Marcell Jacobs è soddisfatto e finalmente la cura Rana Reider, praticata da otto mesi, sembra funzionare: Jacobs non correva in questa dimensione cronometrica (10”03) da venti mesi e veniva da una prestazione, a Ostrava, che aveva attivato il campanello d’allarme con un suono lacerante: in 10”19 correva un altro Jacobs, non quello dell’annata 2021, preziosa e unica come una bottiglia di uno Chateau famoso conservata in un caveau o battuta in un’asta milionaria. Ma le analisi, con quello che che sta per essere messo in palio, devono esser ripulite dai facili entusiasmi, sconfinare nell’asettico.

Appena finito su un’isola sconosciuta, Robinson Crusoe aveva annotato il bene e il male della sua situazione. Nel caso di MJ, l’elenco dei fatti negativi può prendere il via con il piazzamento, quarto, probabilmente quinto se un crampo non avesse fulminato il piccolo britannico Jeremiah Azu. La partenza di Marcell è stata buona e il passaggio alla fase lanciata efficace. Ma sono mancati gli ultimi dieci metri, lo dice anche lui: «Non mi sono sentito al 100% e la fase di transizione non mi è piaciuta tanto. Per i primi 90 metri ho pensato soltanto a me stesso, negli ultimi 10 metri mi sono indurito. Dopo il 10”19 ero spaventato ma il mio allenatore mi ha tranquillizzato, mi ha fatto capire che tutto questo rappresenta un processo. Europei, Olimpiadi, un passo alla volta. Ho avuto sensazioni migliori, ma so che posso limare ancora un po’. In questi giorni, a Rieti, lavoreremo sulla brillantezza».

In ritardo

Esaminati i partecipanti, la gara del Bislett aveva l’aspetto e la consistenza della simulazione di una semifinale olimpica, con una testa di serie, il sudafricano Akani Simbine, e quattro pretendenti al secondo posto. Anche i tempi finali (Simbine 9”94, 41a discesa sotto i 10” per chi non è mai riuscito a salire su un podio importante, il giapponese Hakim Sani Brown, compagno di allenamento di Marcell, 9”99, il potente camerunense Emmanuel Eseme 10”01) possono anticipare quel che accadrà sul rettilineo dello Stade de France, quando Noah Lyles inseguirà il bis individuale e il poker con le staffette.

Per aver accesso tra gli otto e poter difendere il suo titolo, Jacobs deve togliere una manciata di centesimi, forse un decimo. Ha il tempo (all’atletica olimpica mancano due mesi) e ha le occasioni perché il tempo di Oslo si trasformi nell’inizio di una nuova parabola. Sarebbe l’ultima da tracciare: a settembre Jacobs taglierà il traguardo dei trent’anni.

La prima delle chances viene offerta tra una settimana. Jacobs mette in palio la prima delle sue corone, quella europea conquistata quasi due anni fa a Monaco di Baviera con il suo ultimo tempo sotto i 10”, 9”95, per lasciare a quattro centesimi Zharnel Hughes, nato ad Anguilla, uno di quegli “spiccioli” di impero che permettono a chi vede la luce da quelle parti, di poter ottenere passaporto e cittadinanza britannica.

Il faccia a faccia tra Jacobs e Hughes è una prima spruzzata di spezie sugli Europei che tornano a Roma dopo mezzo secolo. Hughes, allenato in Giamaica da Glenn Mills, il tecnico del miracolo Bolt, ha rinunciato ai 200, che avrebbe vinto facilmente (19”96 al primo assaggio di stagione e un primato personale a un centesimo dl 19”72 di Pietro Mennea) per sfidare e battere il campione olimpico e saldare il conto di Monaco di Baviera. Chi l’ha visto alle Staffette Mondiali delle Bahamas, un mese fa, ha avuto l’impressione dello spostamento d’aria al suo passaggio. Una piccola breccia che può conceder chances ai rivali: sul piano del carattere, della tenuta emotiva, Hughes non è un mostro.

Rivali, al plurale, perché Jacobs non sarà solo a sfidare Hughes. Se si riprenderà dall’acciacco di Oslo, Azu, allenato da Marco Airale, può metter sul piatto le ambizioni di chi ha appena sceso a 9”97 e un altro azzurro, Chituru Ali, comasco con radici famigliari in Ghana e Nigeria, ha deciso di estraniarsi dal gruppo della staffetta per cercare gloria individuale. Il gigante, vicino ai 2,00 per un quintale, una specie di Bolt, ha impegnato Jacobs nello Sprint Festival dei Marmi e in stagione ha corso in 10”01 ventoso a Nairobi e in 10”06 regolare a Dubai. Con buona pace di certi personaggi, l’Italia è sempre più All Black.

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