- Nato nel 1899, stesso anno del Milan, il ristorante Giannino è stato per anni una sorta di sede parallela della società rossonera. Galliani ci andava spesso a mangiare e lì portava giocatori, procuratori e dirigenti per le trattative.
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Da Giannino Galliani ha costruito il Milan per quasi dieci anni, fino a quando, nel 2013, il ristorante non ha cambiato gestione. La svolta è dovuta al suo legame con Lorenzo Tonetti, proprietario del ristorante in quegli anni, milanista e socio della figlia di Galliani.
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Su quei tavoli hanno firmato molti giocatori; giornalisti e tifosi si appostavano per avere notizie. Quando nel 2013 Balotelli stava per firmare con il Milan, all'esterno c'erano mille tifosi festanti. Da quel ristorante parte anche la storia di Giuseppe Riso, che era concierge e ora è un procuratore tra i più importanti.
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Arrigo Sacchi, Silvio Berlusconi e Adriano Galliani / Foto LaPresse
Negli anni migliori capitava che Adriano Galliani ordinasse un risotto giallo con l'ossobuco per sé e un attaccante per il Milan, restando allo stesso tavolo. Da “Giannino”, il ristorante che così ha costruito un pezzo di storia. Per farlo sentire a casa c’era una sala in cui poteva sedersi direttamente, circondato da cimeli calcistici, e chi pasteggiava con lui capiva che quello non era un ristorante, ma una specie di sede non ufficiale (quella ufficiale era non troppo distante) di una società che continuava a sognare in grande, un posto che valeva come garanzia: lì dentro, a quei tavoli, si sono scritti pezzi di storia del pallone. Quindi, se c’eri seduto, forse facevi parte di quella storia o stavi per entrare a farci parte. I ristoranti, quando hanno vicende così, sono luoghi in cui il calcio stringe accordi, pianifica strategie, costruisce sogni. Tavole imbandite per patti segreti o per l'esibizione del campione, ambienti a metà strada tra un contratto da firmare e il gossip. A pancia piena, però.
L’ufficio distaccato di Galliani
Il centro di tutto, nel mondo Milan di una decina di anni fa, era infatti diventato il ristorante Giannino, per certi versi quartier generale del berlusconismo di quei tempi.
Lì arrivava Galliani più o meno per ogni pasto, contribuendo nel tempo ad alimentarne il mito. Se arrivava lui, c'erano comunque notizie in caldo. Se arrivava con un calciatore, con un procuratore, con un dirigente di un'altra squadra, probabilmente c'era una trattativa di mercato in corso.
“Giannino” era nato come fiaschetteria toscana nel 1899 e aveva vissuto di alti e bassi, passando dalla doppia stella Michelin nel 1970 a un periodo di declino interrotto dall'arrivo di Daniele Oldani come chef e poi ricominciato.
Fino a quando, nel 2006, in una situazione difficile viene rilevato da Lorenzo Tonetti e altri due soci: Joseph Ghapios, un ristoratore egiziano, e Kakha Kaladze, difensore georgiano del Milan. Il Milan non entra nell’esplosione di Giannino per il suo giocatore cotitolare, ma perché Tonetti conosce già Galliani, gli è spesso accanto allo stadio, tifa per i rossoneri e in qualche modo è uno di famiglia.
Proprio Tonetti lo racconta: «Ero socio di una società di catering in cui c'era anche la figlia. Rilevai il ristorante praticamente dal fallimento e cambiai la sede». Trasferimento in via Vittor Pisani, la sede del Milan era in via Turati: a piedi, dieci minuti scarsi.
Da lì a diventare praticamente l’ufficio distaccato di Galliani è tutto molto facile, sfruttando il legame che c’era già e che Tonetti racconta: «Berlusconi e Galliani andavano anche al vecchio Giannino, in via Sciesa, e sono rimasti fedeli. Forse non è nemmeno un caso che il ristorante fosse nato nel 1899, che è lo stesso anno della fondazione del Milan. Oppure è solo un caso, ma è bello comunque rimarcarlo».
Piatti e notizie
Giannino aveva già la sua popolarità, anche con alterne fortune, ma diventò un ristorante da prima pagina proprio per quel rapporto con Galliani, ora amministratore delegato del Monza berlusconiano e all'epoca plenipotenziario del Milan, sempre berlusconiano.
La costruzione dell'epica nasce dalla combinazione di casualità e talento: il dirigente va e viene, invita gente, incontra potenti, è una sorta di influencer nell'epoca in cui non ce ne sono. E Tonetti, che capisce che intorno a questa consuetudine si può costruire una storia di successo, regge il gioco anche in modo parecchio naturale, essendo a sua volta milanista: una delle quattro sale diventa “sala Milan”, con foto storiche dei rossoneri e pareti che rendevano omaggio agli avventori abituali.
