A cinque giorni di distanza dalla cattura di Matteo Messina Denaro, dopo trent’anni di latitanza, i carabinieri del Ros proseguono le indagini per capire chi ha protetto il boss di Cosa nostra e scoprire nuovi materiali che possono risolvere questioni ancora irrisolte.

Oltre ai due covi e a un terzo bunker che sono stati trovati nei giorni scorsi, gli inquirenti sono venuti a conoscenza dell’esistenza di altre tre case nella disponibilità di Messina Denaro. I carabinieri sono sul luogo e cercano carte e tracce biologiche. Due rifugi sono sempre a Campobello di Mazara e un altro a Capo Granitola. Quest’ultima abitazione potrebbe essere riconducibile a un noto avvocato della provincia attualmente in pensione, che peraltro è il proprietario di un altro appartamento che si trova di fronte alla casa di Salvatore Messina Denaro, fratello del capomafia.
Campobello di Mazara è cinta d’assedio dalle forze dell’ordine. È possibile che i carabinieri possano trovare altri luoghi dove ha trovato riparo il boss di Castelvetrano.

L’autista

Rimane in carcere Giovanni Luppino, arrestato nello stesso blitz che ha portato alla cattura del boss mafioso e considerato il suo autista. È indagato per favoreggiamento con l’aggravante mafiosa, secondo le forze dell’ordine è poco probabile che non sapesse che l’uomo che si nascondeva dietro l’identità di Andrea Bonfede fosse Matteo Messina Denaro. 

Nelle carte dell’ordinanza di custodia cautelare del gip Fabio Pilato e diffuse dalla stampa, a Luppino è stato affidato un incarico che era «assegnato a persone di massima fiducia, in grado di garantire segretezza, sicurezza ed affidabilità degli spostamenti» di Messina Denaro.

Nelle tasche di Luppino sono stati trovati «un coltello a serramanico della lunghezza di 18,5 cm e due cellulari posti in modalità aereo prima di essere spenti». Agli inquirenti l’autista ha detto «di ignorare la vera identità del Messina Denaro, specificando che, circa sei mesi addietro, il suo idraulico di fiducia, Andrea Bonafede, glielo aveva presentato indicandolo come un suo cognato, di nome Francesco. Dopo quel brevissimo incontro, durato appena una manciata di minuti, non lo aveva più visto né incrociato, fino alla mattina del 16.1.2023 quando il tale Francesco, sedicente cognato di Andrea Bonafede, si era presentato all'alba (ore 5,45 del mattino) per chiedergli la cortesia di accompagnarlo a Palermo, dovendo sottoporsi a delle cure mediche in quanto malato di cancro».

Trattandosi di un soggetto «a stretto contatto con il noto latitante può senz’altro presumersi che egli sia custode di segreti e prove che farebbe certamente sparire se lasciato libero. A ciò aggiungasi che occorre svolgere degli accertamenti sui pizzini dal contenuto sospetto rinvenuti al momento della perquisizione», si legge nelle carte.

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