A Rashid sono stati diagnosticati quaranta giorni complessivi di prognosi al pronto soccorso. Porta un collare che dovrà indossare per almeno dieci giorni. Ha due denti che si muovono per colpa delle botte subite, una contusione al gomito e un dolore persistente alla spalla.

Lo hanno aggredito a calci, inferti con scarpe antinfortunistiche colpendolo al collo, al torace e al braccio. Non è più un ragazzino Rashid ma un signore pakistano di 46 anni; è tra gli operai più anziani che stanno portando avanti «la lotta», così questi lavoratori definiscono il loro sciopero, la loro resistenza, in corso da più di trenta giorni davanti agli stabilimenti di Mondo Convenienza.

Turni massacranti, paghe da fame per garantire prezzi bassi e mobili alla portata di tutti. Rashid e gli altri hanno deciso di contestare questo modello e di farsi sentire, sono assunti presso una cooperativa che lavora per il colosso del mobilio a basso costo. L’uomo racconta che si trovava davanti al magazzino dell’azienda, dove lavora da ormai sei anni, quando è stato aggredito da uno dei suoi responsabili. Il «caporale», così lo chiama. Sulla vicenda sono in corso accertamenti per ricostruire quanto accaduto.

La lotta di Campi

Rashid, insieme a molti altri suoi colleghi, chiede più diritti, più dignità. Chiede soprattutto di non essere più invisibile. Ora sarà più semplice, con quella fasciatura bianca che gli ricopre interamente il braccio e la spalla. Il suo sguardo è dolorante e rassegnato, ma il suo spirito resiste.

Il corpo è provato per i tanti anni di lavoro usurante e ora anche da questa aggressione che proprio non si aspettava. Gli avevano sempre raccontato che in Italia scioperare è un diritto di tutti i lavoratori e che mai sarebbe finito sulla barella di un ospedale. Osserva i suoi colleghi dal pronto soccorso, alcuni di loro lo incoraggiano con striscioni eloquenti: «Forza Rashid! Toccane uno, tocchi tutti!».

A Campi Bisenzio, in provincia di Firenze, il caldo è torrido, l’afa insopportabile. Ancor di più per chi resiste in piedi tutto il giorno, fuori dalla ditta, con bandiere e striscioni e con la paura di subire altre ritorsioni.

Poche settimane fa, un furgone ha quasi investito alcuni operai che stavano picchettando fuori dai cancelli. Il clima è tesissimo, ma la protesta non si ferma. Ogni tanto qualcuno porta da bere e da mangiare in segno di solidarietà umana nei confronti dei lavoratori. «Schiavi mai», recita una delle tante scritte sui cartelloni sventolati dagli operai durante il sit-in, una protesta che proietta questo luogo fuori dalla solitudine delle zone industriali della provincia italiana, dove tutto era noto, ma nessuno si era mai accorto di niente.

Campi Bisenzio è il luogo che rappresenta da tempo ormai un modello italiano di resilienza. Circa quaranta mila abitanti, situato nell’area della città metropolitana di Firenze tra Prato e il capoluogo fiorentino. Campi viene citato anche da Dante nella Divina Commedia al canto XVI del Paradiso, mantiene la piazza del Comune e il teatro intitolati al grande poeta. E sembra quasi un paradosso pensare che oggi, in questa periferia industriale del paese, quel che certamente rimane poetico è la lotta operaia. È di Campi Bisenzio l’esperienza del collettivo di lavoratori della GKN, che nel 2021 protestava contro il licenziamento irregolare di oltre 40 mila persone. La proprietà aveva deciso di chiudere lo stabilimento e mandar via tutti, operai, quadri e dirigenti, per spostare la produzione in est Europa. I lavoratori avevano così occupato l’azienda per diversi mesi e da quell’esperienza di collettivo è nato un vero e proprio laboratorio della nuova identità della sinistra italiana e della rivendicazione operaia.

Tessile, pelletteria, logistica, grandi capannoni. Il distretto industriale della zona di Campi Bisenzio è lo specchio dell’attuale modello industriale e produttivo italiano. Ed è proprio da qui che è partita la rivolta degli operai dello stabilimento di Mondo Convenienza, che dal 30 maggio scorso, proseguono senza sosta lo sciopero con presidi permanenti e picchetti, supportati dall’instancabile sindacato dei Si Cobas e repressi da agenti della polizia in tenuta anti sommossa, oltre che dagli stessi responsabili dell’azienda che gestisce in appalto alcuni servizi. La protesta coinvolge soprattutto: facchini, autisti e montatori di mobili.  A nulla sono serviti i tentativi dell’azienda di dissuaderli o delle forze dell’ordine di contenere la rivolta.

