Nel giorno della memoria è morto Bruno Segre, partigiano 105enne. Nato a Torino nel settembre 1918, allievo di Luigi Einaudi, gli fu impedito di esercitare la professione di avvocato in quanto figlio di un ebreo. Erano i tempi delle leggi razziali. Con lo pseudonimo di “Sicor”, Segre esercitava comunque la sua attività intellettuale. Nel 1942 fu arrestato per «disfattismo politico» e internato; l’anno seguente è iniziata per lui e la sua famiglia una vita clandestina. 

Il memoriale Quelli di via Asti, pubblicato solo poco più di un decennio fa, rende conto in modo autobiografico di come Segre era fortunosamente riuscito a sfuggire ai colpi di pistola grazie a un portasigarette. Fu comunque arrestato, per poi fuggire e cominciare da arruolato a prendere parte alla Resistenza. 

Giornalista e avvocato, Bruno Segre ha scritto per “L’opinione” e per “Mondo nuovo”, ha collaborato con "Paese Sera", "Il Corriere di Trieste", "Corriere di Sicilia" e altre testate. 

Ha condotto attivamente campagne per il divorzio e per l’obiezione di coscienza. È stato lui, nell’agosto 1949, a portare avanti la difesa di Pietro Pinna, il primo obiettore di coscienza italiano. Vent’anni dopo, negli anni Settanta, battagliando per il divorzio ha anche noleggiato un aereo dal quale lanciare su Torino volantini: «Il divorzio non viene dal cielo».

La sua lotta al razzismo ha assunto svariate forme, inclusa la creazione del mensile “L’incontro”, nato nel 1949 e le cui pubblicazioni sono sopravvissute fino al 2018. 

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