Dal 2002 gestisce un palazzo confiscato alla cosca Torcasio. Lì davanti sono state tagliate le gomme degli operatori per oltre dieci giorni. La pandemia sta creando nuovi movimenti mafiosi: «Gente in difficoltà si fa fare piccoli prestiti, duemila euro», cifre «che non risolvono il tempo del Covid-19. Creano il legame»
- La comunità Progetto Sud, fondata da don Giacomo Panizza a Lamezia Terme, che opera a favore delle persone con disabilità, migranti e vittime delle dipendenze, è di nuovo al centro di minacce e intimidazioni. Dal 2002 gestisce un palazzo confiscato alla cosca Torcasio.
- Alle auto degli operatori posteggiate lì davanti hanno tagliato le gomme per più giorni. A marzo la direzione distrettuale antimafia, guidata da Nicola Gratteri, ha iniziato a indagare. Panizza, che ha subito minacce sin dall’inizio della sua attività alla fine degli anni ‘70 racconta: «La beneficenza la vogliono fare loro, i mafiosi».
- La pandemia sta creando nuovi movimenti: «Gente in difficoltà si fa fare piccoli prestiti, duemila euro», cifre «che non risolvono il tempo del Covid-19. Creano il legame».
Lamezia Terme: nella città calabrese, dove il comune è stato sciolto nel 2019 e lo scorso dicembre sono state annullate le elezioni per forti irregolarità, la comunità Progetto Sud, fondata da don Giacomo Panizza è di nuovo al centro di minacce e intimidazioni. Dal 2002 gestisce un palazzo confiscato alla cosca Torcasio. Negli anni passati operatori e abitanti della comunità hanno visto di tutto: bombe, portoni incendiati, furti, scariche di proiettili alle finestre.
Panizza, che vive in un programma di protezione da quando gli hanno affidato l'immobile, adesso però è preoccupato, proprio lì davanti «hanno tagliato le gomme per oltre dieci giorni di seguito ai nostri operatori. Un'intimidazione diretta ai dipendenti, un'esagerazione. Eppure non è cambiato nulla. La causa esatta non riesco a capirla». A marzo la direzione distrettuale antimafia, guidata da Nicola Gratteri, ha iniziato a indagare. Il 16 ancora un altro episodio di taglio delle gomme.
'ndrangheta vs cipolle
La comunità è nata alla fine degli anni Settanta per accogliere persone con disabilità e dare loro la possibilità di lavorare. All'inizio una ventina di donne e uomini, che oltre ad essere accolti fabbricavano mobili. Da lì, Progetto Sud si è evoluta con la storia. Appena la droga ha sconvolto gli anni '80, Panizza ha capito che bisognava dare una mano anche alle vittime della dipendenza, e Progetto Sud ha iniziato a occuparsi di percorsi di recupero. Poi è arrivata l'accoglienza ai migranti. «Le nostre azioni sono interventi sociali», spiega Maria Pia Tucci, ufficio stampa della comunità.
La 'ndragnheta non ha mai gradito. Panizza racconta: «Dall'inizio, una volta o due all'anno ci sono atti intimidatori». I primi tempi i mafiosi chiedevano di essere assunti e pagati senza lavorare - una forma legalizzata di pizzo - poi le minacce. L'organizzazione non si è mai piegata, e nel 2002 il comune di Lamezia, retto da un commissario, ha chiesto loro di dare il buon esempio «e prendere l'immobile che non voleva nessuno», specifica Tucci. Lo hanno chiamato Pensieri & Parole come la canzone di Lucio Battisti: “Conosci me la mia lealtà. Tu sai che oggi morirei per onestà”, è un passaggio del brano del cantautore italiano. Nello stesso palazzo in un piano ospitano i minori non accompagnati, in un altro il “dopo di noi” per i disabili e le loro famiglie.
Ma le attività si sviluppano in altre sedi nella città e nei dintorni fino a coinvolgere 200 persone. Ad esempio il mobilificio è stato chiuso, ma è stata fondata la cooperativa “Le Agricole” che dà lavoro a donne svantaggiate per produrre ortofrutta: «Uno dei nostri prodotti tipici della zona sono le cipolle, tutto biologico» specifica Tucci. Qui a inizio 2020 è stato rubato «il trattorino», e sono stati distrutti altri utensili da lavoro. Per loro, più che un furto è stato un altro dei soliti atti intimidatori: «Ma ci sono stati gesti di solidarietà», e alcuni imprenditori lo hanno ricomprato.
Il doppio stato
In una terra dove la mafia è sempre stata presente, «ma è presente dovunque, qui ha solo un volto diverso», aggiunge Panizza, aiutare le persone che hanno bisogno senza chiedere niente in cambio è un gesto pericoloso, e lo sa: «Hanno bisogno di fare credere che sono loro i benefattori». Nonostante l'opera di accoglienza e recupero della comunità, lo stato non sempre è stato dalla loro parte. Prima dei decreti Salvini, l'associazione dava asilo nel comune di Falerna alle donne migranti, anche con bambini, ricorda Tucci: «Spesso erano vittime di violenza, arrivate qui si ritrovavano incinte». Ma le nuove leggi, volute fortemente dall'ex ministro dell'Interno e approvate dal parlamento, hanno di fatto abolito il sistema di accoglienza, portando alla chiusura della casa. Panizza però non ha smesso di credere nello stato: «Sono ancora vivo, dopo 20 anni », e guarda al decreto Lamorgese:« Potrebbe cambiare qualcosa, lo spero». Si fida delle forze dell'ordine: «Mi hanno sempre protetto».
La pandemia
Nonostante il Covid-19, la comunità non si è mai fermata: «Abbiamo usato modalità differenti - racconta don Panizza – Per i bambini affetti d'autismo abbiamo dato degli Ipad. Quando bisognava fare terapia fisica abbiamo usato abiti usa e getta, tutte quelle cose che poi hanno usato in tutta italia. Noi siamo partiti da subito». A questo si è aggiunto anche il sostegno economico: «Abbiamo fatto una raccolta fondi per aiutare le persone che non riescono a fare da sole, anche solo per le bollette. In questo periodo di Covid ci siamo inventati aiuto a chi non riceve aiuto». Le richieste in questo senso sono arrivate sia alla Chiesa che alla mafia.
Il Viminale, dopo le chiusure dei lockdown, ha lanciato l'allarme sul rischio che le associazioni criminali riprendano forza. In base a una recente relazione della direzione distrettuale antimafia , l'usura viene vista come uno dei rischi maggiori di infiltrazioni mafiose nell'economia sana. Alessio De Vincenzo, capo del servizio stabilità finanziaria della Banca d’Italia, ha detto nel corso di un’audizione in Commissione Finanze, che ci sarebbero ben 32.000 aziende in crisi di liquidità.
Il racconto di Panizza unisce i punti, e passa dai numeri alle persone: «Qui la questione è di pochi soldi, il t'aiuto io. Loro - i mafiosi - si fanno avanti con i prestiti o mandano avanti una pratica. Questo non è momento di grandi affari, arriveranno con i soldi europei. Per ora si accreditano, perché loro i soldi liquidi ce li hanno». Da qualche mese, le storie delle prime vittime: «Gente in difficoltà che si fa fare piccoli prestiti, duemila euro», cifre «che non risolvono il tempo del Covid-19. Creano il legame».
Tutto si ripete: «La beneficenza vogliono farla loro, e poi avere qualcosa, chi non ricambia è un infame». Sulle intimidazioni Panizza aspetta le indagini: «Stiamo a vedere. Spero che non siano ancora i mafiosi, anche se finora è sempre stato così».
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