La cameretta a che prezzo?

Ma chi sono questi lavoratori invisibili? Sono quelli che, dopo l’acquisto di una cameretta per i nostri figli o di un soggiorno per una casa al mare, attendiamo per un’intera giornata dalla poltrona del nostro appartamento, inondando di telefonate il call center: «A che punto è la consegna?».

Sono quelli che si faranno tutti i piani di scale del nostro palazzo con il divano in saldo sulla schiena mentre noi li guarderemo sbalorditi e ci chiederemo in silenzio: «Ma come fanno a trasportarlo?». Sono quelli che osserviamo montare a velocità della luce quei mobili, così economici, che ancora non ci sembra vero. «Qual è il trucco?», ci chiediamo.

Una camera da letto ben accessoriata, con una buona promozione, non costa più di 500 euro. Un vero affare: letto, armadio, cassettiera e comodini, il tutto comprensivo di trasporto e montaggio, pagabile anche in comode rate mensili. D’altronde, ce lo ricordano continuamente anche le magliette degli operai che entrano nelle nostre case: «La nostra forza? Il prezzo».

Mondo Convenienza è un’azienda italiana che opera nel settore dell’arredamento, fondata nel 1985, a Civitavecchia, da Giovan Battista Carosi e controllata dalla Mondo Convenienza Holding S.p.A. Il brand è specializzato nella grande distribuzione di mobili e complementi d’arredo, oggi è tra i primi distributori di arredamento per la casa.

In Italia, con i suoi 47 punti vendita, ha superato anche Ikea. Sul sito vengono elencati i grandi risultati del gruppo come l’apertura di tre punti in vendita anche all’estero, in Spagna, precisamente tra Madrid e Barcellona, e anche i dati del fatturato, nel 2021 ha superato il miliardo di euro.

Il modello produttivo è esplicitato chiaramente nel loro pay-off, diventato ormai famoso e ben riconoscibile: «La nostra forza? Il prezzo, un modo per garantire la possibilità di avere un arredamento alla portata di tutti», si legge.

Gli autocarri partono dai fornitori, per poi stoccare la merce nei quarantuno magazzini presenti sul territorio italiano. Una ricetta perfetta per l’azienda. La produzione viaggia a pieno ritmo e garantisce trasporti sempre rapidi e puntuali. Logistica e trasporti sono perfettamente integrati, lo spazio non viene sprecato ma ottimizzato. I furgoni che arrivano a casa del cliente vengono riempiti su misura del tipo di percorso e ordini da consegnare.

Processo alla convenienza

Tutti i montatori, i facchini e gli autisti indossano maglia e pantaloni con stampato il logo «Mondo Convenienza», anche il camion che trasporta i mobili ha la scritta molto evidente in sovra impressione: furgone blu, scritta bianca su sfondo rosso.  Brand riconoscibile, lavoro di squadra.

Difficile per l’azienda sostenere che quelli che stanno scioperando non sono dei loro lavoratori diretti. Eppure, formalmente, è così. Non sono dipendenti di Mondo Convenienza, l’azienda adotta un modello molto in voga: l’esternalizzazione.  Alcuni servizi, essenziali per il buon funzionamento del business, non vengono cioè gestiti direttamente dal gruppo principale ma sono dati in appalto ad aziende esterne. Il motivo è quasi sempre quello del risparmio sui costi del personale e la possibilità di applicare contratti flessibili, precari in pratica.

Dal call center per il servizio clienti alla consegna, montaggio e trasporto dei mobili, tutto è esternalizzato. Per ciò che riguarda questi ultimi, l’appalto di Mondo Convenienza, per la zona di Campi Bisenzio e Bologna è affidato alla ditta RL2, circa 800 dipendenti sparsi per tutta l’Italia.