Il resto sono notizie e passaparola, perché se Galliani porta lì tutte le persone con cui conduce trattative o stringe accordi, appostarsi è sempre una buona idea. Lo fanno i giornalisti, che consumano le loro scarpe in attese fuori dal ristorante non per chiedere a Galliani se ha gradito il pasto, ma una frase che avrebbe riempito i giornali del giorno dopo.
«Ho viste tante trattative – racconta Tonetti -, nemmeno le ricordo più, perché quello che immaginate come straordinario, in realtà era l'ordinario. Forse Beckham è stata una delle trattative più lussuose che ho visto. E Balotelli una delle più importanti, delle più attese. Fuori dal ristorante, mentre Mario cenava con Galliani, c’erano mille persone».
Indovina chi viene a cena
Quella volta in cui Mario Balotelli era a cena, a gennaio 2013, davanti a Giannino, al freddo come può essere una sera invernale milanese, era come si fosse trasferito un pezzo di stadio. Per esaltare il nuovo arrivo, perché quelli erano gli anni in cui l’attaccante era SuperMario (era stato l’anno prima tra i 23 candidati al Pallone d'oro) e perché si era lasciato male con l’Inter che, da quelle parti, vale come un plus sul curriculum. C’era così tanta voglia di salutare l’attaccante, al tavolo con Galliani, che finì con una carica della polizia per arginare la folla.
Balotelli uscì dal ristorante a cena terminata, saltò con i tifosi e scoppiò l'amore. Galliani pagò il conto della serata e, il giorno dopo, venti milioni di euro al Manchester City per rinforzare il Milan.
Ci sono state cene festanti, trattative felici e anche sorprese. Una, dell'estate del 2007, la racconta ancora Lorenzo Tonetti: «Il Milan stava per prendere Deco. Vennero lui e il suo procuratore Mendes a Milano per parlare con Galliani: mangiano per due giorni di fila, a pranzo e a cena. Poi però il Milan decise di puntare su un altro giocatore e abbandonò la trattativa».
L'altra è stata più volte raccontata da Mino Raiola e dai retroscenisti di calciomercato. Nell'agosto del 2006, con la Juve finita nel vortice di Calciopoli, Milan e Inter si contendevano Ibrahimovic, però i rossoneri non potevano ancora promettergli di giocare la Champions perché dovevano affrontare il preliminare.
Quando vinsero contro la Stella Rossa, qualificandosi per la coppa più importante, Galliani telefonò a Raiola: «Mino, abbiamo vinto. Venga da Giannino, così firmiamo il contratto con Ibrahimovic. C'è anche Berlusconi». Ma Raiola era con i dirigenti dell'Inter, aveva già firmato con loro.
Allora si fece dare un passaggio da Ausilio, diesse interista, al ristorante e andò a salutare Berlusconi e Galliani per dire che Ibra avrebbe giocato a Milano, quell'anno, ma con gli altri.
Poco male, i racconti delle trattative e quelli gioviali si incrociano. Cosa accadde dopo quella partita e la notizia che Ibra sarebbe andato comunque all'Inter, è un esercizio facile per la memoria di Tonetti: «Allestimmo un cena per la squadra alle cinque di mattina, per festeggiare la qualificazione. Quella Champions, poi, l’abbiamo vinta, battendo ad Atene il Liverpool in finale. Diciamo che portò bene».
Da cameriere a procuratore
Non sono nate solo grandi squadre, da Giannino. Giuseppe Riso, da Reggio Calabria, sta diventando uno degli agenti più pesanti del calcio attuale, ma prima di rappresentare calciatori importanti (Tonali, Frattesi, Cristante, Pessina e altri) e diventare protagonista di trattative a molti zeri, in quel ristorante lavorava da concierge. C'era arrivato perché aveva iniziato a portare i primi calciatori della sua “scuderia” a mangiare lì e, come cambio merci, lavorava con Tonetti per poter permettere loro di mangiare gratis. Ma dalla triangolazione con Tonetti e Galliani, avviata a San Siro quando Riso faceva il barman allo stadio, è nata per lui la possibilità di espandersi, con una rete di relazioni facilitata e che ora gli permette di dare del tu agli assi del calciomercato.
Anche se Giannino, quel Giannino, non esiste più: Tonetti continua a fare l’imprenditore, ma ha diversificato, il ristorante, che ha pure attraversato momenti di difficoltà economica, è passato di mano nel 2013 e ha cambiato sede. Resta il nome, Galliani c’è andato il giorno dell’inaugurazione, ma non si ferma più lì. Cerca a Monza qualcuno che gli prepari il risotto giallo con l’ossobuco.
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