È morto a 26 anni nel tentativo di difendere una donna da una rapina, ferito alle gambe l’amico che si trovava con lui. È successo la sera del 20 settembre, intorno alle 23, nel centrale Corso del Popolo a Mestre, Venezia. Giacomo Gobbato e S.B. stavano accompagnando a casa un’amica quando si sono accorti del tentativo di rapina. Hanno cercato di fermare l’uomo che ha estratto un coltello ferendoli entrambi. Gobbato è morto poco dopo il suo arrivo al Pronto Soccorso. Il rapinatore, un quarantenne moldavo, è stato arrestato.

«Questa notte due nostri compagni sono stati accoltellati mentre difendevano una donna che stava subendo una rapina. Uno ha riportato gravi ferite ed uno ha perso la vita», ha scritto su Instagram il centro sociale Rivolta di Mestre pubblicando una foto di Giacomo Gobbato, Jack per gli amici.

«Ora diciamo solo che esigiamo di non essere usat3 da chi semina odio», continuano gli attivisti. «C’è un colpevole. È una persona, una singola. Non importa dove sia nato o di che colore abbia la pelle. E tutto questo succede in una citta’ abbandonata da anni a se stessa».

A seguito dell’omicidio si è tenuta una riunione di coordinamento convocata d’urgenza in prefettura a cui ha partecipato anche il sindaco di Venezia, Brugnaro: «A nome mio e di tutta la città, esprimo le più sentite condoglianze ai familiari e agli amici di Giacomo Gobbato», ha detto al termine dell’incontro.

«Quella di Giacomo è una una morte che ci invita a pensare quale è la meglio gioventù della nostra città», ha commentato la capogruppo alla Camera di Avs, Luana Zanella intervenendo ai microfoni di Radio Onda d’Urto. “Una gioventù che si misura con i problemi di cui si dovrebbe occupare chi governa».
 

Messaggi di cordoglio e di lutto arrivano da ogni parte di Italia, da quel movimento di cui Gabbato faceva parte, così come dal mondo della musica hip hop. Mentre gli attivisti del Rivolta hanno convocato una manifestazione nel luogo in cui è morto: «perché non si è girato dall'altra parte, non ha fatto finta che tutto andasse bene, perché era un fratello generoso che quotidianamente lottava contro le ingiustizie, per un mondo più giusto e senza discriminazioni. É così che vogliamo ricordarlo, nelle sue e nelle nostre lotte».

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