Un meccanismo che ha portato anche all’apertura, per fatti risalenti al 2017-2018, di un’indagine da parte della procura di Bologna che ha chiesto il processo per cinque persone, tra queste anche Mara Cozzolino, presidente del cda della holding Mondo Convenienza, difesa dagli avvocati Pietro Sarrocco e Giulia Bongiorno, e altri quattro rappresentanti e responsabili di società coinvolte nel magazzino di Calderara di Reno.

L’accusa è quella di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, il cosiddetto “caporalato” per turni senza fine, ricorso a cooperative e lavori massacranti senza supporti meccanici. Tra settembre e ottobre il giudice dovrà decidere se mandarli a processo o chiudere la vicenda penale. Le rivendicazioni dei lavoratori, invece, continuano.

Sarah Caudiero è la sindacalista del Si Cobas Prato e Firenze che segue costantemente i lavoratori in sciopero insieme al coordinatore Luca Toscano e alla delegata Francesca Ciuffi. Partecipano ai tavoli della prefettura dove sindacato, Mondo Convenienza, la cooperativa RL2 provano a trovare un’intesa.

«L’azienda si è rifiutata anche soltanto di prendere in considerazione le richieste dei lavoratori, c’è stata una chiusura netta, un no secco alle nostre istanze», dice Caudiero. A Firenze, l’azienda si è incontrata con la regione Toscana, l’interlocuzione continua, ma secondo i lavoratori in protesta non si sono ancora raggiunti risultati accettabili.

Le richieste

Lo sciopero attualmente coinvolge le città di Campi Bisenzio, Bologna e Roma con lo stabilimento di Riano. Man mano che passano i giorni sono sempre di più gli operai che protestano, scrivono al sindacato denunciando le medesime condizioni. Così, aumentano i presidi in tutta Italia, sono una trentina gli operai che rappresentano l’avanguardia di questa rivendicazione.

Quello che chiedono in primis è l’applicazione del contratto nazionale della logistica che andrebbe a cancellare l’attuale che li vede inquadrati come multiservizi/pulizia. Non è solo una mera questione lessicale ma un cambiamento sostanziale perché comporterebbe il riconoscimento di un salario più alto e di alcune tutele in più.

«Gli operai sanno a che ora iniziano a lavorare mai a che ora finiranno, la giornata può essere infinita. Chiediamo che ci sia una regolamentazione degli orari che non sia forfettaria o a discrezione dell’azienda ma regolamentata in qualche modo da un badge o una tabella oraria», denuncia il sindacato.

C’è poi la questione della sicurezza: tutti i mobili sono portati sulle spalle dagli operai, senza montacarichi, senza carrello elettrico e le squadre sono organizzate soltanto con due persone per turno, anche per i carichi più pesanti, non è possibile avere una terza persona a supporto.

Nessuno di questi operai riesce a continuare per molti anni di seguito a fare questo lavoro, le loro schiene sono devastate, la loro salute pesantemente compromessa. «Chiediamo per loro l’applicazione del contratto della logistica anche per riconoscergli il diritto ad una paga più dignitosa di quei 1080 euro lordi di base che li costringe, per arrotondare, a straordinari e ritmi ancora più massacranti per conquistarsi 200/300 euro in più ogni mese», continua il sindacato. La paga oraria prevista dalla multiservizi è di soli 6,80 euro lordi l’ora. Senza straordinari questi lavoratori arrivano ad appena mille euro al mese.

Chi protesta?

I lavoratori sono quasi tutti stranieri: tunisini, pakistani, rumeni, moldavi. Non tutti sono d’accordo a scioperare, molti hanno paura e se la prendono con i colleghi, anche perché temono di perdere il posto di lavoro. Shaid ha 25 anni, è pakistano, vive in Italia da ormai sei anni e lavora nello stabilimento di Campi Bisenzio. In Italia ci è arrivato a piedi, mettendoci circa sette mesi.

È passato per la Turchia, la Grecia, per i boschi della Bosnia, è uno dei tanti giovani sopravvissuti alla rotta balcanica, uno dei tanti passaggi disperati dei migranti in fuga. Ha vissuto sulla pelle la ferocia dei respingimenti, fino a trovare nell’Italia il paese dove cercare una nuova vita e aiutare la sua famiglia rimasta in Pakistan. «Non mi immaginavo di trovare queste condizioni di lavoro ma non ho paura di niente, lo sto dicendo anche ai miei colleghi di non avere paura», dice. Lavora per Mondo Convenienza da tre anni, ha iniziato come facchino, ora fa l’autista/montatore di mobili, in pratica guida il camion che trasporta tutta la merce e una volta arrivato nelle case si occupa del montaggio dei pezzi, uno ad uno. Per gli operai l’upgrade come autista significa soldi in più e in molti puntano a questa mansione una volta che vengono assunti.

