Nel suo discorso di insediamento, il presidente del Consiglio ha utilizzato temi e argomenti a cui siamo abituati da tempo, ma nelle sue parole c’era anche qualcosa di nuovo
- Il discorso si inserisce nella tradizione, molto diffusa negli ultimi anni, di chi ritiene che la scuola abbia come principale funzione quella di preparare al mondo del lavoro.
- Nelle sue parole c’era poco invece per chi, diversamente, ritiene invece che la formazione di cittadini responsabili debba avere la precedenza.
- Ma Draghi ha anche introdotto con forza il discorso sulle diseguaglianze tra Nord e Sud e ha parlato della necessità di investire nella ricerca e nell’istruzione professionale come di due obiettivi che devono essere perseguiti insieme.
Mario Draghi ha messo la scuola e l'istruzione tra le priorità del suo discorso di insediamento. Del tema ha parlato più a lungo di quanto abbia fatto su parità di genere, mezzogiorno e Recovery fund. Fin dal suo primo accenno alla scuola, il tono e il lessico che ha utilizzato sono stati quelli a cui ci hanno abituato gli interventi dei presidenti e degli studiosi di Banca d’Italia negli ultimi anni.
Draghi ha usato parole chiave come «capitale umano», «merito» ed «eccellenza».
Il pensiero sotteso al suo discorso, e in alcuni passaggi esplicitato, è che la scuola ha come principale funzione quella di preparare giovani con le competenze richieste dal mondo delle imprese.
Per Draghi c’è un nesso fondamentale tra «cambiamenti nel mercato del lavoro» e i necessari «adeguamenti del mondo dell’università» e dell’istruzione più in generale.
In questo senso, le parole di Draghi si inseriscono nella continuità che ha caratterizzato tutte le principali riforme della scuola degli ultimi anni e concedono poco, invece, a chi diversamente pensa che la funzione della scuola debba essere principalmente quella di formare cittadini di uno stato democratico.
Ma alcuni punti toccati da Draghi fanno pensare che il presidente del Consiglio non si inserirà perfettamente nel solco scavato soprattutto a partire dalla riforma di Mariastella Gelmini del 2008-2010 (ministra dell’Istruzione e dell’università nel governo Berlusconi e oggi alla guida del ministero per gli Affari regionali).
Parlando dei danni causati alla scuola dalla pandemia, ad esempio, ha sottolineato come questi abbiamo colpito il paese in maniera diseguale, penalizzando soprattutto gli studenti delle aree più fragili del paese.
Queste diseguaglianze andranno rimediate nelle prossime settimane, ma, ha detto Draghi, il ritorno a scuola deve comunque «avvenire in sicurezza».
Draghi ha parlato anche di un massiccio investimento destinato agli istituti tecnici, sottolineando che con il Recovery fund riceveranno fondi pari a venti volte il finanziamento annuale. Questo investimento avverrà di pari passo con una maggiore spesa in ricerca.
Draghi segna quindi un altro punto di distacco con il passato: aumento generale degli investimenti in istruzione, invece che taglio di università e ricerca per destinare quanto risparmiato alla formazione tecnica.
In sintesi, Draghi si pone sulla scuola in una sorta continuità critica verso il passato. Vedremo come il discorso si tradurrà dalla teoria alla pratica. È in questo passaggio che, spesso, che si celano le trappole.
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