Il mal tempo blocca le operazioni. Gli uomini della Guardia costiera stanno riprovando ad avvicinarsi alla costa della più piccola delle isole Pelagie. Nella notte uno sbarco a Pozzallo
I flutti rendono impossibili gli aiuti e trentacinque migranti sono bloccati da ieri sull’isolotto di Lampione nelle isole Pelagie, in Sicilia. Tra loro dovrebbero esserci anche delle donne incinte. La motovedetta della Capitaneria, domenica ha ripetutamente provato ad avvicinarsi per imbarcare il gruppo ma il mare mosso, con onde alte, non ha consentito il soccorso e il trasbordo in sicurezza sulle unità militari. Sarebbero stati portati loro dei viveri.
Da stamani, gli uomini della Guardia costiera stanno riprovando ad avvicinarsi alla costa della più piccola delle isole Pelagie. La polizia ha consegnato ai militari della motovedetta dei viveri da lanciare, qualora non si riuscisse ancora a portarli in salvo, ai migranti.
Nella notte invece altre 35 persone sono state tratte in salvo e portate a Pozzallo. «Sono quasi tutti giovani, originari del Bangladesh e dell'Afghanistan - spiega il sindaco Roberto Ammatuna - buona parte erano in stato di ipotermia perché sono giunti mentre era in corso una grande burrasca. Infatti, erano tutti zuppi d'acqua. Uno di loro è stato portato in ospedale».
I naufraghi viaggiavano a bordo di un piccolo barchino e tra di loro due minori. Presso l'hotspot ci sono così 325 persone, tra cui 44 nuclei familiari, 239 uomini, 63 donne e 23 minori accompagnati.
Salvare i neonati
I medici che hanno prestato i soccorsi negli ultimi periodi stanno vedendo crescere il numero delle donne che si imbarcano nonostante lo stato interessante. «Non ci sono stati sbarchi nelle ultime 24 ore ma quello che emerge è che sempre più donne in gravidanza, anche al nono mese, si mettono in viaggio per raggiungere Lampedusa e quindi l'Italia» ha raccontato ad askanews il responsabile del poliambulatorio di Lampedusa Francesco D'Arca.
Il dramma dei maltrattamenti dai punti di partenza non riguarda solo la Libia: «Le condizioni sanitarie di chi arriva a Lampedusa sono legate al paese da dove partono, chi arriva dalla Tunisia ha segni di violenza sul corpo, vengono infatti percossi e colpiti nei centri di raccolta». E negli ultimi mesi, rileva il medico, «moltissime donne in gravidanza si mettono in viaggio». Forse, dice ancora, sono «convinte da chi organizza questi viaggi della speranza che in Italia ci sia lo Ius soli. Stiamo comunque gestendo la situazione grazie ad un lavoro quotidiano e approfondito».
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