«Il capo mi diceva di non prendere le ferie, in questo modo mi avrebbero promosso autista», ci racconta un altro operaio. «Ma al terzo anno consecutivo senza fermarsi, senza riposare, non puoi farcela», dice. L’upgrade da montatore semplice ad autista/montatore garantisce 30 euro in più al giorno, la cosiddetta “trasferta”. Ma per guadagnartela devi fare almeno ventitré giorni di fila senza fermarti. La paga diversamente rimane misera, circa 1300 euro lordi. «Entro nel magazzino a caricare la merce alle sette del mattino e finisco tardi la sera. Vado avanti anche per 12/13, a volte 14 ore al giorno, finché non abbiamo finito di trasportare e consegnare tutti i mobili», aggiunge lo stesso operaio. Turni come questi per sei giorni su sette, no stop. Il raggio di azione in cui a Shaid possono capitare le consegne è di 100 km, ogni tanto deve arrivare anche da Prato fino a Bologna per 10 euro in più al giorno. «Se danneggiamo qualche mobile o il cliente si lamenta ci tolgono i soldi dalla busta paga, decide l’azienda quanto». Vietato sbagliare.

«Esco di casa e vedo i miei figli dormire, rientro e li vedo di nuovo nel letto. Non è vita questa, viviamo solo per lavorare» mi dice Florin, rumeno, 48 anni, da ventitré lavora per Mondo Convenienza. «Ho degli schiacciamenti vertebrali, ma continuo a lavorare. Se provo a dire che non ce la faccio più mi rispondono che il cliente deve essere sempre contento». Non è solo una questione salariale. Questi lavoratori chiedono che gli venga riconosciuto il tempo della vita, rivendicano il diritto alla felicità e alla salute, il diritto di veder crescere i loro figli.

Le risposte dell’azienda

La RL2, che gestisce in appalto i servizi di Mondo Convenienza e che ha la responsabilità diretta dell’assunzione di questi lavoratori, si dice disponibile a venire incontro alle richieste, non riconoscendo però al sindacato Si Cobas il diritto di trattare per conto dei loro dipendenti: «Non ha siglato il contratto nazionale». Uno dei problemi dunque sarebbero gli interlocutori. «La nostra volontà è quella di parlare direttamente con gli operai e siamo disponibili e aperti ad un confronto», ci risponde la cooperativa. Su alcuni punti però rimane di fatto ferma sulle sue posizioni, sostenendo l’impossibilità di una gestione diversa del tempo dei lavoratori, che mentre sono in turno potrebbero «fermarsi per una pausa, per mangiare o per qualsiasi altra cosa». Niente badge dunque né tabella oraria.

«Ci sono moltissimi nostri dipendenti che non hanno garantito in questo momento il diritto a lavorare, quelli che protestano sono una netta minoranza, gli altri sono soddisfatti di quanto  guadagnano e di come vengono trattati», ci dice Valentina Ferreri, direttrice HR di RL2.

Non ci saranno conseguenze neanche per chi ha picchiato Rashid, il lavoratore pakistano finito in ospedale per le botte subite da uno dei responsabili della RL2.  «Non è come sembra, sostiene l’azienda. Il lavoratore d’altronde non ha nemmeno sporto denuncia». La cooperativa promette di impegnarsi garantendo ai lavoratori «l’introduzione di moderni carrelli elettrici.» Niente più schiene spezzate, dunque. Mondo Convenienza, contattata da Domani, non ha risposto direttamente alle nostre domande: «La ringrazio per averci contattato e darci la possibilità di replicare. La metto in contatto con RL2 perché le domande attengono alla loro sfera d’azione». 

A Campi Bisenzio è iniziato il trentunesimo giorno di sciopero. Anche sotto il sole cocente, la protesta degli operai continua. Incrocio lo sguardo di Muhammed che mostra fiero il suo cartone con la scritta «Io lavoro senza pausa pranzo».

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