel suo statuto nemmeno quando era interlocutore unico. C’è un equivoco di fondo. Il CONI faceva qualcosa, all’interno del sistema scolastico, ricordo i Giochi della Gioventù che l’attuale governo vuole ripristinare, ma questo è un tema che deve riguardare il ministero dell’istruzione. In Italia abbiamo 8.000 scuole, non è facile fare qualcosa per qualcuno. Io ritengo che il CONI si sia occupato bene di circa 14 milioni di italiani, tesserati delle federazioni nazionali e discipline associate: ce lo riconoscono anche all’estero. Il problema è che serve un intervento per gli altri 46 milioni che non erano di competenza del CONI quando era interlocutore unico, né lo sono ora che esiste Sport e Salute.
La modifica dell’articolo 33 della Costituzione cambierà qualcosa?
Io non lo so ma non esiste una legge buona senza decreti attuativi. Al momento la declinazione attuativa non c’è.
All’opinione pubblica risulta difficile accettare che ci siano presidenti federali al settimo e all’ottavo mandato. Che la legge lo consenta o meno, non pensa che sarebbe interessante e forse più coerente, se pure per la ricandidatura dei presidenti si applicassero criteri di merito attraverso degli indicatori come medaglie vinte, atleti qualificati ai grandi eventi?
Argomento delicato. La legge 8 del 2018 limitava a tre il numero di mandati. Il Parlamento l’ha voluta modificare e ha tolto il limite. L’opinione pubblica è la stessa che ha espresso fiducia a quella maggioranza che ha ritenuto non andasse più bene quanto deciso in precedenza. Da rappresentante di un ente pubblico, potrei mai disconoscere quanto deciso dal parlamento? Lo dico sebbene il Coni, al contrario delle Federazioni, non benefici di questa opportunità. E quando dico CONI intendo tutto il sistema, quindi anche i dirigenti e i volontari degli enti territoriali. Tutto a pochi mesi dalle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. Aggiungerei anche i Giochi del Mediterraneo che arrivano subito dopo, e che hanno una funzione geopolitica delicata, visto il momento critico internazionale.
Il lavoro di squadra è uno dei valori di cui lo sport va fiero. Spesso però tra i vertici delle istituzioni sportive non sembra prevalere una dialettica costruttiva e sinergica, mi sbaglio?
La differenza la fanno sempre le persone, vorrei specificare che si può essere o meno d’accordo con le regole ma il CONI è rappresentato stabilmente da chi viene eletto o eletta. I nostri interlocutori invece sono nominati e in questi anni si sono susseguite tante persone diverse. Alle volte è andata bene, altre volte mediamente bene o male.
La sostenibilità non solo ambientale, ma anche economica e sociale, è diventata uno degli obiettivi principali dell’azione del CIO. Le linee guida volute ed entrate pienamente a regime per Parigi 2024, riguardano anche l’edizione invernale di Milano-Cortina 2026. Come ha reagito il CIO alla pista da bob voluta – è il caso di dirlo - “a tutti i costi”?
Nel 2019 il CIO ha accettato la candidatura di Milano-Cortina che prevedeva il rifacimento della pista da bob ovvero fare il necessario per renderla fruibile. Questo vuol dire anche demolirla per ricostruirla. Poi in virtù di una gara andata deserta, si è pensato di usare piste all’estero. Il governo ha avuto un sussulto di orgoglio e ha deciso di abbassare il capitolato per realizzarla. Io rappresento il comitato organizzatore, non costruisco niente. Chi costruisce è la SIMICO. Io rappresento la fondazione, un soggetto privato che poi fornirà i servizi all’opera realizzata. Siamo stati spettatori interessati di questa vicenda.
Essere numero uno dello sport italiano le basta oppure ogni tanto sogna o ha sognato di essere campione olimpico?
‘Mmazza, che domanda mi fa. Partendo dal presupposto che non avevo nessuna chance di diventare campione olimpico, ringrazio ogni giorno di avere il ruolo che ho nello sport.
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